"A Palazzo Chiggi eramo io, Tajani, Sarvini (cor video da remoto), Giorgetti, Urso, Foti, Lollo, Mantovano e Fazzolari..." detta così sembra l'inizio di una barzelletta... e poco ci manca vista la compagine di "esperti" con cui i rappresentanti delle imprese hanno dovuto confrontarsi questo pomeriggio per sapere - dopo una settimana - come diavolo Meloni e il suo governo intendessero affrontare i problemi dei settori economici maggiormente colpiti dai dazi di Trump.
Che cosa ne hanno ricavato?
Questo è ciò che Giorgia Meloni ha detto loro:
"Su li dazzi, l'Ue s'è messa d'accordo su 'na risposta che, pe' come la vedo io, serve a prepara' 'na trattativa senza fa casino. 'O dico chiaro: se 'nvece se voleva arza' er tiro, l'Italia - cioè me medesima - nun ce stava. ...La sfida da esplorare – ha proseguito la premier – è invece quella che l'Italia è stata tra le prime nazioni a promuovere, e che anche la Presidente von der Leyen lo ha ribadito ieri, ovvero la possibilità di azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti con la formula zero per zero. Credo che siamo tutti concordi nel dire che una guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti non conviene a nessuno. Dunque, la sfida è lavorare con l'Unione Europea per definire un accordo positivo che possa avere come soluzione quella di integrare ancora di più le nostre econome, invece di separarle, in un'ottica di mutuo beneficio e di crescita reciproca. Chiaramente un distanziamento dell'economia europea e di quella americana porta a una compressione e indebolimento dell'Occidente, che non è mai una buona notizia. In questo mi pare che ci sia da parte della presidente della Commissione e da parte del Commissario al Commercio che sta trattando una disponibilità.Il negoziato con gli Usa deve vederci tutti impegnati e a tutti i livelli. Vede impegnati noi e impegna me che sarò a Washington il prossimo 17 aprile e ovviamente intendo affrontare anche questa questione con il Presidente degli Stati Uniti. La Commissione europea – ha spiegato – sta incoraggiando gli Stati membri a modificare i Pnrr, individuando soluzioni per investire al meglio le risorse stanziate nel nuovo scenario, ovviamente senza ridurre l'ambizione dei piani in termini di traguardi e obiettivi da conseguire. Parallelamente la stessa Commissione, su proposta del vicepresidente Fitto, ha avviato una importante fase di riprogrammazione delle politiche di coesione che, in complementarietà con la revisione del Pnrr, potranno essere utilizzate per sostenere il nostro sistema produttivo. In ultimo potrebbero essere mobilitate le risorse del Piano sociale per il Clima, che prevedono misure per famiglie e microimprese finalizzate a sostenere la transizione energetica. Come già accaduto nel 2023 e annunciato nella campagna elettorale del 2022, il nostro Governo, in sintonia e collaborazione con la Commissione Europea, intende promuovere una revisione del PNRR. Quanto ne parlavamo nella campagna elettorale tutti ci dicevano che non era possibile farlo. Non soltanto lo abbiamo fatto ma lo hanno fatto insieme a noi tutti i singoli Paesi europei. Nel corso della revisione del 2023, come sapete, la nostra azione – ha detto ancora Meloni – si è concentrata principalmente a favore delle imprese. A fronte di una riprogrammazione complessiva di 22 miliardi di euro alle imprese sono andati circa 13,4 miliardi di euro. Come in quella occasione, vogliamo che anche oggi l'eventuale riprogrammazione delle risorse sia il frutto di un intenso lavoro di ascolto e di collaborazione con voi, che intendiamo avviare oggi. Ed è proprio nella flessibilità del Pnrr, che intendiamo chiedere alla Commissione, come già fatto nel 2023, che possiamo individuare le soluzioni per dare risposte tempestive e concrete al sistema produttivo. Abbiamo individuato nell'ambito della dotazione finanziaria del Recovery italiano e della sua prossima revisione circa 14 miliardi di euro che possono essere rimodulati per sostenere l'occupazione e aumentare l'efficienza della produttività. Una ulteriore opportunità che intendiamo cogliere è quella della revisione della politica di coesione che la scorsa settimana è stata approvata dalla Commissione su proposta del vicepresidente Fitto. Il nostro paese ha 75 miliardi di euro (42,7 europei, gli altri cofinanziamenti nazionali) da spendere fino al 2029 distinti in 26 miliardi di euro assegnati ai programmi nazionali e 43 ai programmi regionali. In questo ambito, circa 11 miliardi di euro possono essere riprogrammati a favore delle imprese, dei lavoratori e dei settori che dovessero essere più colpiti. Anche in questo caso la riprogrammazione deve essere definita d'intesa con la Commissione Europea".
Traduzione. La premier ha voluto intestarsi una possibile trattativa tra Bruxelles e Washington, che la presidente della Commissione e il commissario al Commercio hanno ribadito essere subordinata ad una serie di dazi di ritorsione che inizieranno ad applicarsi a partire da metà aprile per poi essere estesi dopo 30 giorni.
Ma la (post) camerata Meloni questo ha dimenticato di sottolinearlo, perché finalmente (per lei) verrà ricevuta il 17 aprile dal criminale idiota che è stato eletto alla Casa Bianca e parlare anche di tariffe ritorsive non avrebbe fatto curriculum per esser ricevuti a Washington. Tra l'altro, ha cercato di far passare l'accordo zero per zero sui beni industriali come un accordo globale che riguarderebbe anche altri settori economici. Ovviamente non è così.
Poi, che cosa dirà a Trump, salvo ricordargli la sua servitù già ben nota, rimane un mistero, visto che i dazi li concorda l'Ue e visto che Meloni nell'Ue ha una qualche influenza solo nell'immaginazione dei giornalisti pagati da Angelucci... ma non certo nella realtà.
Il meglio, Meloni lo ha riservato all'ultimo. A supporto delle imprese, la premier è ricorsa alle memorie di strada della borgata, al gioco delle tre carte. Non sapendo dove trovare qualche euro, almeno per pareggiare i 14 miliardi "de li communisti spagnoli", la (post) fascista Meloni ha detto che utilizzerà 14 miliardi dalle risorse del PNRR e 11 miliardi dai fondi di coesione... citando approvazioni, rimodulazioni, riprogrammazioni e quant'altro con il placet di von der Leyen, Fitto e (forse) anche Papa Francesco che, visti i miracoli economici della premier, non è sbagliato tirare in ballo (in fondo i miracoli appartengono alla sua bottega).
Naturalmente, resta da vedere se tutto questo sia possibile e, pertanto, vero. Inoltre, visto che al governo non sono in grado neppure di scrivere una norma per il verso giusto per palese incapacità, è quasi certo che se quei fondi saranno effettivamente disponibili, di fatto non potranno comunque essere spesi.