Marcello Foa presidente e Fabrizio Salini amministratore delegato. Queste le nomine del governo per i vertici Rai.

In base ai seggi dei due schieramenti, alla Lega è andato il compito di scegliere il nome del presidente, ai 5 Stelle quello dell'amministratore delegato. Con l'ultima riforma, la carica del presidente Rai non è solo di facciata. A lui, infatti, spetta l'ultima parola su scelte e nomine dell'amministratore delegato.

Ma è quest'ultimo che organizzerà e darà un indirizzo all'azienda, ridefinendo ruoli, proponendo nomi, creando, accorpando o sopprimendo canali, trasmissioni, ecc. Insomma è il quasi padrone dell'azienda.

E grazie alla riforma renziana, il quasi padrone dell'azienda è nominato dal governo di turno. Pensare che la Rai con un capo in testa da cui tutto dipende, nominato dal governo, possa essere o diventare un'azienda indipendente dalla politica e dalle sue esigenze è difficilmente credibile.

E, anche se lo fosse, sarebbe comunque difficilmente dimostrabile. Inoltre, la doppia nomina odierna che accontenta le due forze politiche non è certo un viatico per il cambiamento.

«Oggi diamo il via alla rivoluzione culturale in Rai», ha detto Di Maio.



L'ottimismo è d'obbligo? Il presidente è un giornalista di centrodestra, mentre l'ad ha lavorato per i canali della Fox e come direttore di La7!

Possibile che la lottizzazione che sta comunque alla base di queste nomine possa consentire ai nuovi vertici di riformare la Rai?

Un piccolo esempio? Poiché la Rai si è sviluppata in base alla logica della spartizione partitica, ad oggi - vado a memoria - ci sono 8 direttori di 8 diverse testate che si occupano di informazione all'interno dell'azienda. Ovviamente, le otto testate hanno poi dei propri capiredattore e dei propri giornalisti per un totale di circa 1600 persone assunte con contratto a tempo indeterminato. A queste è da aggiungere anche un numero di collaboratori esterni non meglio precisato.

È ovvio che tale struttura è del tutto ridondante, inutile e costosa, specialmente considerando l'audience della Rai che non può certo definirsi internazionale... in pratica, non è la BBC. Potranno mai il nuovo ad ed il nuovo CdA essere in grado di rivedere l'assetto dell'informazione in Rai?

L'opposizione rappresentata soprattutto dal Pd, visto che Forza Italia per motivi di bottega fa tifo per la Lega, insorge contro le nuove nomine e chi si occupa di vigilanza in Rai in quel partito è stato incaricato di lanciare strali sulle scelte del governo.

Così le descrive Michele Anzaldi:

«L’occupazione selvaggia della Rai e gli attacchi personali, con tanto di lista di proscrizione, che arrivano in queste ore dal Movimento 5 stelle contro alcuni giornalisti rappresentano l’ennesima conferma che siamo di fronte ad un attacco senza precedenti all’informazione.

Di fronte a quello che appare come un disegno organico per eliminare la libertà di stampa nel nostro Paese e ridurre l’opinione pubblica a un profilo facebook gestito dalla Casaleggio associati, viene da chiedersi: ora qualcuno chiederà finalmente scusa a Renzi?

Per anni abbiamo sentito tanti conduttori e commentatori in tv dire che tutti i mali dell’informazione derivavano da Renzi, che era un lottizzatore, che c’era la deriva autoritaria.

Ora con Lega e M5s assistiamo all'occupazione della Rai, alla minaccia di spartizione selvaggia dei telegiornali pubblici addirittura con riunioni formali dei ministri a Palazzo Chigi, ai casting con gli aspiranti direttori nelle abitazioni private dei vertici del Governo, agli annunci di voler togliere i finanziamenti alle agenzie di stampa, all’intenzione di eliminare i contributi per la stampa delle pubblicazioni parrocchiali e delle associazioni no profit. E si potrebbe continuare.

Renzi è stato l’unico premier con il quale, una volta arrivato a Palazzo Chigi, non sono cambiati i direttori dei Tg Rai. L’unico premier a prestarsi ai confronti anche con i giornalisti più critici, in qualsiasi trasmissione. Con Renzi premier, alcune delle trasmissioni più critiche nei confronti del Governo andavano in onda proprio sui canali del servizio pubblico.

Nell’ultima tornata di nomine, che peraltro risale a soli due anni fa, la Rai per la prima volta da tempo ha valorizzato le risorse interne, premiando i vice che avevano salito tutti i gradini dentro alle redazioni.

Ora i direttori dei telegiornali verrebbero decisi, violando ogni legge, nelle riunioni tra Salvini e Di Maio.

Addirittura hanno dissotterrato una legge del 2002 del Governo Berlusconi, mai usata in 16 anni, pur di cacciare i vertici delle Ferrovie, che hanno fatto crescere il fatturato del 18% e i passeggeri del 25%. Così possono usare anche le poltrone di Fs per far quadrare i loro conti della spartizione in Rai.

E meno male che il lottizzatore era Renzi.»

Solo pensando alla nomina al TG3 di Luca Mazzà, è chiaro che quanto scritto da Anzaldi perde molta credibilità. In ogni caso, le sfide per il cambiamento sono numerose, così come gli annunci fatti in proposito soprattutto dai 5 Stelle.

Adesso non rimane che mettersi seduti, comodi, accendere la tv, sintonizzarsi su un canale Rai e vedere quanto di ciò che ci verrà proposto, nei contenuti e nella forma, sarà diverso e migliore rispetto al passato. Senza dimenticare che dovrà anche essere meno costoso.