Continuano le discese sui principali mercati azionari, ormai coscienti della direzione intrapresa da più di 10 mesi. L’ estate ha portato un po' di leggerezza ed irrazionalità: come scrivevo in questo articolo di inizio agosto, il rendimento reale dei bond gioca quest’anno più che mai un ruolo fondamentale per i mercati. Un real yeld che continua a salire spingerà inevitabilmente il settore azionario al ribasso e porterà il mercato ad osservare la dinamica degli utili societari per capire se il comparto dell’equity sia cheap oppure sia caro. La nostra bussola ha parlato chiaro (più la FED in realtà) ed il mercato ha capito la sua direzione dopo l’incontro di Jackson Hall tenutosi a fine agosto.
Pongo l’attenzione su una divergenza che sta alla base del concetto di irrazionalità: in un contesto come quello odierno, governato da inflazione, politica monetaria restrittiva ed alta volatilità, la parola che regna è incertezza e la conseguente strategia operativa si traduce in risk-off. L’ irrazionalità del momento è visibile all’interno delle dinamiche inter-market, dove sfocia in acquisto/vendita di tutti i comparti indipendentemente del rischio. Un mercato sano, cosciente di ciò che sta accadendo, dovrebbe dosare il rischio acquistando/vendendo in maniera diversa gli asset aventi tra di loro profili rischio-rendimento differenti. Il grafico mostra come tassi d’interesse reale e mercato azionario, nei momenti di rimbalzo di quest’ultimo, abbiano avuto una correlazione positiva, dimostrando tutta l’irrazionalità del momento. Se i rendimenti reali dei bond salgono, a parità di utili, il mercato azionario deve scendere di prezzo per tornare in equilibrio.
Oggi ci troviamo ai minimi di giugno, là dove eravamo partiti. L’ inflazione (8,3%) sta lentamente scendendo, anche se la componente CORE risulta essere molto vischiosa attestandosi al 6,3%, il dato maggiore da marzo 2022. Il mercato del lavoro continua a persistere, portando addirittura dati sui salari in crescita. L’indice dei prezzi alla produzione USA si è attestato al 8,5% nell’ultima lettura uscita oggi leggermente al di sopra delle attese (8,4%), mentre il prezzo delle materie prime ancora rimane a livelli sostenuti, aspetto non da sottovalutare.
Domani esce il CPI USA, mentre la FED parlerà il 2 novembre. Questa non mollerà a breve la sua presa, le aspettative (troppo positive) di un taglio dei tassi a partire da marzo 2023 sono sfumate nel nulla ed il mercato ad oggi non ha punti di riferimento temporali. La direzione è chiara, ma non il quando. Ultimo aspetto poco chiacchierato a mio avviso è quello della liquidità, ma di questo ne parlerò più approfonditamente in un altro articolo. Intanto vi lascio un grafico.
I tassi a 10Y stanno aspettando, sono giunti ad un doppio massimo attorno al 4% di rendimento. Alle condizione attuali, probabile che vedremo un ulteriore salita dei rendimenti fino a quota 4,50%; il comparto dell’equity si trova nei pressi dei minimi annuali. La teoria del ciclo economico sembra essere seguita alla lettera. Questa per chiudersi vorrebbe un minimo dei bond e solo successivamente il minimo dell’azionario, ed un’accelerata al ribasso del comparto delle materie prime, ancora troppo resilienti per ripartire.