Il matrimonio naturale, elevato a sacramento, è segno della misericordia di Dio, in forza della partecipazione degli sposi all’amore stesso di Dio. In altre parole, la misericordia di Dio prende visibilità ancora oggi attraverso le braccia accoglienti degli sposi, nella misura in cui essi si aprono alla grazia di partecipare dell’amore di Gesù. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza.

«Dio è amore» (1Gv 4,8.16) afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore si è reso visibile nell’incarnazione: tutta la vita di Gesù parla di un amore che è al di sopra delle coordinate umane e si dona gratuitamente; un amore che parla di misericordia, di compassione cioè di partecipazione alla sofferenza dell’altro. Gesù non prova un sentimento di pena che va dall’alto in basso, ma arriva a provare un dolore che non nasce in Lui ma che prova perché ama a tal punto la persona che sta soffrendo, da giungere a una comunione intima con il suo dolore. Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cf. Mt 9,36). In forza di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati (cf. Mt 14,14), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cf. Mt 15,37). Quello che muoveva Gesù in tutte le circostanze, non era altro che la misericordia con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero: sentirsi amati.

Il grande tema della misericordia, alla luce del rapporto nuziale tra Cristo e la Chiesa, attraversa tutta la Bibbia come “un filo rosso” perché Dio da “buon Papà”, fin dall’inizio, si è rivelato come amore e misericordia. Di fronte al peccato di Adamo ed Eva, non li ha condannati per sempre ma ha promesso di salvarli e redimerli, dando loro la possibilità di riacquistare la dignità della figliolanza divina. Nel vangelo di san Matteo leggiamo: «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13). Dio vuole, anzi, pretende la misericordia perché è misericordia da sempre, dall’eterno: “Eterna è la sua misericordia”. Così il popolo d’Israele ha continuamente fatto esperienza che il Signore è «misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 103,8).[1]

Potremmo dire che «la diversità e la ricchezza dei linguaggi soteriologici della Sacra Scrittura e della tradizione ecclesiale esprimono sostanzialmente tre aspetti della salvezza degli uomini: la liberazione dal peccato, la divinizzazione»[2] e la nuzializzazione.[3]  

La misericordia è la perfezione fondamentale di Dio e nello stesso tempo un motivo di eterna gioia anziché di paura o terrore. Essa, che è capace di trasformare e rinnovare tutto, manifesta l’onnipotenza di Dio. La misericordia è una potenza immensa divina o una eterna benedizione di Dio. In questa potenza di Dio i coniugi possono trovare la forza, la protezione e la speranza incomparabile.[4]

La magna charta per i coniugi che desiderano porsi in contemplazione e a servizio di questo «mistero grande» (Ef 5.32), segno della misericordia di Dio nel matrimonio, è rappresentata senz’altro da quanto si legge nella Familiaris consortio di san Giovanni Paolo II:

 «La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell’umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del “principio” (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l’uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d’amore che il Verbo di Dio fa all’umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di sé stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui  è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce» (FC n. 13).

 Esattamente, la memoria del sacrificio di Cristo “riproduce” visibilmente l’Eucaristia. Essa è il dono della misericordia compiuto sulla Croce, ed è là che vengono sigillate le nozze dello Sposo e della Sposa: l’alleanza coniugale, in questa prospettiva, si configura sull’alleanza di Cristo con la Chiesa, rappresentata dal sacramento dell’Eucaristia. Essa «è il banchetto nuziale che anticipa il banchetto definitivo: in e per mezzo di essa si rivela e si realizza la possibilità offerta ad ogni uomo e donna di comprendere e vivere l’origine divina del proprio essere e amare, di entrare nella pienezza del divino attraverso la nuzialità umana. In ogni Eucaristia si celebra la festa e il donarsi della diletta Chiesa al diletto Sposo, si rinnova l’amen dell’incontro in cui si aprono gli occhi della sposa, nel rivivere il gesto dell’intimità con il suo sposo (cf. Ct 2,16; Lc 24,31)».[5] La configurazione degli sposi rispetto a Cristo, definita spesso la loro “consacrazione sponsale”, non ha nulla dell’imitazione esteriore o di una lontana analogia: essa è opera dello Spirito Santo, che trasforma in profondità la soggettività degli sposi e la loro capacità di amare come Cristo ha amato noi. Essa santifica, purificandolo, l’amore che essi hanno l’uno per l’altra, amore che diventa l’amore stesso di Cristo, in una testimonianza ecclesiale che si compie giorno dopo giorno. Tanto è vero che «nasce qui l’esigenza di “nuzializzare” la Chiesa, ovvero i cristiani in ogni stato di vita e nel loro agire ad intra (nella Chiesa) e ad extra (nell’evangelizzazione)».[6] Su questa linea si comprende meglio la questione dell’indissolubilità del matrimonio cristiano: essa può essere formulata a partire da ciò che, in verità, l’amore coniugale è chiamato ad esprimere, ovvero l’amore senza pentimento di cui Cristo fa dono a tutti gli uomini. E questo avvenimento è unico, come è unico il dono che, nel matrimonio sacramentale, un uomo o una donna fanno di loro stessi. Questa idea troviamo in Amoris laetitia, infatti leggiamo:

