Lo scorso 21 giugno, la CMA - l'autorità per l'anticoncorrenza nel Regno Unito - aveva raccolto prove dell'esistenza di un mercato definito "fiorente" relativo alla vendita di false recensioni su eBay e Facebook.
La CMA ha invitato le due società ad intervenire ponendo fine a tale commercio e a prendere provvedimenti affinché non potesse ripetersi in futuro.
eBay e Facebook hanno rassicurato la CMA che persone e gruppi dediti a tale attività sarebbero stati rimossi e che in futuro nulla di simile sarebbe potuto più accadere.
Which?, una sorta di Altroconsumo britannico, ha fatto di recente un'indagine per verificare se eBay e Facebook avessero dato seguito a quanto richiesto dalla CMA. Questo il risultato:
- decine di gruppi su Facebook continuano a chiedere recensioni di prodotto;
- più di 55mila nuovi post trovati solo a luglio su nove gruppi, su cui vengono pubblicati centinaia o addirittura migliaia di post al giorno;
- gruppi, su Facebook, che in soli 30 giorni hanno visto un forte incremento nelle iscrizioni;
- mentre su eBay, in soli 30 giorni, non vi è stato un significativo aumento del numero di annunci che vendono recensioni a cinque stelle.
Ecco quanto riportato da Which?
"Dato che la CMA aveva già invitato Facebook ad agire contro i gruppi che incentivano le recensioni, è stato incredibilmente facile trovare decine di gruppi dall'aspetto sospetto in pochi minuti.
Ne abbiamo esaminati in dettaglio 10, che includono tutti la parola "Amazon" nel nome del gruppo. Ognuno di questi ha aumentato i propri iscritti fino a luglio, ed alcuni hanno avuto un incremento particolarmente marcato.
Un gruppo di Facebook ha triplicato le sue adesioni per un periodo di 30 giorni, mentre un altro (che è stato creato per la prima volta nell'aprile 2018) ha visto il numero dei membri raddoppiare a oltre 5mila.
Un gruppo aveva più di 10mila membri, di cui 4.300 solo in un mese, con un aumento del 75%, nonostante il gruppo esistesse da aprile 2017.
In totale, i 10 gruppi hanno fatto registrare l'incredibile numero di 105.669 iscritti al 1 agosto, rispetto a un numero di 85.647 appena 30 giorni prima, con un aumento di quasi il 20%.
Sospettiamo che il forte aumento del numero degli iscritti di quei gruppi possa essere dovuto alla soppressione operata da Facebook su alcuni dei gruppi segnalati dalla CMA, portando di conseguenza quegli utenti ad associarsi ad altri gruppi analoghi.
Sull'account Facebook che abbiamo usato, gruppi simili apparivano regolarmente nella sezione "suggerito per te", facilitandone in tal modo la ricerca. Inoltre, alcuni amministratori dei gruppi su cui eravamo entrati sono stati trovati elencando gruppi alternativi a cui associarsi nel caso quello cercato fosse chiuso.
Un'attività tuttora fiorente - quella della vendita di recensioni - con centinaia di post ogni giorno, nonostante le azioni della CMA. In un gruppo c'erano 650 nuovi post in un solo giorno, mentre altri due avevano più di 500 ciascuno.
La portata del problema diventa ancora più evidente in un periodo di 30 giorni, poiché a luglio abbiamo trovato più di 55.000 nuovi post in 10 gruppi, anche se è probabile che la cifra reale sia ancora più alta, dato che Facebook non mostra oltre i 10.000 post, che erano stati raggiunti da almeno tre dei gruppi presi in esame.
eBay, invece, secondo Which? bloccherebbe i venditori di false recensioni e che, pertanto, avrebbe intrapreso azioni serie per affrontare il problema sulla sua piattaforma per porvi fine.
In merito a quanto riportato da Which? un portavoce di Facebook ha dichiarato: "Non permettiamo alle persone di utilizzare Facebook per facilitare o incoraggiare false recensioni", aggiungendo che 9 dei 10 gruppi scoperti da Which? erano stati rimossi e che su uno vi erano approfondimenti in corso. Inoltre, sempre secondo il portavoce, il social network starebbe migliorando gli strumenti e le tecnologie utilizzate per la ricerca dei gruppi.
Nel dibattito pubblico, ciclicamente, viene sventolato il problema delle fake news come un problema quasi epocale su cui sono necessarie riflessioni e approfondimenti e chissà quanti altri provvedimenti... ma nessuno dice o sembra accorgersi che uno dei canali per la promozione di fake news è proprio Facebook.
È sufficiente che un signore qualunque riprenda o scriva una notizia falsa e la pubblichi sulla propria pagina Facebook e succewssivamente , pagando un certa somma, la faccia arrivare a più gente possibile. Niente di più semplice!
È sufficiente che un gruppo di potere abbia un po' di denaro sufficiente per conquistare tutta la visibilità che vuole nel suo Paese o nel mondo. Non solo, se Facebook si accorge che uno sta sponsorizzando dei contenuti, allora quell'utente diventa magicamente immune da qualsiasi violazione del suo regolamento e quanto vietato ad altri, per lui diventa fattibile, incluso l'incitamento all'odio razziale.
Non solo. Se quell'utente segnala dei commenti indignati ai propri post, Facebook subito provvede a sospendere gli account di quegli utenti che li hanno inviati!
E tutto questo è documentabile, visto che è quanto succede in Italia. Pertanto, perché continuare a chiamare Facebook un sito che più correttamente si dovrebbe chiamare Fakebook?