Ieri sono stati arrestati in Francia 7 terroristi italiani dell’area della sinistra, colpevoli di fatti di sangue compiuti in Italia, nei tragici “anni di piombo”.
Scappati in Francia, sul finire degli anni ottanta, quando i vari movimenti terroristici italiani erano stati sgominati dalle massicce retate delle forze dell’ordine.
In Francia avevano trovato l’accoglienza del presidente Mitterand che ha permesso consciamente a persone, colpevoli di efferati omicidi, di continuare a vivere liberamente la loro gioventù, dimentico del sangue che avevano fatto scorrere.
Sono passati più di trent'anni da quel momento storico così tragico e difficile per il nostro paese, ed in tutto questo tempo non si è riuscito nell’intento di compiere l’opera di giustizia nei confronti delle vittime e dei loro parenti.
Si è negata alla giustizia italiana di portare nelle patrie galere dei criminali, condannati in contumacia, a pene pesantissime tra cui anche l’ergastolo.
Ed allora mi domando:
possibile che in tutti questi anni non siamo riusciti a far valere il diritto, negando alla giustizia di punire i colpevoli?
La Francia non è certamente il paese europeo rifugio dei criminali, anche lì sono in vigore i trattati internazionali di estradizione, ed allora perché hanno atteso fino ad oggi, per dare corso alla giustizia?
Mi viene il sospetto che allora probabilmente “qualcuno” nel nostro paese non ha fatto il proprio dovere, fino in fondo, per reclamare il diritto alla giustizia.
I modi ed i tempi si sarebbero sicuramente trovati per piegare la Francia a compiere il suo dovere legale.
Il terrorismo aveva, prima di aver alzato troppo il tiro, con il rapimento Moro, connivenze e coperture forti nel mondo del PCI e soprattutto nei partitini dell’estrema sinistra.
Ricordiamo inoltre che la tecnica dello stragismo, del colpire a casaccio uomini di poco conto nel regime fascista, fu utilizzata quasi esclusivamente dal PCI, durante la Resistenza, per fiaccare il morale della Repubblica Sociale Italiana.
Molti comunisti rimasero sicuramente delusi, alla fine della guerra, dopo che Palmiro Togliatti, con la svolta di Salerno del 1944, ripudiò la via della rivoluzione proletaria, entrando nel governo di unità nazionale.
La rivoluzione proletaria per cui molti comunisti avevano guerreggiato nelle brigate garibaldine o come gap era per loro rimasto solo un sogno.
Quel folle sogno rivoluzionario che dal 1969 al 1988 ha insanguinato le nostre strade ed ha fatto perdere la vita a 370 persone, nella maggior parte dei casi uomini delle forze dell’ordine, ha molto di simile con il gappismo resistenziale.
Si è parlato tanto in quegli anni di “cattivi maestri” ed oggi sono più che mai convinto che andavano cercati tra i delusi della mancata rivoluzione proletaria del 1945.
Un organizzazione militare come quella delle “Brigate Rosse” o di “Prima Linea” aveva bisogno di ingenti risorse economiche per sostenersi.
Sono sicuro che le rapine non potessero permettere tale finanziamento, oltre all’enorme rischio, in termini di vite umane che comportavano.
Per cui è facilmente intuibile che ingenti fondi monetari provenissero da chi appoggiava la lotta armata, permettendone il mantenimento logistico.
Lo stesso dicasi per la latitanza di circa duecento terroristi fuoriusciti in Francia che forse ad un certo punto e per un periodo piuttosto lungo era meglio non far più rientrare in Italia, per le troppe verità scomode che si portavano dietro.
La domanda però che rimane forte è: perché adesso, perché in questo momento?
Che cosa è cambiato in Francia ed in Italia che ha permesso lo sblocco di questa situazione di giustizia negata?
Forse tra qualche decennio gli storici potranno dare una risposta a questa domanda.
Nel frattempo rimane una profonda amarezza per questi arresti di vecchi terroristi che non soddisfa nessuno.
Come dice bene il figlio del commissario Calabresi, Mario Calabresi: «Come mia madre e i miei fratelli, non riesco a provare alcuna soddisfazione. L’idea che un uomo anziano e molto malato vada in galera non è di alcun risarcimento per noi».