 «“L’indissolubilità del matrimonio” (Mt 19,6) non è innanzitutto da intendere come ‘giogo’ imposto agli uomini, bensì come un dono fatto alle persone unite in matrimonio (...). La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce» (AL n. 62).

 In altre parole, potremmo dire, con fermezza, che l’indissolubilità del matrimonio è frutto della misericordia. Il matrimonio, però, è sacramento, ma anche il «mistero grande» (Ef 5,32), perché in esso si rende presente l’opera della Trinità di Dio, perché in esso è l’alleanza d’Amore di Dio con il suo popolo che viene a realizzarsi.

Il matrimonio-sacramento vuole dire che esso ha a che fare con la Trinità santa, più precisamente, come l’Alleanza nuziale della nostra salvezza, celebrata nell’Incarnazione, e celebrata in tutta l’economia sacramentale, in modo speciale nell’Eucaristia. In altre parole possiamo dire che il matrimonio-sacramento è l’atto con il quale gli sposi si consacrano insieme a Dio Amore-Misericordia. Gli sposi vengono accolti da Dio che li ha chiamati alla donazione reciproca, è come dire il “sì” ad una vocazione eterna. Dio, il Padre misericordioso, è colui che dall’Eterno li chiama. Potremmo dire che nel vincolo di amore dei due, si riflette il vincolo della misericordia di Dio con il suo popolo.[7]

A questo punto vale la pena chiederci: ma che cos’è il mistero? Il termine mysterion è un termine di straordinaria bellezza e potenza nel linguaggio paolino. Esso è il disegno divino di salvezza che viene a realizzarsi nella storia; è appunto la gloria nascosta e rivelata nella storia. Per questo il «mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5,32). Qui san Paolo sta dicendo non solo che alleanza nuziale tra l’uomo e la donna è mysterion, cioè è storia, è carne, è sangue, ma che essa è totalmente abitata dalla gloria, dalla misericordia della Trinità, dalla presenza di Dio.[8] Ecco perché «san Francesco Saverio si inchinava davanti a ogni coppia di sposi, per esprimere la sua fede nella presenza di Dio nel sacramento del matrimonio».[9]

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek


 
[1] Cf. G. Lydek, La misericordia di Dio nella teologia e nella spiritualità del beato Michele Sopoćko, sigraf, Pescara 2016, p. 88.
[2] Cf. B. Sesboüe, Gesù Cristo l’unico mediatore. La vita cristiana alla salvezza, Queriniana, Brescia 2009, p. 5.         
[3] «Nuzializzare vuol dire far assaporare il gusto, far vedere la bellezza di un amore totale e gratuito, che spinge, in forza dell’amore dello Sposo, ad andare verso ogni uomo». R. bonetti, Il prete: uno sposo, Cittadella Ed., Assisi 2015, p. 87.
[4] Cf. G. Lydek, La misericordia di Dio nella teologia e nella spiritualità del beato Michele Sopoćko, p. 88.
[5] R. Bonetti, Il prete: uno sposo, op. cit., p. 61.
[6] R. Bonetti, Il prete: uno sposo, op. cit., p. 62.
[7] Cf. B. Forte, Eucaristia e Matrimonio. Unico mistero nuziale, in “Atti” VIII Convegno regionale di formazione per operatori di pastorale familiare, Prati di Tivo - Pietracamela (TE) 2005, p. 33.
[8] Cf. ibidem.
[9] R. Bonetti, In famiglia la fede fa la differenza, Effatà Ed., Cantalupa (Torino) 2016, p. 12.