Politica

E’ tempo che Istituzioni e Politici si misurino con i numeri (ed i numeri di riferimento sono i conti pubblici) e non con le chiacchiere (il Premier time ed il treno per Kiev docent)

E’ tempo che Istituzioni e Politici si misurino con i numeri (ed i numeri di riferimento sono i conti pubblici) e non con le chiacchiere (il Premier time ed il treno per Kiev docent)

Il Premier Giorgia Meloni, nel primo Premier time di legislatura del 7 maggio 2025, elenca le cose "fatte" che hanno riportato alla "credibilità" riconosciuta "dai mercati, dagli investitori e dai risparmiatori" (il rinnovato appeal dei titoli pubblici e il calo dello spread che ha liberato "10 miliardi che potranno essere investiti in sanità, istruzione e magari pure per allargare il sostegno ai redditi”). Il Governo procederà spedito sulle riforme (Premierato e Giustizia) ed il modello immigrazione-Albania rimane. Il dibattito parlamentare? Dai dati economici ai dazi, dai rapporti con Trump al caro bollette, alle riforme, fino alle spese per la difesa. Scaramucce verbali che il Premier liquida con “le cose vanno meglio di quando governavate voi”. Il problema dei soldi che non ci sono è limitato al finanziamento della difesa.

Il Premier Meloni dichiara: “lo dico da patriota: la libertà ha un prezzo, nel 2025 spenderemo in difesa il 2% del Pil”. Solo il senatore Carlo Calenda, puntualizza: "un grande Paese non può pensare di prendere una posta, metterci dentro le pensioni dei carabinieri e dire di aver raggiunto il 2%”. E senza soldi non si riesce a comperare il biglietto del treno per Kiev del 10 maggio 2025 e non si gioca al tavolo della roulette se mancano i soldi per comperare le fiches. Il Premier Giorgia Meloni non sale sul treno dei “volonterosi” (il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ed il premier polacco Donald Tusk in visita congiunta in Ucraina all'indomani della parata della vittoria a Mosca) perché non ha nulla di concreto da portare e non ha soldi per comprarlo. Non ha l’arsenale atomico e non ha la struttura militare. E non può fare come il cancelliere Friedrich Merz che, il 18 marzo 2025, si è fatto eliminare dal Bundestag il vincolo che impediva al debito tedesco di salire oltre lo 0,35% all’anno perché il contenimento della spesa pubblica non è più attuale con le nuove sfide geopolitiche, a cominciare dalla necessità di aumentare i budget militari (in Italia è da più di un quarto di secolo che Istituzioni e Politici si indebitano quando non trovano soldi in cassa da spendere).

Il Premier time ed il treno per Kiev confermano che è tempo di chiedere a Istituzioni e Politici perché dibattono solo di come-quanto spendere senza preoccuparsi di scassare i conti e non di come-dove trovare soldi certi prima di spendere per non scassare i conti. E’ una priorità sapere perché i conti, in particolare il debito, non sono stati governati - non sono scattati i correttivi per governarli - risultano di fatto ingovernabili. E’ una precondizione l’inventario degli errori per ri-bullonare responsabilmente l’assetto istituzionale (le riforme) e per rimettere - tenere i conti in ordine e, quindi, disporre dei soldi - dei margini di manovra che storicamente la crescita non ha assicurato e non riuscirà ad assicurare in futuro in misura sufficiente. Non è ancora chiaro perché, nonostante sia prassi che il Ministro dell’economia impedisca di spendere per mancanza di coperture e la Ragioneria generale bollini le spese solo se con adeguata copertura, i conti pubblici siano sempre più dissestati – manchino sempre soldi e, per trovarli, sia sempre necessario cantierare e concordare con la Commissione europea gli scostamenti di bilancio o chiedere deroghe al Patto di stabilità ed al rientro da Procedura di infrazione. Non è ancora chiaro perché, quando arriva la stagione primaverile dei numeri - del Dfp (Documento di finanza pubblica) ex Def (Documento di economia e finanza) – di misura del passato e di proiezione dell’agire del Governo - della Politica, Istituzioni e Politici non dibattano di numeri, non giustifichino perché, nonostante gli interventi, i conti pubblici rimangano dissestati (ed il debito cresca) e non spieghino con numeri certi (e notoriamente i numeri confliggono con le chiacchiere) come intendano veramente riassestarli.

