Siamo ad una settimana di distanza dal discorso tenuto da Powell durante l'ultima riunione del FOMC. Come già detto, il nodo centrale che determinerà gli sviluppi dei mercati finanziari nel prossimo futuro è il dato dell’inflazione e tutti i dati ad esso collegati. In particolar modo, le prossime letture, riferibili ai mesi di luglio/agosto/settembre, saranno fondamentali in quanto vedremo chiaramente gli effetti del calo delle materie prime e come questo sia stato assorbito dalle aziende, alle quali dovrebbero cominciare a calare i costi legati alle catane di produzione.
Oggi voglio porre la mia attenzione su un indicatore strettamente collegato all’inflazione: i rendimenti reali. Questi sono pari alla differenza tra i rendimenti nominali ed il valore dell’inflazione. Ovviamente, con un’inflazione quasi in doppia cifra, oggi i rendimenti reali collegati al mondo dei bonds sono tutti negativi. Tuttavia, i mercati guardano avanti e dunque i due indicatori che è opportuno guardare sono quelli riguardanti i rendimenti reali attesi dal mercato, ottenuti come differenza tra i rendimenti nominali odierni e le aspettative d’inflazione.
Prendiamo in considerazione i rendimenti reali attesi a 10 anni. Affinché il rendimento dei bonds in questione sia appetibile per gli investitori, il rendimento reale offerto da questi deve essere necessariamente maggiore di zero. Come si vede dal grafico, da maggio questo è stato sempre positivo ed in quest’ultimo periodo, durante il quale il rendimento nominale dei bond è sceso in maniera significativa, quello reale si era avvicinato allo 0%. La reazione del mercato è stata una vendita dei bonds che ha provocato un aumento del rendimento. Dunque, affinché gli investitori inseriscano nei loro portafogli delle obbligazioni, condizione necessaria per farlo è quella che il rendimento reale sia positivo.
Di questo andamento, ne ha risentito anche l’oro che, in quanto safe-asset, risente dell’aumento dei tassi reali perché concorrente delle obbligazioni. Difatti, dopo essere giunto su un importante supporto in area 1680$, ha rimbalzato grazie anche al calo dei rendimenti reali, verso i quali ha una correlazione inversa, rendendolo più appetibile per gli investitori.
Ed il mercato azionario come vive questo momento? Dal grafico si può vedere come l’andamento dell’S&P 500 sia opposto a quello dei rendimenti reali. Non appena quest’ultimi hanno iniziato a calare, gli investitori (accompagnati anche da una narrativa diversa da parte della FED, cambiamento di sentiment, chiusure di posizioni shorts e forse paura di perdere il treno) si sono diretti verso il mercato azionario, il quale ha messo a segno un rimbalzo molto forte ed è ora giunto su un’importante area di supporto dopo aver segnato un +14% dal minimo di metà giugno.
La narrativa ed il sentiment sono cambiati, tuttavia l'ultimo dato da tenere in considerazione in questo scenario è il premio al rischio richiesto dagli investitori al mercato. Questo consiste nel maggior rendimento che gli investitori sono disposti ad accettare, rispetto al tasso risk-free, per investire in un mercato rischioso. Maggiori rendimenti reali dei bonds portano ad un maggior premio al rischio per il mercato azionario, il quale deve generare maggiore redditività per gli investitori che decidono di assumersi più rischi. Le trimestrali non stanno andando male, ma il recente rimbalzo dell'azionario lo ha portato ad essere più caro rispetto ad inizio giugno, il che vuol dire che gli utili stanno sì salendo, ma il prezzo sta andando ad una maggiore velocità.