Il giorno da molti considerato il D-Day italiano si avvicina.

Domenica 4 Dicembre il popolo italiano sarà chiamato a votare tramite Referendum Confermativo il testo di Riforma Costituzionale, soprannominato anche "Legge Boschi" dal nome della prima firmataria del provvedimento nonchè Ministra per le Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi.

Il Referendum è diventato ormai da diverse settimane l'argomento più "discusso" dei principali canali di informazione e media italiani, in particolare nei talk show televisivi dove troppo spesso viene dato spazio ad una classe politica che anche su un argomento così importante e centrale per la vita di ogni cittadino qual'è la Costituzione dimostra, forse volutamente, una spiccata incapacità di informare in modo chiaro e semplice chi li ascolta, riducendo il tutto a rissa politica e slogan elettorali con l'unico risultato di creare ulteriore confusione nello spettatore che non vede l'ora di cambiare canale.

Quali sono i principali cambiamenti alla Carta Costituzionale introdotti dalla Riforma? In che modo questi cambiamenti vanno ad impattare sul procedimento legislativo? Si tratta di una Riforma che semplifica e velocizza il funzionamento delle istituzioni della nostra Repubblica o costituisce un potenziale pericolo di eccessivo accentramento del potere per il nostro Paese?

Occorre precisare fin da subito che il Referendum, essendo costituzionale, non prevede il raggiungimento di un quorum: il risultato del voto sarà quindi valido a prescindere dal numero di persone che si recheranno a votare.

La Riforma in questione è la più importante modifica costituzionale dall’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 ad oggi.

Pur andando a modificare solo la seconda parte della Costituzione relativa all’assetto delle istituzioni ed all’organizzazione e funzionamento dello Stato, mantenendo invece inalterata la prima parte relativa ai principi base su cui la Repubblica italiana si fonda ed ai diritti e doveri di ciascun cittadino, la Riforma va a riscrivere il testo di 47 articoli dei 135 di cui è composta la Carta, quindi più di un terzo.

 Quali sono quindi i principali cambiamenti introdotti?

 

Abolizione del Bicameralismo Perfetto

L’ attuale Articolo 70 della Costituzione afferma che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.

Il Parlamento italiano è infatti composto da due camere, la Camera dei Deputati ed il Senato.

In base alla Costituzione attualmente in vigore queste due camere, entrambe elette direttamente dai cittadini, hanno le stesse funzioni.

Una qualsiasi legge infatti per poter essere promulgata e produrre effetti deve necessariamente essere esaminata ed approvata articolo per articolo sia dalla Camera che dal Senato, quindi da entrambi i rami del Parlamento.

Inoltre entrambe le Camere votano la fiducia al Governo: ciò significa che quando un Governo entra in carica deve ottenere il voto favorevole di entrambe le Camere per poter iniziare a governare.

Con l’approvazione della Riforma, solo la Camera dei Deputati dovrà dare la fiducia al Governo, che non avrà quindi più bisogno del parere favorevole del Senato per poter governare.

Infine le leggi ordinarie avranno bisogno esclusivamente del voto favorevole della Camera dei Deputati per poter entrare in vigore senza più dover essere discusse ed approvate anche dal Senato, che mantiene però questo potere per quanto riguarda le leggi che vanno a modificare la Costituzione, le leggi per l’attuazione delle politiche europee e quelle riguardanti l’ordinamento giuridico di Regioni, Province e Comuni e per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica, ma allo stesso tempo perde la sua tipica funzione di garanzia sull’operato del Governo.

Quindi la funzione legislativa, per la maggior parte delle leggi, spetterà solo alla Camera dei Deputati.

 

Il Senato

I componenti del Senato passeranno dagli attuali 315 membri a 100.

In base alla Riforma, il Senato diviene la camera rappresentativa delle autonomie regionali, sia in merito alle funzioni che possiede sia alla nuova modalità con cui i senatori saranno “eletti”.

