Mi riesce difficile comprendere i rigurgiti nostalgici che serpeggiano in questi giorni, nelle file del M5S, e che auspicherebbero la riedizione di un governo gialloverde.

Tra i nostalgici, in prima fila due persone che, per background e collocazione all’interno del movimento dovrebbero, invece, rammaricarsi per aver assistito in silenzio, nei 14 mesi di governo gialloverde, alla svendita a Salvini, per un piatto di lenticchie, dei voti del M5S partito di maggioranza relativa.

Il riferimento è ad Alessandro Di Battista e Gianluigi Paragone che, oramai da giorni usano social e media per minare il già incerto percorso che dovrebbe portare alla eventuale nascita di un governo M5S-PD.

Ancora più incomprensibile l’atteggiamento di questi due personaggi dal momento che entrambi, pochi giorni fa, hanno condiviso lo schietto e circostanziato “j’accuse” che il premier Giuseppe Conte ha indirizzato al ministro dell’interno nell’aula del Senato.

Martedì, anzi, se nell’ascoltare le dure e risolute parole di Conte fossero stati più attenti si sarebbero resi conto che le contestazioni del premier avevano sì come destinatario Salvini ma di certo non assolvevano Di Maio ed il M5S per aver subito senza ribellarsi, addirittura con il sorriso sulle labbra, la continua sodomizzazione da parte delle sopraffazioni leghiste.

Eppure era sotto gli occhi di tutti che il Matteo padano non solo dettava ed imponeva la agenda di governo, ma si atteggiava e comportava da indiscusso padrone del vapore arrivando a criticare con asprezza e pubblicamente l’operato dei ministri pentastellati, Toninelli, Trenta e Bonafede, e ad accusare, nei suoi quotidiani comizi, il M5S di essere responsabile dell’immobilismo con i continui “No”.

Con il loro silenzio assenso Di Maio, ma anche Di Battista e Paragone, hanno così permesso alle indisturbate soverchierie salviniane, di screditare il M5S agli occhi dell’elettorato provocando la perdita di oltre 6 milioni di voti, ma di raddoppiare i consensi alla Lega.

Non solo, ma quando Salvini ha ritenuto di aver sfruttato a sufficienza il M5S, guarda caso il giorno dopo aver ottenuto i voti pentastellati per il decreto sicurezza bis, senza preavviso ha staccata la spina al governo.

Ho il dubbio che, nella loro illuminata visione politica Di Battista e Paragone si siano interrogati sul come mai, poche ore dopo aver staccata la spina, il ganassa Salvini si ritrovi così pentito e disperato da voler riesumare il governo gialloverde, che lui ha appena sotterrato, arrivando perfino ad offrire il premierato a Di Maio.

Non solo, ma dubito anche che i due infervorati sostenitori del ritorno al gialloverde abbiano anche solo tentato di chiarire, almeno a se stessi, perché domani, una volta messa al sicuro la sua poltrona ministeriale e dopo essersi messo al riparo dalle inchieste giudiziarie con il compiacente voto grillino contro le richieste di autorizzazioni a procedere,  Salvini non dovrebbe comportarsi più da padrone del vapore sodomizzando i pentastellati con nuove angherie ed imponendo ancora la sua volontà in una ipotetica riedizione del governo gialloverde.

Se poi provo anche ad immaginare il modo in cui il nostro Paese potrebbe essere rappresentato nei consessi internazionali dal guaglione da Pomigliano d’Arco, beh … allora non ho più dubbi: Di Battista e Paragone necessitano con urgenza un TSO.