È morta nella notte a Roma la nostra Rossana Rossanda. Aveva 96 anni. Ricorderemo la nostra fondatrice sul giornale in edicola martedì.
Questa la breve nota pubblicata domenica, insieme alla foto riprodotta in alto, sul sito de il manifesto con cui il quotidiano comunista ha annunciato la morte di quella che è stata una dei fondatori del giornale (all'inizio nato come mensile), avvenuta alla fine degli anni '60 ad opera di alcuni esponenti della sinistra espulsi dal Partito Comunista Italiano.
Rossana Rossanda, nata a Pola il 23 aprile 1924, era cresciuta a Milano, dove tra il 1937 ed il 1940 frequentò il liceo classico Alessandro Manzoni e in seguito partecipò alla Resistenza, quando era iscritta alla facoltà di filosofia della Statale.
Nel 1958 entrò nel Comitato centrale del PCI a cui si era iscritta alla fine del conflitto e dal 1963 al 1966 ne diresse la sezione culturale. Deputata alla Camera (1963-68), partecipò nel 1969 alla fondazione del mensile il manifesto. Accusata di "frazionismo", fu radiata dal PCI. Contribuì quindi alla costituzione del movimento politico de il manifesto militando poi nel PdUP (1976-79).
Dopo essere stata tra i fondatori oltre ad esserne stata direttrice, la Rossanda lasciò il giornale nel 2012 per discrepanze con la nuova direzione.
Queste alcune delle sue pubblicazioni: L'anno degli studenti (1968); Le altre (1980); Un viaggio inutile o la politica come educazione sentimentale (1981); Anche per me (1987); Note a margine (1996); Brigate rosse. Una storia italiana (con C. Mosca e M. Moretti, 1998).
Ha curato, insieme a Pietro Ingrao, la raccolta di saggi Appuntamenti di fine secolo (1995). Nel 2005 ha pubblicato la sua autobiografia, La ragazza del secolo scorso, mentre della sua produzione più recente occorre citare La perdita (con M. Fraire, 2008), Quando si pensava in grande, Tracce di un secolo, Colloqui con venti testimoni del Novecento (2013) e Questo corpo che mi abita (2018).
Così il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha voluto commentare la notizia:
Da ricordare però a Nicola Zingaretti che un conto sono le parole, altro sono i fatti... come dimostra l'incoerente ipocrisia sua personale, del suo partito e del Governo che il PD sostiene.