La guerra è il crudo linguaggio del potere, coloro che impongono la loro volontà con la violenza non praticano la tolleranza e la misericordia, lo sanno tutti coloro che hanno provato la cura di democrazia che gli USA praticano ai paesi che, per loro disgrazia, attirano l’attenzione di questa superpotenza sempre in lotta con i nemici del suo “tenore di vita”.
I conflitti sono squallide operazioni predatorie nei confronti dei Paesi più deboli e indifesi ma possessori di ricchezze naturali indispensabili per alimentare lo sviluppo tecnologico con il quale i potenti domineranno il mondo.
Molti anni fa vidi un documentario sul primo attacco informatico utilizzato come atto di guerra ai danni di un paese considerato ostile all’Occidente: l’Iran.
Allora ero immersa in molti problemi pratici e non ebbi l’opportunità di riflettere sul contenuto di quella narrazione, oggi con l’attacco all’Iran da parte di Israele prima e degli USA subito dopo ho ripreso in mano l’argomento. Precedentemente avevo affermato che la guerra convenzionale come la conosciamo è già passata di moda, l’uso del nucleare come arma non conviene a nessuno anche se in giro per il mondo vi sono parcheggiati parecchi ordigni nucleari.
Ad esempio noi siamo il magazzino europeo dove gli USA stipano ogni sorta di armamenti e sul nostro suolo si svolge un intenso traffico di armi di vario genere; l’isola della Maddalena brilla per le radiazioni nucleari rilasciate dai sottomarini americani che stazionano nella base installata a loro uso e consumo per gentile concessione dello “stato” italiano.
Di gentili concessioni di questo tipo ne abbiamo fatte tante, forse troppe, per questo ad ogni conflitto mediorientale sul nostro territorio si intensificano traffici di ogni genere purché utili alla causa della democrazia o della pace nel mondo naturalmente all’insaputa dei cittadini che vengono lasciati morire bruciati o soffocati su di un traghetto che malauguratamente era stato investito da un bettolina che stava trafficando armi nel porto di Livorno senza chiedere qualsivoglia autorizzazione.
Si parlava di Afghanistan e Iraq, oggi si parla di Iran. Ma quali sono le reali ragioni di questo rapporto conflittuale con l’Occidente? Se lo chiedono gli stessi analisti statunitensi.
Prendiamo l’opinione dello storico dell’Università della California, James Gelvin che parla senza mezzi termini delle vere ragioni dei conflitti e dei vari colpi di stato portati a termine per “democratizzare” il mondo: “Conosciamo bene l’idea di cambiare i regimi attraverso assassini. Non si ottiene un regime che è a favore di chi interviene ma il caos. Questo è quello che è accaduto nel 2003 in Iraq, in Siria, in Libia, in Afghanistan e in altri paesi. Il problema è che quando si fa qualcosa del genere e si cerca di anticipare quello che il popolo del paese nemico farà, non necessariamente gli effetti prodotti saranno favorevoli per l’aggressore. Israele aveva la speranza che bastasse liberarsi di Ali Khamenei e che gli iraniani sarebbero scesi per le strade. O che i militari si sarebbero sollevati contro i mullah. Questo sicuramente non accadrà perché ayatollah e pasdaran sono completamente interconnessi in questo regime opaco. Sono reciprocamente integrati e dipendenti”.
Per attaccare l’Iraq l’amministrazione americana accusò Saddam Hussein di costruire armi di distruzione di massa, armi che non furono mai trovate.
George Bush pose in pratica la strategia fallimentare di “esportare” la democrazia con le bombe: perché usare la bandiera della democrazia per coprire i reali interessi che spingono a simili scellerate scelte che costano la vita a centinaia di migliaia di esseri umani e ad altri milioni costretti ad andarsene dalle loro case ed emigrare dai loro paesi?
Dopo l’abbandono dell’Afghanistan e dell’Iraq le amministrazioni statunitensi non vogliono più essere coinvolte in guerre di logoramento, preferiscono “delegare” l’incombenza ad altri – vedi Ucraina, NATO / Russia – Trump ha dimostrato di non essere un uomo di principi ma di interessi: Zelensky ha dovuto firmare la cessione delle terre rare in cambio di forniture di armi per continuare una guerra inutile.
La strategia usata da Israele e Stati Uniti nell’attaccare l’Iran ha dimostrato lo stretto legame che sussiste tra i due stati e quanti aspetti opachi si nascondono dietro a questa operazione militare: forse gli Stati Uniti hanno delegato ad Israele il ruolo di “poliziotto” del Medio Oriente? Sembra che americani abbiano abbandonato la strategia dei colpi di stato come nel 1953 con il quale deposero il premier Mossadeq (alleato di Enrico Mattei) che suscitò una reazione contraria ai programmi dell’aggressore e che sfociò nella rivoluzione iraniana nel 1979.
Russia e Cina non vogliono essere direttamente coinvolti in conflitti che riguardano i Paesi a loro limitrofi; in particolare la Cina ha adottato il sistema di penetrare nelle economie dei paesi stranieri piuttosto che concludere alleanze militari.
Appropriata l’analisi di Fan Page sull’argomento: “Gli Usa hanno attaccato l’Iran non ascoltando le informazioni dell’Intelligence di Washington che negavano che Teheran stesse procedendo alla costruzione di un ordigno atomico ma si è fidato completamente dei report allarmanti di Israele. Facendo questo Trump ha tradito la sua posizione geopolitica di disimpegno dal Medioriente, cara a parte della sua base, che gli ha permesso di ottenere il suo successo elettorale.”
Cos’ha l’Iran in mano per arginare lo strapotere militare degli USA? Minacciare la chiusura dello Stretto di Hormuz attraverso il quale passa il traffico commerciale di un quinto del petrolio mondiale: è inutile soffermarsi sulle conseguenze. Anche la chiusura dello stretto che unisce il Mar Roso con il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano creerebbe degli effetti devastanti per il commercio globale e provocando le reazioni negative dei Paesi limitrofi e creando problemi anche alla Cina. Alla fine queste risultano armi spuntate.
Ma c’è un precedente molto importante e pericoloso che colpì gli impianti iraniani per l’arricchimento dell’uranio nel 2010 ed è molto importante parlarne perché riguarda l’evoluzione della guerra. Nel 1800 la guerra constava di due elementi, l’esercito e la marina; nel 1900 si aggiunse l’aviazione; dal 2000 appare l’arma più temibile, l’informatica che si inserisce nei sistemi e produce danni e caos.
Quest’arma è molto diversa dalle altre: ha un raggio illimitato, una velocità elevatissima, una bassissima riconoscibilità e quest’ultima costituisce un’enorme opportunità e le superpotenze del mondo dovranno cambiare il modo di combattere le guerre.
STUXNET ha dato inizio all’era del cyberwarfare. Parliamone.