L'inchiesta sulla "donazione" di Dama alla regione Lombardia va avanti
No. Gli amici di Salvini, stavolta, non sono stati informati con i titoloni accompagnati dai soliti pazzesco, incredibile, incapaci ed altro che caratterizzano i suoi account social in relazione alla notizia che l'indagine sulla fornitura di camici e altro materiale per l'emergenza Covid alle regione Lombardia, per un valore di 513 mila euro, sta andando avanti.
Secondo gli inquirenti, quella della Dama - società di cui la moglie del presidente della regione Attilio Fontana detiene una quota e che è gestita dal cognato Andrea Dini - non sarebbe stata una donazione, ma una vera e propria fornitura ottenuta, però, con affidamento diretto, senza gara.
Secondo fonti stampa, i pm Paolo Filippini e Luigi Furno, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, avrebbero indagato per il reato di turbata libertà nella scelta del contraente il cognato di Fontana, Andrea Dini, e il dg di Aria spa - la centrale acquisti della regione Lombardia - Filippo Bongiovanni.
La regione e l'azienda Dama hanno parlato della vicenda definendola una donazione. La Dama, però, il 16 aprile ha prima emesso una fattura di 513mila euro alla regione, salvo poi, quando la notizia della fornitura è diventata di dominio pubblico, emettere alcuni giorni una nota di credito che, in pratica, annullava in gran parte l'importo della precedente fattura.
In una dichiarazione tv alla trasmissione Report, Andrea Dini aveva parlato dell'emissione della fattura come di una svista amministrativa causata dal fatto che lui non era presente in azienda. Svista sanata successivamente dall'emissione della nota di credito, artificio contabile corretto, per annullare una fattura.