E' iniziata l'evacuazione della Giungla di Calais. L'ormai tristemente famoso campo di rifugiati del nord della Francia, in prossimità dell'imbarco sui traghetti diretti in Inghilterra, sarà svuotato nel giro di tre giorni. Questo almeno l'obiettivo delle autorità francesi.

Secondo l'ultimo censimento nel campo si troverebbero 6500 persone, ma le organizzazioni umanitarie che prestano assistenza ai rifugiati parlano di almeno diecimila.

Il trasferimento avviene tramite pullman diretti in uno dei 280 centri di accoglienza e orientamento (CAO), sparsi in tutta la Francia, fatta eccezione per la Corsica e la regione dell'Ile-de-France. Nella giornata di lunedì si spera di riuscire ad evacuare le prime 2400 persone.

Solo un terzo dei rifugiati della Giungla sarebbe disposto ad accettare il trasferimento. Molti sono arrivati in Europa attraverso l'Italia, dove sono state prese loro le impronte digitali, e temono di essere rispediti nel nostro paese, come prevede il regolamento di Dublino.

Gli incaricati delle registrazioni cercano di tranquillizzarli, dicendo che la legge è cambiata [in realtà non lo è affatto, ndr.] e che potranno fare domanda di asilo in Francia.

Le prime file sono cominciate già all'alba ed erano formate per lo più da persone giovani, soprattutto minori non accompagnati, che sperano di poter raggiungere l'Inghilterra per le norme sui ricongiungimenti familiari o per la legge approvata dal parlamento britannico questa estate, che prevede l'accoglimento di un ulteriore numero di minori, anche in assenza di legami familiari.

Sabato scorso sono arrivati nel Regno Unito i primi 54 minori accolti in base a questa nuova normativa. Si è trattato prevalentemente di bambine eritree. Non sono mancate, naturalmente, le polemiche orchestrate dalla stampa euroscettica, il Sun e il Daily Mail in testa. E' stata messa in dubbio l'età dei minori e un deputato conservatore è arrivato a chiedere che si prendessero le impronte dentarie per stabilirne l'età reale, ma il governo ha respinto la richiesta.

Altri hanno accettato di buon grado il trasferimento, stanchi della vita nella Giungla, resa impossibile dal freddo, dagli scontri fra i migranti e dalle violenze della polizia.

Raccolti i loro pochi beni dentro delle valigie o degli zaini, donati dalle organizzazioni umanitarie, o, in qualche caso, solo con dei sacchi plastica, si sono messi in fila con calma e pazienza, pur se con il volto serio e preoccupato di chi sta nuovamente per intraprendere un viaggio verso l'ignoto, un'esperienza che per loro sta diventando un'abitudine.

All'apertura del capannone, utilizzato come centro di smistamento, ci sono stati più fermento ed eccitazione fra gli 800 giornalisti presenti per coprire mediaticamente le operazioni che fra i migranti, che hanno scrupolosamente le istruzioni loro impartite.

Sono stati divisi in quattro file (uomini, donne, minori e disabili) e fatti entrare nel capannone, dove incaricati dell'ufficio per l'immigrazione hanno chiesto di scegliere su una cartina una di due regioni come loro destinazione. E' stato, poi, loro applicato un braccialetto di colore diverso per ognuna delle undici regioni, dove si trovano i centri di accoglienza.

Alcuni decidono di averne avuto abbastanza dell'esistenza di rifugiati e chiedono di essere rimpatriati, una decisione che il governo francese favorisce accollandosi le spese di viaggio. Nelle ultime tre settimane sono state 135 persone che hanno deciso di ritornare nei paesi d'origine, 392 nel corso del 2016.

Il primo pullman è partito alle 8 e 34 e altri cinque hanno lasciato la Giungla un'ora dopo. A bordo soprattutto rifugiati sudanesi, eritrei e afgani.

Alcune organizzazioni umanitarie lamentano la solita disorganizzazione nelle operazioni e maltrattamenti ad opera delle forze dell'ordine, come fa Medecins du Monde in questo tweet.

Disordini ci sono stati durante la notte, con decine di migranti che hanno dato fuoco ai bagni chimici e lanciato pietre contro la polizia, che ha cercato di ristabilire l'ordine facendo uso di gas lacrimogeni. Proprio per il timore di violenze sono stati fatti arrivare 1250 agenti.

I rifugiati hanno cominciato ad occupare la zona che è stata, poi, chiamata la Giungla di Calais un anno e mezzo e fa e da allora il loro numero è cresciuto costantemente. Abitano soprattutto nelle tende o in alcune capanne provvisorie.

La zona è stata scelta perché si trova nelle immediate vicinanze del porto, da dove partono i traghetti per Dover, e lungo la strada percorsa dai camion diretti alle banchine. Molti migranti cercano di salire inosservati sui camion per raggiungere clandestinamente l'Inghilterra.

Le organizzazioni umanitarie sono molto scettiche sul successo dell'operazione. Già nel febbraio scorso era stata smantellata una metà del campo. Dopo appena sette mesi, si era già ripopolato e il numero degli occupanti non è mai stato così alto.