La decisione del G7 di stabilire un price cap al prezzo del barile di petrolio, fissandolo a 60 dollari, rischia di andare nella direzione opposta a quella sperata.
Infatti, non solo non ridurrà le entrate fiscali di Mosca, ma renderà meno redditizio il suo export, e finirà per dare vantaggi alla Cina e alle decisioni dell'Opec+.
Secondo gli analisti, a seguito di questa mossa, i paesi che non fanno parte dell’Ue continueranno ad importare greggio russo via mare, ma non potranno distribuirlo se non a un prezzo inferiore al Price Cap.
La conseguenza di tutto ciò è che la Cina potrà acquistare molto più petrolio russo a lungo termine a prezzi vantaggiosi, mentre Mosca continuerà a realizzare ottimi profitti.
Un price cap così elevato lascia il commercio di petrolio russo ancora fortemente redditizio e consentirà a Mosca di continuare a guadagnare ancora miliardi.
Come se non bastasse, la mossa del G7 ha spinto l’Opec+ a mantenere inalterati i tagli alla produzione.
Pertanto, da non sottovalutare il pericolo che il tetto non finisca per innescare un ciclo rialzista delle materie prime, con tutte le conseguenze del caso.