Oltre a dirsi soddisfatto e a ringraziare il personale sanitario delle oltre 4 milioni e mezzo di dosi di vaccino somministrate nell'ultima settimana, il numero più alto in 7 giorni dall'inizio della campagna vaccinale, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha aperto alle richieste delle amministrazioni locali di rivedere la politica dei colori da assegnare alle regioni in base all'andamento del contagio.
Il perché è presto spiegato. Ad esempio, in una regione piccola come la Valle d'Aosta, anche se in termini assoluti il numero di casi gravi di Covid non è elevatissimo, finisce per esserlo in termini percentuali, tanto che il suo passaggio in zona rossa, in base ai parametri attuali, è ormai quasi scontato.
Così a Sky Tg24 il presidente della Valle d'Aosta, Erik Lavevaz, ha detto che "un passaggio in zona rossa per noi sarebbe la tragedia. Vorrebbe dire chiudere gli impianti di risalita in un momento in cui c'è un po' di ripresa rispetto all'anno scorso. Siamo in zona arancione perché abbiamo piccoli numeri, abbiamo chiesto un conteggio puntuale per chi è ricoverato con sintomi e chi per altre ragioni ma è risultato positivo a un tampone. Per esempio ora abbiamo sette persone in terapia intensiva, di questi l'unica persona vaccinata è ricoverata per un politrauma, non ha nulla a che vedere con il Covid".
Perciò, interpretando le spinte che vengono da territorio, il sottosegretario Andrea Costa, anche lui dai microfoni di Sky Tg24, non ha escluso cambiamenti nelle prossime settimane anche a partire dal bollettino giornaliero: "Non si tratta di censurare nulla, ma di elaborare dati che possono avere un'efficacia nei confronti dell'opinione pubblica e fare una comunicazione che non dia fiato a coloro che ancora sostengono che il vaccino non sia utile - ha detto Costa -. Se ogni giorno continuiamo a comunicare, in maniera generica, che si contagiano 150.000 cittadini, il rischio è che diamo voce a chi dice che i vaccini non servono perché ci si contagia lo stesso.
Bisogna mettere in evidenza che chi finisce in ospedale e in terapia intensiva sono prevalentemente coloro che non si vaccinano. Dal punto di vista della comunicazione, qualcosa dobbiamo cambiare, dobbiamo tener conto di uno scenario che è profondamente cambiato. Non possiamo sottovalutare il fatto che 27 milioni di italiani abbiano già ricevuto la terza dose. Bisogna distinguere asintomatici da sintomatici, dire con chiarezza che i non vaccinati hanno conseguenze più gravi, approfondire il dato relativo alle terapie intensive e mettere in evidenza che ancora oggi il 75% di chi le occupa sono cittadini non vaccinati. Credo che un cambio di comunicazioni in questa direzione possa essere utile per cercare di ridurre ancor di più la platea di non vaccinati".
Quello che però andrà valutato è se i cambiamenti potranno essere validi, oltre che da un punto di vista politico, anche da un punto di vista scientifico.
Infatti, iniziare a trattare il Covid come una malattia endemica potrà esser corretto solo se questa lo diventerà realmente. Fino ad ora, la diffusione del contagio ha causato sempre nuove varianti. La Omicron è quella più contagiosa, ma meno pericolosa dal punto di vista delle conseguenze che ha sulla salute delle persone... ma nessuno può giurare che la prossima variante si comporterà nella stessa maniera. Ed è per questo che alcuni virologi non ritengono al momento realistico e prudente il cambio di strategia da parte del Governo.