A seguito delle nuove tariffe doganali annunciate ieri da Trump, tutti e tre i principali indici di borsa degli Stati Uniti giovedì hanno aperto in forte ribasso: Nasdaq -4,5%, S&P 500 -3,4% e Dow Jones -2,7%. Anche il dollaro non è stato da meno toccando i minimi degli ultimi sei mesi, scendendo di almeno il 2,2% rispetto alle altre principali valute.
Le azioni Apple sono attualmente in ribasso del 9%, con la capitalizzazione di mercato che da quota 3,367 trilioni scende a circa 3,07 trilioni di dollari. Quelle di Nike sono calate fin oltre il 10%, mentre mentre quelle di Amazon e Goldman Sachs hanno entrambe perso circa il 6%.
Perché prendere ad esempio il titolo della Mela? Perché la situazione di Apple è la stessa di molte altre aziende statunitensi, operanti in tutti i settori e non solo del settore Hi-Tech, che hanno portato la produzione dei loro prodotti in India, Vietnam, Cina, ecc. per massimizzare i profitti, visto che da quelle parti il costo del lavoro è più basso.
Apple sarà danneggiata dai nuovi dazi statunitensi sulle importazioni da Cina, Taiwan, India e Vietnam, poiché gran parte della sua produzione e della sua filiera di fornitura si trova nella regione Asia-Pacifico.
Apple realizza il 90% dei suoi prodotti in Cina, con il 10% in altri paesi asiatici come Vietnam e India. A questi paesi sono state imposte le tariffe doganali più alte, quindi iPhone e Apple Watch potrebbero aumentare di prezzo, colpendo in modo significativo i profitti dell'azienda. Spostare la produzione negli Stati Uniti non è né facile, né economico. Inoltre, non potrà neppure avvenire in pochi mesi.
Quindi, è probabile che le tariffe creino anche una forte riduzione della domanda, il che significa tagli alla spesa per tutto ciò che a cascata è connesso all'hardware, ad esempio software e cloud.
E, naturalmente, il problema non riguarderà solo Apple, con Alphabet e Meta che rischiano di registrare una diminuzione nella domanda della pubblicità digitale.
Da ribadire che l'esempio di Apple è solo uno dei tanti esempi di come i dazi di Trump creeranno problemi ad un settore economico. Ma la stessa cosa riguarda anche altri settori, a partire dall'abbigliamento. Per rendersene conto basti vedere l'andamento del titolo Nike.
Contrariamente a quanto affermato da Trump che i dazi creeranno posti di lavoro, la NAM (National Association of Manufacturers) ha affermato che le nuove tariffe doganali "minacciano gli investimenti, i posti di lavoro, le catene di fornitura e, di conseguenza, la capacità dell'America di competere con altre nazioni e di affermarsi come superpotenza manifatturiera preminente".
I dazi sembrano anche impopolari tra gli elettori. Un sondaggio pubblicato mercoledì prima dell'annuncio di Trump ha rilevato che solo il 28% degli americani ritiene che i dazi aiutino l'economia, mentre il 58% ritiene che saranno dannosi. Ma nel suo discorso di ieri, Trump non ha mostrato dubbi in proposito.
E a confermarlo, le dichiarazioni odierne del segretario al Commercio Howard Lutnick che, intervistato dalla CNN, ha affermato: "Il presidente non tornerà indietro rispetto a quanto annunciato ieri. Non tornerà indietro".
Alcuni analisti prevedono che la crescita economica degli Stati Uniti potrà ridursi dall'1% al 2%, mentre l'inflazione salirà. Ciò causerà una stagflazione per l'economia degli Stati Uniti. Le esportazioni caleranno, con Asia ed Europa che maggiormente ne subiranno le conseguenze. Insomma... Trump sta scatenando una guerra commerciale in cui solo caos e miseria potranno esserne i vincitori. Questo è ormai evidente. Quello che ancora è da capire il fine di tutto questo, se un fine esiste, visto che anche gli Stati Uniti ne subiranno le conseguenze, oltretutto maggiori, sia perché non esiste un welfare pubblico, sia perché il poco che c'è è stato tagliato dal DOGE.