Dopo più di un quarto di secolo di cosiddetta seconda Repubblica non è ancora chiaro perché i conti siano così dissestati ma è chiaro (lo certificano i numeri) che il Governo presieduto dal Premier Giorgia Meloni si ritrova con una camicia così corta da rischiare una multa per indecenza se oscilla anche di un solo millimetro. O oscilla in avanti mostrando il fondo schiena e si becca il richiamo della Commissione europea perché spende più soldi di quelli che dovrebbe spendere (mancato rispetto della traiettoria di rientro dalla Procedura di infrazione pattuita con il Psb – Piano strutturale di bilancio a conferma dell’incapacità di rispettare il pattuito Patto di stabilità). O oscilla all’indietro mostrando l’inguine e si becca i fischi dei contribuenti perché spende meno soldi di quelli che dovrebbe spendere trattenendosi le entrate extra (le attese sono per la riduzione generalizzata delle tasse sempre promessa) o destinandone solo una parte ai cosiddetti vulnerabili (i bonus ad alta selettività e ad irrisorio impatto sui conti per potere dichiarare “abbiamo fatto molto ma c’è ancora molto da fare”) o non finanziando i servizi, se esistono, insufficienti.

E’ chiaro che i conti pubblici scassati e la necessità di normalizzarli impongono di risolvere i problemi prevalentemente con le chiacchiere come ben evidenziato dalle celebrazioni della “Giornata del Lavoro”. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella invita Istituzioni e Politici ad interventi sulla sicurezza sul lavoro, sul lavoro per tutti ed esprime disappunto per il lavoro non dignitosamente retribuito (fortunatamente l’ha segnalato l’Organizzazione internazionale del lavoro). Il Governo (Cdm n.126) risponde concretamente appropriandosi di 650 milioni dell’Inail per cofinanziare gli interventi delle imprese in sicurezza e formazione, segnala al Presidente che il potere d’acquisto dei salari sta aumentando e calendarizza un tavolo su sicurezza e formazione. I sindacati guidano i lavoratori in piazza, ricordano che morti ed infortuni sul lavoro stanno aumentando, accusano il Governo di “non fare quello che deve fare” e minacciano la mobilitazione se non si decide a farlo, chiedono di cambiare le leggi. I Politici di maggioranza sbandierano il milione di posti di lavoro e la strategia di intervento del Governo. I Politici di opposizione sbandierano il salario minimo a 9 euro (soglia minima necessaria per consentire di vivere dignitosamente e coprire bisogni essenziali) e ricordano che in Italia ci sono oltre 4 milioni di lavoratori con salari sotto i 9 euro. In sintesi: qualche nostalgia per la scala mobile e le gabbie salariali, 4 milioni di lavoratori che sperano in un improbabile salario più alto (alzare i costi dell’anello più basso della catena porta alla revisione dei costi di tutta la catena e richiede un esame di fattibilità e dei correlati costi per neutralizzare gli effetti negativi), tavolo di concertazione per l’utilizzo dei fondi (le cose cambieranno in futuro) e fiducia nel Governo che sta già facendo (“ha aumentato il lavoro, ridotto il precariato e messo al centro la sicurezza sul posto di lavoro”) “anche se molto rimane ancora da fare” (e verrà fatto quando ci saranno i margini di manovra per fare). Il grande successo sono i segnali di disgelo tra Governo e sindacati che, nelle quattro ore di vertice a Palazzo Chigi dell’8 maggio 2025, hanno trovato alcune convergenze su come utilizzare i 650 milioni di euro aggiuntivi reperiti nei conti dell'Inail da dedicare alla sicurezza sul lavoro definita una "priorità". 

Servono soldi per rimettere in sesto i conti e Istituzioni e Politici li devono trovare ma non sanno ancora come-dove trovarli e quindi rimangono irrisolti i problemi di correggere i numeri scritti sulla lavagna dal Dfp (Documento di finanza pubblica), soprattutto di ridurre il debito (un impegno obbligato, pattuito con il Psb – il Piano strutturale di bilancio ed obiettivo inderogabile per riuscire a pagare la multa da Procedura di infrazione), di finanziare la difesa (una priorità ineludibile) e di neutralizzare i danni prodotti dalla stagione dei dazi lanciata dal Presidente Usa Donald Trump (uno scherzo inaspettato della democrazia) senza indebitarsi per non aggravare il dissesto dei conti pubblici. Il Ministro dell’economia Giorgetti spiega che il Governo è in attesa delle decisioni della Commissione europea per confezionare la ricetta che produce i soldi che servono. Il DFP (approvato nel Cdm n.123 del 9 aprile 2025) recita: “è auspicabile che il bilancio dell’UE venga utilizzato in modo innovativo a sostegno degli investimenti per la sicurezza e la difesa”. Emblematiche le perplessità, in audizione sul Dfp (senza quadro programmatico si limita a segnalare il preoccupante dissesto patologico senza proporre terapie), della Corte dei conti – dell’Upb – dell’Istat e la sollecitazione di Bankitalia a ridurre il debito pubblico (“sebbene le regole europee abbiano scelto la spesa netta come indicatore di riferimento per la sorveglianza di bilancio, questa rimane solo uno strumento intermedio; l'obiettivo ultimo è la riduzione del debito").

