Più si avvicina la scadenza del prossimo appuntamento elettorale negli Stati Uniti, più aumenta l'attenzione di Donald Trump sui media... senza dimenticare gli scandali, presunti o tali, che lo interessano direttamente.

Così, questo martedì il presidente Usa se ne è uscito accusando Google di manipolare i risultati del suo motore di ricerca perché darebbe rilievo solo alle notizie che da Trump sono state definite false. Per tale motivo Trump ha detto che darà un colpo a Google, senza però fornire dettagli in merito.

Da parte sua, Google ha risposto con un comunicato dichiarando che il proprio motore di ricerca non è finalizzato per definire un'agenda politica e i risultati non sono mostrati per favorire o sfavorire una parte politica o per manipolare le convinzioni degli utenti.

Come è ormai noto, sebbene l'algoritmo di Google sia segreto, se ne conoscono però i principi alla base del suo funzionamento e tra questi quello che determina la visibilità di un sito, rispetto ad altri, in base al numero di collegamenti alle pagine in esso contenute. Ci sono poi altre centinaia di fattori... che però, in base a quanto sostiene Trump, sembrano favorire soprattutto, se non unicamente, i siti che parlano male di lui!

 

 


Minacciare le aziende in funzione delle necessità della propria propaganda sembra diventato un must nella politica di molti Paesi. Quindi, dichiarazioni come quella di Trump sono ormai diventate la quotidianità e finiscono per essere considerate normali. Eppure, così non dovrebbe essere.

Trump ha minacciato ritorsioni nei confronti di un'azienda perché non pubblicherebbe notizie che gli facciano comodo. È evidente, che in tale dichiarazione, è implicita anche l'affermazione contraria: che solo parlando bene di lui si farebbe correttamente il proprio lavoro.

E questo dovrebbe essere considerato un principio alla base di una democrazia?