La necessità di passare da fonti energetiche di carattere fossile a quelle verdi è avvertita in tutto il mondo. Anche i paesi emergenti lo sanno, ma purtroppo si trovano di fronte a un grosso problema. Affrontare i costi di questo processo di transizione è durissima, per quei paesi che hanno già un bilancio pubblico molto pesante e indebitato.
Non a caso i mercati emergenti vengono visti come uno dei colli di bottiglia per quanto riguarda i progetti in favore del clima, con quasi 800 milioni di persone in questi territori, ad oggi non ha alcun accesso all’elettricità.
Pertanto, la transizione verso fonti di energia pulita non è quindi solo una questione di impegno, ma anche di superamento di oggettive difficoltà.
Secondo l’International Energy Association (IEA) i costi di conversione sono stimabili complessivamente in 30mila miliardi di dollari, di cui il 20% dovrebbe interessare i Paesi più poveri, per i quali, però, è difficile, se non impossibile, ottenere dei finanziamenti di tale portata, visto che si tratta di realtà molto indebitate.
In alcuni casi c’è un vantaggio rappresentato dal possesso di notevoli risorse naturali. Si pensi al nichel e rame, necessarie per la transizione verso l’energia green. Ma anche il litio e il cobalto.