Una premessa rivolta agli entusiasti sostenitori del Movimento 5 Stelle e del programma del Governo gialloverde. Idee e contenuti, per quanto buoni possano essere, devono essere realizzati in termini pratici ricorrendo a scelte che, immancabilmente, finiscono poi per caratterizzarli.

Facciamo un esempio. Se io in campagna elettorale promettessi di dare la minestra a tutti gli italiani, mattino e sera tutto l'anno, probabilmente vincerei le elezioni. Poi, dando un piatto di minestra, come promesso, manterrei la parola con chi mi ha dato il voto, ma se per farlo costringessi gli italiani a rinunciare a scaldarsi o ad andare in giro a piedi nudi, non sarebbe certo un buon modo per mantener fede alla promessa fatta.

Nell'intervista rilasciata da Di Maio al Corriere, riportata nel blog del Movimento con il titolo "Il Contratto di Governo va rispettato", il capo politico dei 5 Stelle non sembra aver compreso il problema che ho cercato di introdurre con il paradosso citato in precedenza: cioè, una cosa sono le promesse, altro è metterle in pratica. E nel caso uno riesca a farlo, c'è anche da considerare il come ciò venga fatto... perché il come ne caratterizzerà o meno la bontà e l'efficacia.

Delle banalità, dirà chi legge. È assolutamente vero. Però, tali banalità, Di Maio non sembra averle comprese, in base alle parole che lui ha rilasciato al Corriere, doveda una parte sembra interpretare la figura del prete e dall'altra quella del bambino capriccioso, mentre quella del politico, però, non si vede... figuriamoci quella dello statista!

Quando Di Maio fa il prete? Quando dice che è disponibilissimo a dialogare con l'Europa. In che cosa consiste il dialogo? Con il fatto che comunque il "Governo del cambiamento" non modificherà il proprio programma... dovrà essere la Commissione Ue a convincersi della sua bontà. E questo, secondo Di Maio, significherebbe dialogare! Proprio come i preti. La Chiesa è sempre disposta a dialogare... su tutto, ma non a cambiare opinione rispetto a quella già espressa in precedenza. Quello non lo farà mai.

Come riassumere tutto ciò, se non in una solenne presa in giro?

All'interno dei gruppi parlamentari del Movimento c'è del malessere da parte di alcuni parlamentari in relazione a quanto sta facendo Di Maio in generale e, in particolare, sul Decreto Sicurezza. Ma quei parlamentari devono cambiare idea, perché Di Maio vuole così. Si vota ciò che è scritto nel Contratto di Governo - dice lui - e così dovranno fare. Ma nel famoso Contratto sono indicate le modalità con cui i contenuti espressi verranno messi in pratica? No, ma per Di Maio ciò sarebbe ininfluente.

I parlamentari devono votare come lui gli dice di fare, perché sulla piattaforma Rousseau i militanti hanno votato a favore del Contratto. Ma i militanti non hanno votato come mettere in pratica i contenuti del contratto! Un punto non certo secondario che giustifica, eccome, i parlamentari 5 Stelle non convinti delle norme di Salvini sulla Sicurezza a presentare obiezioni, emendamenti e a manifestare la loro contrarietà... fino a non votare il provvedimento. Ma per il bambino Di Maio non c'è logica che tenga.

Tutti devono fare come lui ha deciso, perché è così, perché sarebbe scritto qui o sarebbe stato votato là.


Un atteggiamento fanciullesco che finisce per farlo sconfinare persino nel ridicolo e nella menzogna quando parla di grandi opere e, soprattutto del via libera alla Tap, reinterpretando le chiare promesse fatte dal Movimento in campagna elettorale e trincerandosi dietro la ridicola scusa che tali promesse fossero state fatte perché, nonostante fossero in Parlamento, i parlamentari 5 Stelle non avrebbero potuto conoscere un atto pubblico votato dal Parlamento.

In questo caso, più che come una presa in giro, le parole di Di Maio sono catalogabili come un vero e proprio insulto all'intelligenza di chi ha votato per i 5 Stelle. Di Maio fa finta di non capirlo, ma molti dei suoi elettori invece lo hano capito bene, visto il progressivo e vertiginoso calo di consensi che i sondaggi fanno registrare da quando i 5 Stelle sono al Governo.