Il 1 luglio sono stati 27.989 nelle ultime 24 ore i nuovi casi Covid nel Regno Unito , 146.360 invece quelli negli ultimi 7 giorni,  61.183 in più (pari al 71.8%) rispetto a quelli della settimana precedente. 

Nonostante i dati siano in costante peggioramento, il premier Boris Johnson si dice fiducioso di poter ritirare anche le ultime restrizioni relative alle misure di distanziamento prorogate di circa un mese e la cui scadenza è stata adesso fissata al 19 luglio.

L'ottimismo è generato dal fatto che il numero di ospedalizzazioni è attualmente ancora basso, anche se nelle ultime 24 ore sono state 259, con il dato settimanale che è in aumento dell'11% rispetto a quello di 7 giorni prima.

Quello che però non sembra che venga considerato è che il numero di ospedalizzazioni, come già accaduto in passato e come si può evidenziare sovrapponendo i grafici che ne testimoniano l'andamento, cresce dopo circa 30 giorni rispetto a quello dei nuovi casi.

Per questo, l'ottimismo del premier britannico non sembra del tutto giustificato. 

Ma il problema di una ripresa del contagio da Covid non riguarda solo il Regno Unito, bensì l'intera Europa, come avverte l'Oranizzazione mondiale della sanità, tramite quanto dichiarato oggi dal belga Hans Kluge, direttore per l'Europa, che ha ricordato che i casi nel nostro Continente sono di nuovo in aumento dopo 10 settimane di calo, aggiungendo che una non completa vaccinazione della popolazione entro il mese di agosto, il progressivo ritiro delle restrizioni e l'aumento di viaggi e assembramenti costituiscono le condizioni per una probabile nuova ondata di ricoveri e decessi già prima dell'autunno.

Sul banco degli imputati è così finita l'Uefa per Euro 2020 in relazione all'organizzazione della manifestazione.

La competizione "diffusa" che si svolge in tutta Europa con alcune nazioni che permettono persino di riempire gli stadi per quella che è la loro massima capienza è diventata uno strumento per la diffusione del contagio.

Le persone si stanno contagiando non solo all'interno degli stadi, ma anche davanti ai maxischermi dove assistono alle partite per strada, con assembramenti dove le mascherine sono un ricordo del passato e dove, in base al risultato, la gente urla, fa festa e si abbraccia dimenticandosi di quanti erano giornalmente i morti per Covid fino a poco tempo fa. 

Ma adesso ci sono i vaccini, dirà qualcuno. Purtroppo è vero solo in parte, perché con la variante Delta sono necessarie due dosi di vaccino per non rischiare l'ospedalizzazione e in Europa, ben che vada, è più o meno solo un terzo la popolazione adulta che finora ha ricevuto due dosi di vaccino, mentre metà non ha ancora ricevuto neppure una dose. Inoltre, in Italia, sono 6 milioni gli over 60 che non si sono o non sono stati sottoposti ancora alla prima dose di vaccino.

Per tali motivi, in questi giorni, assistiamo alla palese contraddizione da parte del mondo delle istituzioni e dei media che cerca di descrivere una ritrovata normalità propagandando green pass, viaggi, vacanze, partite, festeggiamenti e altro mentre medici e scienziati, in base ai dati, ricordano inascoltati che il coronavirus è ancora presente, sta ancora circolando, sta mutando e ogni volta che muta diventa sempre più contagioso e, a seguito di ciò, sempre più pericoloso.