L'Australia ha intenzione di licenziare una nuova legge che imporrebbe ai giganti Internet di stipulare degli accordi commerciali ad hoc con "tutte" le testate giornalistiche di cui vorranno pubblicare le notizie. 

Google, che anche in Australia detiene una quota di mercato superiore al 90% in relazione all'utilizzo del suo motore di ricerca, è stata chiara in proposito: se la legge verrà approvata,. l'azienda californiana abbandonerà l'Australia.

Che cosa significhi in concreto lasciare l'Australia, però, Google non lo ha precisato. Le opzioni, infatti, sono molteplici e vanno dall'impedire agli utenti australiani di accedere al proprio motore di ricerca, fino alla possibilità di rendere inaccessibili anche servizi come posta, mappe e altri.

In Australia Google ha ricavi, soprattutto grazie alla pubblicità, per circa 3,7 miliardi di dollari (USD), anche se gli utili non superano i 135 milioni. I dati si riferiscono al 2019.

I legislatori australiani, però, alla minaccia di Google non hanno dato peso e sembrano intenzionati ad andare avanti per la loro strada, rendendo effettiva una legge che sarebbe molto più rigida di quella promossa dal Parlamento europeo e che i vari Stati dell'Ue, singolarmente, dovranno poi recepire.

Il progressivo diffondersi del digitale ha colpito la carta stampata, con molti editori che hanno iniziato a pubblicare le notizie solo on-line, con un conseguente taglio di posti di lavoro. Questo è accaduto e sta accadendo in ogni parte del mondo.

L'Australia ha pensato di supportare gli editori facendo pagare i Big Tech di Internet, senza però specificare quanto, lasciando che la questione venga risolta con una contrattazione tra le parti che, in caso di mancato accordo, verrebbe definita davanti ad un giudice.

Al di là dei costi, a spaventare Google (e probabilmente non solo Google) sarebbero anche gli aspetti burocratici relativi alla definizione di accordi con ogni singolo editore.

C'è infine un'ulteriore questione da considerare. Questa legge favorirebbe i grandi editori... ma i piccoli editori potrebbero avere gli stessi benefici?