Mercoledì, in una lettera inviata ai propri azionisti, l'ad di Apple, Tim Cook, ha fatto sapere che la domanda di iPhone in Cina è calata e che ciò avrebbe influito negativamente sulle entrate del trimestre di ottobre-dicembre che si dovrebbero attestare a circa 84 miliardi di dollari, 7 in meno rispetto a quanto avevano previsto gli analisti.
In fondo, niente di così trascendentale. Apple a inizio 2018 aveva in Cina una quota di mercato del 15%. Nel periodo luglio-settembre era scesa a circa il 9%. Il motivo? I nuovi iPhone sono molto costosi, circa 10mila yuan, e gli acquirenti cinesi non hanno il denaro sufficiente per spendere così tanto per un telefono che ha funzionalità elevate sì, ma non esclusive.
E così molti utenti, che magari in un primo momento erano intenzionati ad acquistare i nuovi iPhone, si sono invece indirizzati verso i prodotti dei marchi cinesi concorrenti, come ad esempio Huawei, che offrono le stesse funzionalità ma a prezzi decisamente più abbordabili, oppure comprano dei vecchi modelli Apple usati o aggiornano quelli già in loro possesso, cambiando batteria e installando l'ultima versione del sistema operativo. In tutti i casi, il fatturato Apple ne ha risentito.
In più, la guerra commerciale in atto tra Pechino e Washington, al di là dei problemi pratici e finanziari che può aver causato ai fornitori e alla produzione degli iPhone, ha anche alimentato delle spinte nazionalistiche che non giovano in generale ai produttori americani che devono vendere la loro merce in Cina.
Le azioni Apple hanno perso fino all'11%, ma la notizia ha causato un ribasso generalizzato sui mercati azionari e non solo quelli americani.