La Brigata Ebraica e la manifestazione del 25 aprile: il racconto di una lenta ma crescente accettazione
“Siete come i nazisti!”, “sionisti assassini!”, “criminali!”. Così fu accolto lo striscione della Brigata ebraica da alcuni facinorosi, quando per la prima volta lo portammo in un corteo del 25 aprile. Fu a Milano, era il 2004 e per la prima volta le bandiere israeliane sfilavano al corteo della Liberazione. Sapevamo non sarebbe stato facile. Già io, quando proposi l’idea a Eyal Mizrahi presidente dell’associazione Amici di Israele, temevo che la proposta fosse giudicata troppo pericolosa per l’incolumità dei partecipanti al corteo. Ma lui accettò, grazie anche a quel pizzico di razionale incoscienza che caratterizza tanti israeliani.
Ma come nasceva l’idea di sfilare con la bandiera della Brigata? Fino ad allora avevo partecipato ai cortei del 25 aprile come FGEI (giovani ebrei), come singolo, o insieme alla Comunità ebraica. Ricevevamo applausi da tutti, in quanto vittime della Shoah. Ma la cosa non mi convinceva, per ricordare lo sterminio era già stato istituito il Giorno della Memoria. La Liberazione doveva essere anche per gli ebrei un giorno di festa e di riscatto.
Fu leggendo il libro di Howard Blum “La Brigata”, che appresi di una vicenda sconosciuta a (quasi) tutti. Una storia di cui andare orgogliosi e da fare conoscere. Decidemmo così di prendere parte al corteo del 25 aprile come “brigatisti”. Avvisammo gli organizzatori dell’ANPI, perfino loro sorpresi da una storia che non conoscevano. Marciammo con le bandiere israeliane, anche se lo Stato di Israele all’epoca non era ancora nato. Ma quelle erano le bandiere usate dai 5 mila eroi sionisti durante la guerra.
Tra il pubblico, vedendo le bandiere bianche e azzurre, in tanti si chiedevano cosa avessero a che fare gli israeliani con la Resistenza. Distribuimmo centinaia di volantini per spiegare il contributo sionista alla Liberazione, come facciamo tuttora ogni anno. L’accoglienza della Brigata ebraica al corteo fu tutto sommato accettabile. Molti silenzi, diversi applausi, ma non mancarono fischi e parolacce. Come spesso capita, le contestazioni furono in realtà utilissime a fare pubblicità al contestato: i mass media infatti, riportando le aggressioni verbali da noi subite, dovettero poi spiegare cos’era stata la Brigata ebraica dal punto di vista storico, agevolando molto il nostro lavoro di diffusione della conoscenza della Storia da parte del grande pubblico.
L’anno dopo, alla festa della Liberazione le bandiere della Brigata furono viste in varie città d’Italia. Avevamo vinto.
Anno dopo anno, abbiamo percepito come l’accoglienza da parte del pubblico delle insegne della Brigata Ebraica sia sempre stata migliore. Con pazienza, con una costante attenzione a spiegare le nostre ragioni, siamo riusciti a ottenere che a marciare con noi o a venire a salutarci pubblicamente, ci fossero sempre più personaggi politici. Nei primi anni erano soprattutto di centro-destra (dal Presidente della Provincia di Milano Guido Podestà a Paolo Cecchi Paone, passando per il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dapei e il presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri, per non dimenticare la allora parlamentare Fiamma Nirenstein), poi sempre più anche da sinistra. Fino ad arrivare alle ultime due edizioni dove grazie all’ottimo lavoro di Daniele Nahum (responsabile cultura del Pd milanese) e alla disponibilità del segretario Pd metropolitano Pietro Bussolati, l’intero Partito Democratico ha sfilato dietro alle bandiere della Brigata Ebraica.
