Sabato, in Piazza del Popolo non vi erano fascisti... né post, né neo. A riempirla, stavolta, sono state le persone in rappresentanza della CGIL e dell'associazionismo laico e cattolico riunite nell'Assemblea Insieme  per la Costituzione che si sono date appuntamento a Roma in difesa del diritto alla salute e per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale.

Dal palco, queste le parole che il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha rivolto alla piazza:

"La manifestazione di oggi non è una testimonianza, ma l'inizio di una mobilitazione, di una battaglia. Qui in piazza ci sono tante persone che vogliono far funzionare il Paese e garantire il diritto alla salute. L'articolo 32 della Costituzione non deve rimanere una cosa scritta, deve essere applicato. Il diritto alla salute deve essere gratuito, non legato alla ricchezza di una persona. Lo abbiamo detto al ministro della Salute nell'incontro che abbiamo avuto martedì 20: è ora di cambiare strada. ...Proseguiremo la nostra battaglia in difesa dei diritti fondamentali del Paese: i diritti alla salute, alla scuola, alla cultura, al lavoro, devono essere garantiti. Contro chi pensa che tutto si risolva cambiando la Costituzione, il 30 settembre saremo di nuovo qui. ... La Cgil ha sempre difeso la Costituzione, sia con la destra di Berlusconi sia con il centro-sinistra di Renzi, e non permetterà neanche a questo governo di poterla cambiare. ...Negli ultimi vent'anni sono stati tagliati 40 miliardi alla sanità pubblica, nel Def c'è scritto che nei prossimi tre anni la spesa diminuirà ancora. Lo abbiamo detto al governo: se vuoi cambiare, comincia invertendo la tendenza della spesa pubblica, portandola al livello di Francia, Germania e degli altri Paesi europei. ...I tagli colpiscono la parte più fragile del Paese: gli anziani, i non autosufficienti, la salute mentale, i consultori, la prevenzione. E colpiscono la sicurezza nei luoghi di lavoro, al punto che sta aumentando il numero delle persone che si ammalano, si infortunano e muoiono nei luoghi di lavoro. ...I tagli alla sanità hanno determinato l'aumento delle liste d'attesa e una precarietà senza precedenti, [mentre] i soldi pubblici delle nostre tasse in questi anni siano stati usati per finanziare la privatizzazione del servizio sanitario. ...A noi non servono tavoli per dire che esistiamo, vogliamo risolvere i problemi del Paese e delle persone. [È urgente] fare assunzioni, aumentare i medici e gli infermieri, ma questo non sta succedendo. L'incontro con il ministro è servito soltanto a fissare un nuovo incontro per fine luglio. ...Da domani bisogna proseguire il nostro impegno in ogni territorio e in ogni luogo di lavoro. Dobbiamo rivolgerci alle Regioni e ai Comuni, aprire vertenze, perché le Regioni spendano i soldi per fare le assunzioni. E chiediamo alle Regioni di battersi con noi per togliere i tetti di spesa, che bloccano le assunzioni e aprono la strada ad appalti e privatizzazioni. ...Gli incontri che il governo sta facendo con noi sono finti, non c'è alcuna trattativa. Questo governo non ha la maggioranza del Paese. Lo hanno votato in 12 milioni e mezzo, ma in 18 milioni non hanno votato e in 15 milioni hanno scelto altre forze politiche. Noi dobbiamo rappresentare quelli che non vanno a votare, che sono anche nostri iscritti. ...La logica che è ormai prevalsa nella sanità sta aumentando la precarietà, che è il male assoluto contro cui dobbiamo batterci. È la logica dell'appalto, del sub-appalto, della finta cooperativa, che ha abbassato i diritti e la qualità del lavoro. Nei pronto soccorso ormai non troviamo più un dipendente pubblico, ma un lavoratore di una cooperativa o di una ditta in appalto. Ecco, questo è una vergogna. ...Tutti coloro che lavoravano nella sanità venivano definiti eroi: i medici, gli infermieri, ma anche gli addetti alle pulizie o alle manutenzioni. Tutti dicevano che bisognava aumentare la spesa sanitaria. Poi, finita l'emergenza, siamo subito tornati ai tagli, alle privatizzazioni, alla precarietà. ...Il ministro della Salute dice che non si trovano medici e infermieri da assumere. Ogni anno decine di migliaia di giovani vanno all'estero perché ottengono salari migliori e il riconoscimento del proprio lavoro. Se il governo volesse trovarli, basterebbe aumentare gli stipendi.Il governo nella legge di bilancio non ha messo un solo euro per il rinnovo dei contratti pubblici. Nel Def scrive che l'inflazione crescerà, quindi se non prevediamo una crescita dei salari in realtà stiamo programmando una loro ulteriore diminuzione. Ma anche le imprese devono iniziare a scucire i cordoni della borsa, non possono pensare solo ad aumentare i profitti o a spostare le loro sedi nei paradisi fiscali".Noi siamo contrari all'autonomia differenziata. Già adesso abbiamo 20 Regioni e 20 diversi sistemi sanitari. La modifica del Titolo V, fatta vent'anni fa da un governo di sinistra, è stata un errore clamoroso: come non eravamo d'accordo allora, a maggior ragione non siamo d'accordo oggi con un sistema che aumenta ancora di più le diseguaglianze nel Paese. È il momento di unire il Paese, non di dividerlo ulteriormente".