I Senatori infatti cesseranno di essere eletti direttamente dai cittadini come invece accade per i Deputati, ma verranno scelti dalle Regioni: ogni Consiglio Regionale, in proporzione alla popolazione della Regione che rappresenta, potrà scegliere un certo numero di senatori per un totale di 95 persone, di cui 21 andranno scelti fra i Sindaci di Capoluogo di ciascuna Regione e 74 fra i Consiglieri Regionali. Questi senatori resteranno in carica per la durata del Consiglio Regionale che li ha eletti, che non necessariamente coincide con la durata della Legislatura a livello Nazionale, con il conseguente effetto che il Senato potrebbe essere soggetto a maggioranze continuamente variabili e non coincidenti con la maggioranza definita alla Camera dei Deputati attraverso il voto popolare, considerando anche il fatto che l’elezione dei 21 Consigli Regionali non avviene nella stessa data per tutte le Regioni, ma a scadenze diverse.

Va sottolineato inoltre che i meccanismi con i quali verranno ripartiti i seggi a cui ogni Regione ha diritto non sono ancora stati stabiliti, ma verranno definiti in seguito con una legge elettorale ad hoc di cui non si sono ancora definiti i contenuti.

 I restanti 5 Senatori saranno invece eletti dal Presidente della Repubblica e resteranno in carica per 7 anni.

 

Elezione del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica è un’istituzione centrale dell’ordinamento italiano.

Oltre a svolgere la funzione di garante della Costituzione e del rispetto delle norme in essa contenute da parte di Governo e Parlamento, ha tra i suoi principali poteri quelli di sciogliere le Camere, di indire nuove elezioni e di incaricare il Presidente del Consiglio di formare il Governo.

Stando a quanto stabilito dalla Costituzione attualmente vigente, il Presidente della Repubblicaviene eletto dalle due Camere in seduta comune e dai delegati di ogni Regione, che insieme costituiscono quella che viene definita Assemblea.

Per poter essere eletto, deve ottenere almeno i due terzi dei voti dell’Assemblea favorevoli, calcolati su tutti i componenti di quest’ultima.

Nel caso in cui questo numero di voti non viene raggiunto per tre votazioni o scrutini, dalla quarta votazione in poi è sufficiente la maggioranza assoluta dell’Assemblea per decretare la sua elezione.

Con l’approvazione della Riforma, per l’elezione del Presidente della Repubblica saranno necessari i due terzi dei voti dei Parlamentari fino alla quarta votazione.

Nella quinta e sesta votazione basteranno invece i 3/5 dei voti.

Dalla settima votazione, qualora non si sia ancora arrivati ad elezione, sarà sufficiente una maggioranza pari a tre quinti ma calcolata sul numero dei votanti effettivamente presenti al momento del voto, non più sulla totalità degli aventi diritto.

Ovviamente il Senato, vedendo ridotto il numero dei suoi membri a seguito della Riforma, avrà un’incidenza molto minore sull’elezione del Presidente della Repubblica rispetto ad oggi.

 

Abolizione del CNEL

Viene abolito il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che ha il compito di fornire a Governo e Parlamento dei pareri in merito alle leggi riguardanti economia e lavoro, oltre a quello di poterne proporre di nuove.

 

Modifica del Titolo V

Il Titolo V è quella parte della Costituzione dedicata agli enti territoriali quali Regioni, Province, Citta Metropolitane e Comuni che regola il rapporto tra lo Stato e quest’ultimi, stabilendo quali materie sono di competenza del primo, quali di competenza di questi enti e quali siano invece di competenza concorrente.

La Riforma Costituzionale, oltre a prevedere la definitiva abolizione delle province, si concentra prevalentemente sulle competenze spettanti a Stato e Regioni, separandole nettamente e andando ad eliminare la cosiddetta competenza concorrente, evitando così una sovrapposizione e i contenziosi costituzionali che ne conseguono tra Stato e Regione che per molti anni hanno caricato eccessivamente di lavoro la Corte Costituzionale.

Nei casi di interesse nazionale quindi, le decisioni prese dallo Stato prevalgono su quelle delle Regioni.

Da un punto di vista generale, la Riforma Costituzionale proposta sembra assicurare una maggiore governabilità del Paese ed una maggiore stabilità del Governo di cui l’Italia ha senza dubbio bisogno, oltre a ridurre i costi delle istituzioni con la riduzione del numero dei senatori.

Questo spiega anche il motivo per cui diversi organi internazionali come le agenzie di rating e le principali banche d’affari abbiano espresso un parere sostanzialmente favorevole alla Riforma.

Secondo il Governo e secondo i principali sostenitori della Riforma, la sua approvazione avrebbe una funzione di attrazione sui capitali esteri che sarebbero più propensi ad investire risorse in Italia.

