Appio Claudio il Cieco (350 a.C. - 271 a. C.) censore e, tra le altre cose, console, non senza la vedetta degli dei - secondo la legenda - accecato per alcune irrituali riforme religiose, dopo aver costruito acquedotto e strada aventi il suo nome, freme nella tomba. Ultimo viaggiatore ad aver fatto di ciò una accurata ricognizione resta lo scrittore Paolo Rumiz, il quale, rigoroso ed attento pellegrino, a piedi, ne ha rilevate le estreme condizioni di splendida conservazione, di distruzione di notevoli tratti, e di scandalose usurpazioni. Fiumi di inchiostro, però, sono stati versati per celebrare la grandiosità di questa infrastruttura, impresa che sfida i millenni, da Roma a Brindisi. 


Lo scopo di questo contributo è invece quello di porre l’attenzione su un breve tratto che, nell’istmo salentino, conclude il viaggio a circa 30 km da Brindisi. Si tratta della superstrada che qui non ricalca il primitivo tracciato, ma interseca un tratturo della transumanza, costeggia il confine tra TA e BR, ed ha sacrificato alla sede stradale e distrutto una luogo di culto: la cappella extraurbana di San Cataldo, nella complice indifferenza di autorità civili, religiose e di sorveglianza del Ministero dei Beni Culturali. 


Qualcuno, con cinismo realistico, però ammette che per costruire il nuovo qualcosa di antico vada perduto. Quello che invece non va consentito è la damnatio memoriae, perpetrata dall’homo politicus, che all’uscita tra Grottaglie e Francavilla Fontana segnala la suggestiva indicazione Fonti di Strabone - Pezza Petrosa (parco archeologico), e quindi il paese di Villa Castelli (Br) che le detiene nel suo territorio. 


Si tratta di un falso storico gratuitamente acquisito dalla sprovvedutezza dell’Anas, nonché in modo acritico sdoganato dalla popolazione del circondario, capace perciò di creare confusionari e devianti effetti. Si tratta, in verità, delle Fonti del Canale Reale, sito demaniale dell’agro di Villa Castelli, uno tra i pochissimi corsi d’acqua superficiali in Puglia. Attraversa i comuni del versante istmico orientale salentino, dunque Francavilla Fontana, Latiano, Mesagne, per terminare a nord di Brindisi, nell’oasi del WWF di Torre Guaceto, vero santuario della natura, sito di interesse comunitario. 


L’escursione del citato scrittore Rumiz non rilevava quanto in questo intervento si denuncia perché ricercava il vero tracciato dell’Appia. Ma neanche A.V. Greco, in un contribuito pubblicato in “Riflessioni - Umanesimo della Pietra, 2019 M.F.”, in ricognizione nel tema ‘Parco delle Gravine’ se ne è data ragione, rilevando appena la “disinvolta interpretazione della Geographia di Strabone”, il quale, in verità, cercava di ubicare la Rudiae di Quinto Ennio, rivendicata anche nel sito di Pezza Petrosa (… altra storia…).


Giova, invece, citare quanto scritto dagli storici A) Pietro Palumbo - in “Storia di Francavilla”; Borri-Selicato in “Masserie di Puglia”; C) Feliciano Argentina in “La Città Natia”. Ossia: 1) La vera denominazione del corso d’acqua è Canale Reale (in gergo francavillese ‘lu riali’), con le sorgenti tra le località Fallacchia, Tagliavanti, Madonna dei Grani; 2) Altra denominazione è Fiume Pactius / Ausonio, dalla Tabula Peutingeriana

e della Historia Naturalis di Plinio Il Vecchio; 3) Altra denominazione è quella di Padanaglione, nelle mappe del Catasto, che allude forse alle caratteristiche paludose del luogo.


Quello che va pure denunciato è lo stato dei luoghi, soggetto, pare, ad eccesso di prelievo di acqua per scopi agricoli, inquinamenti vari, vegetazione invadente, impoverimento della portata idrica e disinteresse delle autorità preposte. La risorsa idrica, di perenne attualità, ha sempre generato pesanti questioni. Non a caso le sorgenti del Canale Reale sono state al centro di contenzioso negli scorsi secoli quando, il cosiddetto Passaturo dei Cegliesi alias Garofalo, interessò i Tribunali di ben 3 casate: i Caracciolo di Martina, i duchi di Ceglie e gli Imperiali di Francavilla, ma questa è altra storia.


Vale infine ricordare il visionario progetto di idrovia a duplice soluzione nel solco istmico del Canale Reale, da Torre Guaceto verso le Salinelle di Taranto, concepito durante gli anni del Ventennio, e saggiamente, diremmo, accantonato. Saranno diligenti a ripristinare nella segnaletica il vero nome “Sorgente del Canale Reale”, raccontato dunque la verità al viandante?  Nelle prospettive delle celebrazioni e valorizzazioni della Via Appia, forse è questo è il momento giusto per un proficuo utilizzo delle risorse economiche stanziate.


Nicola Cavallo (da Villa Castelli)