I motivi alla base della manifestazione

Secondo uno studio della Funzione Pubblica Cgil, in Italia mancano all'appello oltre 34mila medici e 300 mila infermieri. Entro i prossimi 7 anni cesseranno l'attività 13mila medici di emergenza-urgenza, 18mila di medicina generale e quasi 70mila infermieri. I salari sono nettamente più bassi rispetto alla media dei paesi dell'Ocse, tanto da determinare un fenomeno di emigrazione verso gli ospedali di Francia, Germania e Svizzera.

Il tetto alla spesa per il personale imposto dai governi impedisce alle Regioni di assumere gli operatori necessari per garantire i Lea, i livelli essenziali di assistenza. Le Regioni hanno esternalizzato i servizi, aumentando i costi e diminuendo la qualità. La carenza specifica di medici di emergenza-urgenza ha fatto esplodere il fenomeno dei medici a gettone. Secondo il Corriere della Sera nel 2022, in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna sono stati appaltati all'esterno oltre 100mila turni. Sono in molti a nutrire dubbi sulla legittimità del sistema.


Nonostante tali premesse, il Consiglio dei ministri ha approvato un  Documento di economia e finanza dove il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil si è contratto, passando dal 6,9% del 2022 al 6,7%. In termini assoluti, la spesa prevista per il settore è cresciuta di 4,3 miliardi di euro. Un incremento apparente (+3,8%) fagocitato da un'inflazione ben oltre il 5%.

La volontà di tagliare è evidente, con una riduzione nei prossimi anni di oltre 3,3 miliardi di euro. Il governo ha indicato nel Def che a partire dal 2025 la spesa scenderà ancora fino al 6,2%. Si aggraveranno ulteriormente i bilanci delle Regioni, già in rosso per la copertura incompleta delle spese affrontate per pandemia e campagna vaccinale, per l'incremento dei costi energetici, per i rincari di materie prime e materiali.

Questo incide anche nella dotazione di posti letto ospedalieri. Negli ultimi 20 anni ne sono stati tagliati 80mila. Nel 2020 in Italia se ne contavano 189mila, pari a 3,18 posti ogni mille abitanti. Secondo Eurostat uno dei valori tra i più bassi in Europa. Germania, Austria e Francia mantengono livelli molto elevati fino ad arrivare al doppio dei nostri.

A seguito di ciò, secondo il Rapporto 2022 di Cittadinanzattiva, nel sistema sanitario pubblico è necessario attendere 720 giorni per una mammografia, 375 per un'ecografia, un anno per una TAC, 6 mesi per una risonanza magnetica. Per visite diabetologiche, dermatologiche o reumatologiche non si scende sotto i 10 mesi. Non va meglio per gli interventi chirurgici: in cardiologia e ortopedia bisogna attendere almeno un anno. Fino a 6 mesi per un intervento oncologico.

