Esteri

Divisioni nel Partito Repubblicano nella corsa alle presidenziali Usa

Negli Stati Uniti i vertici del Partito Repubblicano si trovano di fronte ad una situazione senza precedenti nella scelta del candidato da sostenere per la corsa alla nomination per le presidenziali del prossimo novembre.

Donald Trump sta riscuotendo la maggioranza del consenso popolare, ma non è assolutamente gradito all'establishment repubblicano, che non nasconde la sua preferenza per Marco Rubio.

Reince Priebus, presidente del Comitato Nazionale Repubblicano (RNC), in una riunione degli attivisti conservatori, si è detto certo che si arriverà alla convention repubblicana dell'estate prossima con un chiaro vincitore. 

In realtà, i meccanismi che stanno alla base della scelta del candidato alla convention prevedono che i delegati votino obbligatoriamente secondo il mandato ricevuto dagli elettori del loro stato, solo alla prima votazione. Successivamente sono liberi di fare le loro scelte. Le regole sono cambiate dopo la combattuta convention del 1976, che vide di fronte Gerald Ford e Ronald Reagan. A partire dalla seconda fase, un qualsiasi candidato che abbia ottenuto la maggioranza in almeno otto stati, può essere votato dai delegati.

Secondo alcuni commentatori, sarebbe questo lo scenario auspicato da Mitt Romney, già candidato repubblicano nel 2012 nella corsa contro Obama. In questo quadro rientrerebbe il discorso che ha tenuto giovedì scorso all'Università dello Utah, in cui ha definito Trump un imbroglione, una minaccia alla democrazia ed un uomo completamente inadatto a ricoprire il ruolo di presidente degli Stati Uniti.

Romney ha criticato le posizioni dell'immobiliarista miliardario in termini di economia e politica estera. Il suo nazionalismo in economia finirebbe per innescare una guerra commerciale, che porterebbe ad un aumento dei prezzi al consumo, taglierebbe posti di lavoro e indurrebbe molti investitori ad abbandonare l'America.

L'ex-candidato repubblicano non ha mancato anche di ridicolizzare il Trump, che afferma di volere mettere al servizio del paese le sue doti di imprenditore, ricordando gli insuccessi di alcune delle sue iniziative, come le Trump Airlines, la Trump University, la Trump Vodka, ecc.

Intanto, i tre principali candidati repubblicani, Donald Trump, Ted Cruz e Marco Rubio, continuano nelle loro sfide televisive, il cui livello sta progressivamente scadendo, come nel caso di quello tenutosi giovedì scorso, costellato da offese e attacchi personali, in cui il dibattito politico è stato relegato in secondo piano.

La stampa americana, nel frattempo, si è accorta che Trump dice tutto ed il contrario di tutto, smentendo se stesso, e che le sue affermazioni spesso non corrispondono a verità. Ad esempio, prima ha sostenuto che l'invio di truppe in Afghanistan era stato un errore, salvo negare di averlo mai detto in un'intervista di pochi giorni dopo.

Il Fact Checker di PolitiFact, un'iniziativa del Tampa Bay Times, ha riscontrato che la veridicità delle affermazioni di  Donald Trump è dell'uno per cento.

Ma per Trump ci sono anche guai giudiziari in vista. Il procuratore di New York sta indagando sulla cosiddetta Trump University, che potrebbe rivelarsi una truffa, dal momento che gli studenti, a fronte di rette esorbitanti, non hanno ricevuto la promessa "alta formazione" nel campo della gestione di patrimoni immobiliari.

Oggi è ancora tempo di primarie. I Democratici si affrontano in Kansas, Louisiana e Nebraska, mentre per i Repubblicani è il momento di Kansas, Kentucky, Louisiana e Maine.

Autore Federico Mattei
Categoria Esteri
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