Conobbi Graziella alla fine degli anni ’80. Mecenate, collezionista  e organizzatrice di mostre era una donna bellissima e coltissima. Di lei si erano innamorati molti uomini famosi. Addirittura per lei Ricciardi e Cesareo avevano scritto “Luna Caprese”. Amica di artisti come Warhol, Rauschenberg, Beuys, Twombly, viveva tra Napoli, Capri e successivamente Roma in uno splendido appartamento a Palazzo Taverna. In quel meraviglioso palazzo gestiva anche uno spazio dedicato alle mostre: gli Incontri Internazionali d’Arte, che aveva come presidente Alberto Moravia; un luogo CULT dove nel 1988 ho avuto il privilegio di esporre i miei lavori. Spesso Graziella mi ospitava nella sua stupenda villa di Capri dove c’era un via vai di attori, giornalisti e intellettuali e dove le ho fatto anche diversi ritratti, ma non questo che pubblico qui e che credo sia uno dei più riusciti.

Quella mattina avevo con me la fotocamera ed ero andato dal mio editore vicino piazza Navona. Trovandomi non lontano da casa di Graziella le telefonai e mi autoinvitai a pranzo. 

Era sempre felicissima di avere la compagnia di qualche amico che le facesse una sorpresa.

Ricordo ancora che non avendola avvisata prima, dovetti accontentarmi di un panino col prosciutto e un bicchiere di buon vino. Poi cominciammo a discutere di arte e Graziella mi parlò di alcuni suoi progetti e delle difficoltà che aveva; era un po’ arrabbiata con le istituzioni che erano latitanti. Allora io per distrarla, indicando la mia fotocamera le dissi scherzando: “Ta vuo’ fà fà na foto ?” e lei inaspettatamente con un’espressione divertita mi rispose subito di sì.

La sua casa era piena di opere sia antiche che moderne e in una stanza c’era un lavoro di Giulio Paolini intitolato MIMESI: due calchi in gesso bianchi uno di fronte all’altro. Io decisi di sfruttarli contrapponendo la bellezza di quella classicità con quella di Graziella e scattai.

Successivamente, al momento dello sviluppo in camera oscura, solarizzai parzialmente la stampa modificando i bianchi in grigio argento. In realtà nella stampa positiva le zone solarizzate risultano negative. Per ottenere questo risultato basta esporre alla luce per pochi secondi, quando ancora la carta fotografica è nell’acido di sviluppo, la parte dell’immagine da solarizzare.

Quando dopo qualche giorno le mostrai la foto, Graziella fu molto colpita dal risultato finale di questa manipolazione e abbracciandomi con affetto mi disse sorridendo: “Sei un artista”.

Talvolta le foto non programmate sono quelle che riescono meglio.

Augusto De Luca