Circa tre giorni fa, Di Maio aveva auspicato che il governo potesse lavorare in modo compatto e che almeno il tema libico non entrasse in campagna elettorale.

E per tener fede al suo auspicio, nelle scorse ore ha dichiarato:

«È altrettanto evidente che occorre fin da subito studiare un piano europeo per prevenire una nuova emergenza. Ed è anche evidente che questo piano va studiato con tutti gli Stati membri, compresi quei governi, come quello di Orban, che se ne fregano e ci lasciano soli di fronte a un problema che non è certo nostro, ma di tutta l'Europa.

Ecco perché ho detto che bisogna fare molto di più che chiudere un porto. E ne sono convinto. Il vero dibattito non è sull'Italia ma sugli altri.

Sono gli altri che devono aprire i porti e per "altri" mi riferisco anche agli alleati della Lega. Sono loro che devono cambiare atteggiamento nei confronti del nostro Paese. Orban in Ungheria, AfD in Germania, Le Pen in Francia, tutte forze politiche alleate della Lega che fanno i sovranisti con le frontiere italiane. Eh no, così è troppo facile.

Se la Lega si allea con loro, sarebbe utile che gli ricordasse i propri doveri e che noi abbiamo smesso di farci carico da soli dell'emergenza migranti.

Qui bisogna capire che non stiamo giocando, ma che parliamo di una guerra con possibili enormi conseguenze sui flussi migratori verso il nostro Paese. L'Italia va protetta, subito.»

Salvini, cui Di Maio indirettamente si riferiva, gli ha risposto a stretto giro, anche in questo caso indirettamente, poiché come è possibile ascoltare nel filmato seguente, Salvini in realtà si rivolge alla ministra della Difesa Trenta che, pure lei, lo aveva bacchettato sul problema profughi in fuga da una guerra, etichettandolo più o meno come un incompetente.

Così, il vicepremier leghista, inarcando la schiena e simulando un prognatismo che non ha, per sembrare decisionista ed inflessibile, ha dichiarato che è lui che comanda e decide, almeno in relazione a chi può entrare o non entrare in Italia, e lui pertanto continuerà a tenere i porti chiusi (e probabilmente continuerà a collezionare denunce), e se ad appoggiarlo non ci sono le leggi, ci sarebbero sempre i suoi follower e le forze dell'ordine. Quasi una minaccia velata di colpo di Stato!



Un concetto, quello dei porti chiusi, ribadito da Salvini anche oggi, parlando alla Camera dove ha partecipato alla degustazione del pesto genovese organizzata dalla Regione Liguria [e non è uno scherzo, ndr]: «Con centinaia di potenziali TERRORISTI pronti a partire dalla Libia, abbassare la guardia, come suggerisce anche qualche collega di governo, e abbandonare la strategia vincente dei porti chiusi metterebbe a rischio la sicurezza degli italiani!

Ho letto – ha continuato Salvini – il premier Conte che adesso dice che c'è il rischio di terroristi islamici in partenza. È quello che vado ripetendo da tempo. Me lo ha confermato il vicepremier libico stamattina. Ci sono almeno 500 terroristi detenuti nelle carceri in Libia, non vorremmo vederli arrivare via mare. Se il premier denuncia il rischio terroristi islamici, dichiarare di aprire i porti mi sembra suicida».

 

Per la cronaca, questo è quello che aveva detto la ministra della Difesa Elisabetta Trenta: «Se in Libia dovesse scoppiare una nuova guerra, non avremmo migranti ma rifugiati. E i rifugiati si accolgono... Chi dice che pensa al possibile attacco in Libia per risolvere il problema dei migranti sta facendo un errore enorme. Anche perché, in quel caso, le conseguenze in termini di destabilizzazione ricadrebbero soprattutto sull'Italia».

Alle successive parole di Salvini, la Trenta ha poi risposto in questi termini: «Mettiamo un punto a questa storia che sta diventando ridicola. Non ho mai detto di aprire i porti, bensì ho evidenziato i possibili sviluppi che potrebbero esserci da un eventuale inasprimento delle tensioni in Libia. È un dovere di un ministro informare i cittadini. Poi la scelta spetta agli italiani: si può scegliere di essere presi in giro o meno.

Per quanto mi riguarda il primo obiettivo è la protezione del Paese e tenere in sicurezza l’Italia, difendendo i nostri confini.
Non ho tempo di vaneggiare come fa qualcun altro, preferisco lavorare».


In base alle dichiarazioni sopra riportate si può facilmente comprendere quale sia il livello di coesione e unità d'intenti di questo Governo.