Ieri il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco,  aveva pensato di intervenire nel dibattito sulla legge che dovrebbe regolare le unioni civili, comprese quelle omosessuali, in discussione al Senato, auspicando che il presidente Grasso applicasse alle prossime votazioni in aula la modalità di voto segreto.

Queste le parole di Bagnasco: «Ci auguriamo tutti che il dibattito in Parlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi ed essere considerate le loro obiezioni e che la libertà di coscienza di ciascuno su temi così delicati e fondamentali per la vita della società e delle persone sia, non soltanto rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto».

In pratica, il rappresentante dei vescovi italiani non si limita più a chiedere modifiche ad una legge, ma addirittura indica ad un organo dello Stato la modalità in cui il voto dovrebbe essere espresso. Un'ingerenza, quella di Bagnasco, che a molti parlamentari è da subito apparsa inopportuna.

Addirittura lo stesso Renzi, stamattina durante un'intervista in  radio, ha stigmatizzato la richiesta del preidente della CEI: «[Il voto segreto] lo decide il Parlamento, e lo dico con stima per il cardinal Bagnasco, e non la CEI».

La questione del voto segreto è venuta alla ribalta della cronaca per le tensioni che sono sorte all'interno del PD, dove la componente cattolica non sembra voler seguire le indicazioni del gruppo sugli emendamenti di modifica relativi ad alcuni passaggi del ddl Cirinnà, come quelli riguardanti la stepchild adoption.