E’ naturale pensare che se una persona dovesse decidere in quale paese investire il proprio capitale, sceglierebbe quello in cui vi sono più garanzie di stabilità e dove non si corre il rischio che le cose cambino da un giorno all’ altro.

E’ vero, con questa Riforma il Paese sarebbe probabilmente più governabile, ma da chi e a quale prezzo?

Come spesso accade, specialmente in un Paese come il nostro, sono i dettagli a fare la differenza.

Il Senato come si è detto cessa di essere elettivo ed i suoi membri vengono scelti tra i Consiglieri Regionali e Sindaci di Capoluogo dai Consigli Regionali stessi.

Perché si sta decidendo di affidare un organo importante come il Senato alla classe politica delle Regioni, che nel corso degli anni si è dimostrata la più corrotta ed inadeguata del Paese?

Il motivo non è complicato: la Riforma stabilisce che se un consigliere regionale viene nominato Senatore ottiene l’immunità parlamentare, per la quale nessun membro del Parlamento a seguito di un’indagine a suo carico può essere perquisito, sottoposto ad intercettazioni o arrestato senza l’autorizzazione tramite votazione della Camera a cui appartiene.

Inoltre, nessuno potrebbe impedire ad un parlamentare indagato attualmente in carica che magari non riesce più ad essere eletto alla Camera tramite elezioni nazionali, di candidarsi in qualche Regione come consigliere e di farsi poi eleggere come Senatore divenendo così immune alla giustizia.

Il tutto avviene con gli elettori che non potendo scegliere i membri che andranno a comporre il Senato e potendo scegliere solo una parte dei membri che comporranno la Camera (fra i candidati che i partiti decideranno di inserire in lista), vedono ulteriormente ridotto il loro diritto a scegliere la persona da cui vogliono essere rappresentati.

Perché quindi, prima di modificare la Costituzione, non si attua un rinnovamento della classe politica, che sarebbe il giusto contrappeso a questa Riforma, per il quale si stabilisca che una persona per poter essere candidata non deve avere procedimenti penali in corso o essere già stato condannato per reati contro la pubblica amministrazione?

Perché non si stabilisce un limite alla permanenza di una persona nel Parlamento, in modo che la politica non diventi una professione che inevitabilmente genera fenomeni di corruzione ma un vero e proprio servizio che si decide di dare al proprio Paese?

Personalmente penso che questa Riforma renderà forse il Paese più governabile, ma allo stesso tempo rende l’attuale classe politica che da decenni ci governa e che è politicamente e moralmente responsabile della situazione in cui questo Paese si trova ancora più intoccabile, che piuttosto di rinnovare se stessa e capire i gravi errori che ha commesso preferisce cambiare la Costituzione e mantenere le redini del potere sulla cosa pubblica ben salde.

Una vera e propria Riforma Gattopardiana, dove tutto cambia affinché nulla cambi.

E’ giusto quindi consegnare un nuovo assetto istituzionale che vede un accentramento del potere alle stesse persone che per anni hanno governato in modo fallimentare questo Paese? E’ giusto cambiare le istituzioni prima di cambiare le persone all’interno di esse?

Il Presidente del Consiglio Renzi, il principale sostenitore di questa Riforma, sostiene che questa sia un vero e proprio cambiamento e che senza la sua approvazione, una Riforma Costituzionale alternativa non sarà possibile per i prossimi venti o trent’anni.

Io credo che il Premier in tutta questa vicenda abbia commesso due errori, uno politico ed uno morale.

Il suo più grande errore politico è stato quello di personalizzare la campagna referendaria dicendo fin da subito che in caso di vittoria del NO avrebbe rassegnato le dimissioni, impedendo quindi una discussione seria da parte dell’informazione italiana sui contenuti della Riforma e permettendo a populisti da quattro soldi come Salvini di fare una seguita campagna contro la Riforma al grido di “voto No così Renzi va a casa”, cosa che senza dubbio produrrà degli effetti.

Il suo più grande errore morale è stato quello di sedersi ad un tavolo a riscrivere la Costituzione con persone che hanno scritto tristissime pagine della vita politica di questo Paese a cui hanno fatto smarrire il valore e significato della parola legalità, portandoli al pari dei Padri Costituenti.

Queste persone hanno già scritto il nostro passato e parte del nostro presente, visto i risultati non credo sia il caso di lasciargli scrivere anche il nostro futuro.