Se fossi Salvini, e per mia fortuna non lo sono e non vorrei esserlo neppure vagamente, avrei però il numero del telefonino di Di Maio.

Un numero che in questo momento mi farebbe comodo per telefonare a Di Maio e chiedergli la cortesia di tacere per alcuni giorni, di non rilasciare interviste, di non andare in TV.

Posso comprendere, per umana solidarietà, il suo scoramento e la sua frustrazione per aver gettato alle ortiche due mesi e per aver toppato ogni tentativo di arrivare ad uno straccio di accordo di governo.

Però, ho la sensazione che qualche giorno di silenzio e di riflessione possa essere salutare per lui e per il movimento di cui è capo politico.

È questo il suggerimento che vorrei permettermi di dargli dopo aver letta, poche ore fa, l’intervista rilasciata a Luca De Carolis per il FQ.

Parlando con De Carolis, infatti, Di Maio ha ribadito la sua aspirazione di tornare alle urne il 24 giugno ancora con il “rosatellum”, anche se sono scaduti i tempi tecnici per permettere il voto agli italiani residenti all’estero.

Non riesco a comprendere difatti che cosa Di Maio creda che potrebbe cambiare, rispetto ai risultati del 4 marzo, un ritorno alle urne dopo quattro mesi.

Forse non riesco a cogliere la logica di Di Maio ma sono convinto che oggi o fra un mese con il rosatellum non cambierebbe assolutamente nulla!

Analizzando gli ultimi sondaggi (NdR: Euromedia, Piepoli, SWG, Tecnè, Demos, EMG) chiunque può rendersi conto, quindi anche Di Maio, che nonostante aumenti il distacco tra la illusoria coalizione di centrodestra, in crescita, ed il M5S, invariato, nessuna formazione potrebbe raggiungere il livello di consensi che le permetterebbe di essere maggioranza in Parlamento.

Ritengo che nuove elezioni, dopo soli quattro mesi, difficilmente sarebbero comprese dall’elettorato che, indispettito ed insofferente, potrebbe far crescere anzi  l’astensionismo come, peraltro, si è registrato domenica scorsa in Friuli Venezia Giulia.

Quindi, senza una nuova legge elettorale, che magari preveda il doppio turno con un premio di maggioranza al partito vincente al ballottaggio, sarebbe solo una schizofrenia scriteriata ritornare alle urne.

Credo che di questo sia convinto anche il Capo dello Stato che, dopo oltre due mesi di stallo, dovrà trovare una soluzione, verosimilmente a tempo determinato, per affrontare le emergenze del Paese e, perché no, per predisporre una nuova legge elettorale.

Chissà che il presidente Mattarella non si senta in cuor suo responsabile, almeno in parte, di questa situazione avendo promulgato lui il “rosatellum” senza sollevare alcun dubbio costituzionale per rinviarlo alle Camere.

Eppure, anche lui si sarà reso conto, leggendola prima di promulgarla, che quella legge elettorale avrebbe provocata l'ingovernabilità del Paese.