IlMinistro dell’economia Giorgetti spiega, in audizione sul Dfp, che è già un successo se, non avendo ancora trovato la ricetta per ridurre il debito, il mercato e la società di rating S&P premiano l’impegno a rispettare il Psb – il Piano strutturale di bilancio. E dichiara: “lo spread Btp-Bund, al netto della volatilità delle ultime settimane, evidenzia da tempo una marcata tendenza al ribasso. Anche le agenzie di rating, che già a partire dalla fine del 2023 hanno rivisto al rialzo l'outlook del Paese, stanno migliorando il giudizio sul nostro Paese, come testimoniato dal recente upgrade effettuato da S&P, particolarmente rassicurante poiché si verifica in un contesto di rallentamento dell'economia globale”. Serve comunque continuità e non sono ammesse deroghe ad una seria e responsabile politica di bilancio perché non solo riduce lo spread e migliora il rating ma contribuisce a vincere la ritrosia dei Partner all’emissione di eurobond ed alla gestione non commissariata dell’eventuale debito extra Patto. Emblematico che il Ministro dell’economia Giorgetti, il 12 aprile quando S&P alza il rating da BBB a BBB+ con outlook stabile, esulti (“il giudizio di S&P premia la serietà dell’approccio del governo italiano alla politica di bilancio; nel clima generale di incertezza, prudenza e responsabilità continueranno a essere la nostra linea di azione”). Ma altrettanto emblematico che, a chiusura dell’Ecofin informale di Varsavia, aggiunga che il premio è “inaspettato” anche se meritato per l’impegno nel rispetto del Patto.

Infatti S&P non premia i conti in ordine ma solo l’impegno a metterli in ordine e pretende che siano messi in ordine. Il governatore di Bankitalia Panetta, al festival di Trento del 12 aprile, conferma spiegando di non essere stupito del rating perché "è cambiato il modo di condurre i conti pubblici" che negli ultimi anni sono stati gestiti con ragionevolezza ma, soprattutto, perché "rispetto a 15 anni fa quando ci fu il peggioramento dei rating dell'Italia" le condizioni della nostra economia sono cambiate ("se venti anni fa l'Italia aveva una posizione sull'estero debitoria, oggi siamo passati a una posizione netta pari a 10 punti di Pil; è una cosa enorme che è successa senza una crisi dell'economia, ma con il miglioramento della crescita e delle esportazioni”). S&P spiega, con le motivazioni del rating, che premia il credito – l’economia – il risparmio privato - la stabilità di Governo (solo se permarrà il sostegno pubblico e la fiducia di consumatori ed imprese) ed apprezza la serietà dell’approccio di bilancio ma aggiunge che il rating verrà abbassato se lo “shock commerciale in corso causato dai dazi statunitensi minasse in modo significativo la fiducia dei consumatori e delle imprese, nonché la bilancia dei pagamenti e le posizioni di bilancio", al contrario, verrà alzato se “l'Italia continuasse a ridurre il proprio disavanzo, portando il debito pubblico in rapporto al pil su una solida traiettoria discendente, o se la crescita economica potenziale migliorasse in modo sostenibile oltre l'1%”. 

Se Istituzioni e Politici non si chiedono – non scoprono perché mancano sempre soldi e non trovano la ricetta che produce soldi senza continuare ad indebitarsi (il debito non potrà più crescere all’infinito) per rimettere in ordine i conti (il Psb-Piano strutturale di bilancio non ammette deroghe, è necessario rientrare dalla Procedura di infrazione e le società di rating ci guardano), per finanziare la sicurezza – la difesa (un impegno non ben quantificato ma comunque ineludibile) e per neutralizzare l’impatto negativo dei dazi (la speranza è che “l'Europa “riesca a tutelare non solo gli interessi europei ma anche gli interessi italiani in Europa perché purtroppo abbiamo delle economie e delle agricolture diverse") saranno guai per i contribuenti (già predestinati a pagare il conto del risanamento del passato e della ricetta).

Autore albefederico
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