Secondo l'ISTAT, nel 2020, il 7% della popolazione ha rinunciato a prestazioni sanitarie necessarie perché ritenute troppo costose o per liste di attesa troppo lunghe. Un fenomeno che riguarda quattro milioni di persone.  Nel 2021 i cittadini italiani hanno speso 41 miliardi di euro per curarsi, erodendo salari e pensioni. 623 euro pro capite con enormi diseguaglianze territoriali.

Nel decennio 2010-2019 solo 5 regioni hanno superato l'85% degli adempimenti dei LEA, i livelli essenziali di assistenza. Si tratta di Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lombardia. Nel 2019 Basilicata, Calabria, Campania, Molise, provincia autonoma di Bolzano, Sicilia e Valle d'Aosta non hanno raggiunto gli adempimenti.

Nel 2020, nonostante la pandemia, le giornate di degenza di pazienti ricoverati in ospedale in una regione diversa dalla propria sono state 351mila. Nel 2019 se ne erano contate quasi mezzo milione. Negli ultimi 10 anni, le regioni del Mezzogiorno hanno versato 14 miliardi di euro a quelle del Nord per far curare i propri cittadini, perdendo importanti risorse per il proprio sviluppo. A beneficiarne soprattutto Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto. Ne consegue l'immagine di un Paese spaccato in due che tradisce i principi di universalità, equità, uguaglianza fondanti del Sistema Sanitario Nazionale.

Le diseguaglianze nell'accesso ai servizi incidono sull'aspettativa di vita alla nascita con un inaccettabile gap di 3 anni tra la provincia di Trento e la Campania. Criticità già oggi gravi e insopportabili, destinate ad aggravarsi nel caso in cui si concretizzi il progetto di autonomia differenziata. 


Non hanno fatto mancare il loro appoggio alla manifestazione, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana, con Schlein, Conte e Fratoianni presenti in piazza, che hanno salutato Maurizio Landini.

Queste le parole di Elly Schlein: "Siamo molto felici di partecipare a questa bella manifestazione organizzata dalla Cgil e da un centinaio di associazioni su un tema che ci sta molto a cuore e sul quale anche il Pd si sta mobilitando: la difesa della sanità pubblica e universalistica, quella che non guarda il portafogli a nessuno per decidere se e come curarlo. Noi vogliamo evitare tagli e privatizzazioni che il Governo sta scegliendo di fare, perché nel momento in cui non mette le risorse che servono anche alle Regioni che hanno subito importanti costi durante il Covid, il Governo Meloni sta scegliendo di tagliare i servizi alle cittadine e ai cittadini.Noi non lo accettiamo, e pensiamo che tanto più dopo la pandemia abbiamo imparato che serve un maggior investimento sulla sanità. In questi anni c'era stato un trend di crescita delle risorse sulla sanità ma questo Governo ha deciso di invertire e definanziare. Noi crediamo che ci vogliano più risorse, più personale che manca nei reparti, nei pronto soccorso, per i medici di base, e questo incide sul diritto alla salute delle italiane e degli italiani. Così come vogliamo progettare la sanità del futuro, quella della prossimità, della sanità territoriale e della comunità che questo Governo mette in discussione anche nel Pnrr.Crediamo che quello sia il modello giusto per portare la risposta di cura, e non dimentichiamo che le liste d'attesa sono davvero troppo lunghe e se non si assumono più persone non si darà una risposta a coloro che non possono scegliere la sanità privata e che quindi troppo spesso non si curano”, ha concluso la segretaria dem".

Così si è espresso Giuseppe Conte:

"Noi dalla prima ora in modo convinto abbiamo sempre detto che è una sciagura tagliare le spese destinate alla sanità, perché sono investimenti assolutamente necessari, e troviamo assolutamente scellerato il progetto di autonomia differenziata perché non avrà altro effetto che indebolire la risposta del sistema sanitario in aree già svantaggiate e quindi creerà un divario ancora maggiore. ...Contrastiamo assolutamente sia i tagli agli investimenti sulla salute che l'autonomia differenziata, e siamo preoccupatissimi per i soldi che si stanno sprecando e i ritardi accumulati proprio sulla sanità per quanto riguarda il Pnrr. Quindi la nostra presenza qui è una testimonianza convinta di un percorso e di una battaglia politica che stiamo facendo da tempo".



Fonte: Cgil e Collettiva