Non siamo stati esenti da critiche quando abbiamo ospitato politici di centro-destra, così come siamo stati criticati quando abbiamo ospitato il PD. Ma siamo andati avanti, senza pregiudizi e con il solo obiettivo di affermare la verità storica. Nel 2016 vedere sfilare con noi sia il PD milanese che il candidato sindaco del centro-destra Stefano Parisi è stato motivo di grande soddisfazione, perché simboleggia il fatto che la Brigata Ebraica è diventata patrimonio comune di tutti.
Anche Fausto Bertinotti – quando in quanto Presidente della Camera parlò a Milano al comizio finale del 25 aprile – di buon grado accettò la nostra richiesta di ricordare il valore della lotta della Brigata. Un atto importante quest’ultimo, volto a fare terra bruciata intorno ai groppuscoli della sinistra più estrema che ancora oggi distribuiscono volantini negando l’esistenza stessa dei 5mila soldati con la stella di David.
Recentemente il percorso di legittimazione della Brigata Ebraica ha fatto ulteriori passi in avanti: sono per esempio usciti diversi scritti, documentari, e i dibattiti sul tema si sono moltiplicati.
Da quando sono Assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano ho naturalmente subito operato per un riconoscimento istituzionale della Brigata. E grazie al lavoro svolto con lo storico Andrea Bienati e l’onorevole Lia Quartapelle, siamo riusciti a preparare una proposta di legge che vuole riconoscere a questi 5 mila soldati la medaglia d’oro al valore militare. Una proposta bipartisan presentata a metà ottobre 2015 insieme agli onorevoli Emanuele Fiano e Fabrizio Cicchitto.
In questi anni, portando alla luce la storia della Brigata Ebraica, non stavamo solo rendendo merito e giustizia a una vicenda poco conosciuta. Mettevamo il dito in una piaga di cui è tuttora affetto il corteo del 25 aprile, e non solo: un inquietante tentativo di riscrittura della Storia, volto ad affermare una realtà viziata da faziosità politiche. Se la presenza delle bandiere palestinesi alla Liberazione rappresenta un falso storico, la cosa ancora più grave è la totale assenza di bandiere Usa e degli Alleati al corteo della Festa della Liberazione. Eppure senza di loro, senza il sacrificio di tanti loro soldati, il nazi-fascismo non sarebbe stato sconfitto.
E’ preoccupante pensare a come nel nostro Paese, ancora oggi, affermare una verità storica possa essere pericoloso. A questo proposito giova ricordare come sfilando con le bandiere israeliane – dal 2004 ad oggi – chi ricorda la Brigata ha dovuto sempre farsi scortare dalle forze dell’ordine. Una volta nel 2007, a Milano, decidemmo di portare anche qualche bandiera statunitense. Quando uno dei nostri ne tirò fuori una, un’agente della Digos con involontaria ironia ci fermò dicendo: “adesso non esageriamo!”. La frase ci fu rivolta con il migliore intento possibile, quello di proteggerci da eventuali aggressioni fisiche. Ma serve a ben illustrare cosa rischia di diventare il corteo del 25 aprile: da una festa per ricordare la Liberazione, al festival del negazionismo storico a danno dei liberatori. Un’offesa spietata verso i tanti ragazzi (principalmente statunitensi) che hanno perso la vita per la nostra libertà.
Anche da questo nasce l’idea di portare in Parlamento la proposta di legge per il riconoscimento della Brigata Ebraica: un altro passo avanti verso l’affermazione della verità storica. Una battaglia ancora da vincere, a 12 anni dalla prima manifestazione. Ma possiamo anche dire di avere fatto grandi passi in avanti, nonostante in altre città d’Italia come Roma la Brigata non sia ben accetta il 25 aprile. Naturalmente, continueremo su questa strada. Per onorare da un lato la memoria di chi non c’è più, e dall’altro per difendere la Storia e quindi il futuro di chi ancora deve nascere.
Fonte: Davide Romano, Bet Magazine Mosaico