Quarant'anni fa, il 13 maggio 1978 veniva approvata la legge 180 - denominata con il nome del suo ispiratore, lo psichiatra veneziano Franco Basaglia - che introdusse un'importante revisione dell'ordinamento degli ospedali psichiatrici in Italia promuovendo, nel tempo, notevoli trasformazioni nei trattamenti sanitari sul territorio, dedicati ai pazienti con disturbi mentali.

La finalità della legge Basaglia era restituire diritti, dignità e cittadinanza a delle persone che fino a quel momento erano state emarginate, escluse dalla società, praticamente ghettizzate. Dopo la sua approvazione, migliaia di uomini e di donne internati in manicomio furono liberate, anche se gradualmente. Ma da subito la legge impedì anche che altre vi fossero rinchiusi.

Ci sono voluti venti anni dalla sua approvazione per chiudere definitivamente i manicomi. Ciò avvenne nel 1999, con un decreto dell'allora ministro della Sanità Rosy Bindi.

La legge Basaglia è stata spesso ostacolata, se non parzialmente attuata, tanto che ancora oggi molte strutture "residenziali" finiscono per essere luoghi di custodia più che di cura, dove gli "ospiti" finiscono per essere reclusi o sotto chiave o inebetiti con l'uso di farmaci.

In ogni caso, la 180 rimane comunque un esempio positivo, grazie al quale l’Italia viene considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il Paese che dispone della legislazione più avanzata per la tutela della salute delle persone con disturbi mentali.

A farne da testimone l’esistenza di numerose esperienze di strutture sparse sul territorio, che aiutano le persone a continuare a vivere nel proprio ambiente, che operano seguendo le indicazioni dei Dipartimenti di salute mentale con la fattiva collaborazione e partecipazione delle persone malate e dei loro familiari, oltre al contributo delle associazioni no profit, garantendo diritti - abitazione, lavoro, inclusione sociale, servizi nel territorio aperti h 24, accesso tempestivo alle cure - in aggiunta ad una drastica riduzione della spesa sanitaria.

Ma non c'è tempo per festeggiare. Perché oltre al continuo monitoraggio per la sua corretta applicazione, è necessario promuovere presso l'opinione pubblica una "battaglia culturale" per sradicarvi il binomio pericolosità e follia, con la conseguente discriminazione che vede penalizzate le persone con disturbi mentali e i loro familiari.

E questo perché si abbia anche la piena attuazione della 180 in relazione alla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, conquistata solo da pochi mesi, ma ancora da sviluppare, come prevede la legge 81/2014.


«Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale [...]; viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione.

Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento.

L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo.»

Franco Basaglia, La distruzione dell'ospedale psichiatrico come luogo di istituzionalizzazione.