Alla Camera, in Commissione Lavoro, è proseguita la discussione sul salario minimo. Di seguito sono riassunti gli interventi di alcuni dei  parlamentari delle opposizioni a supporto della proposta di legge (C. 1275) con cui se ne chiede l'introduzione.


Nicola FRATOIANNI (AVS), esprimendo sconcerto per la scelta della maggioranza, da un lato, di soffocare ogni possibilità di dialogo con la presentazione di un emendamento soppressivo, dall'altro, con la richiesta di rinviare il dibattito a settembre – dopo ben quattro mesi di audizioni –, ricorda che la citata direttiva europea non esclude l'introduzione del salario minimo nei Paesi dove esiste la contrattazione collettiva, ma semplicemente non lo impone come obbligo.

Evidenzia, altresì, l'inconsistenza delle obiezioni, sia sul piano del metodo sia sotto il profilo del merito, a conferma che l'emergenza salariale rappresenta un dato inconfutabile, a cui la maggioranza può opporre soltanto la sua ideologica avversione verso la povertà, erroneamente intesa come una colpa. Ribadisce, dunque, l'impegno a proseguire, sia nel Parlamento sia nel Paese, la battaglia per introdurre questo strumento essenziale di equità sociale che, in base agli ultimi sondaggi, raccoglie il consenso del 70 per cento degli italiani.

A suo avviso, si tratterebbe del primo, importante tassello per sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione, a cui affiancare ulteriori provvedimenti in materia di riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, indicizzazione degli stipendi e disciplina sulla rappresentanza sindacale.


Maria Cecilia GUERRA (PD-IDP)
fa notare che la maggioranza, che si sottrae al confronto presentando un emendamento soppressivo dell'articolato, è invece molto attiva nel mondo dei social, rilasciando dichiarazioni che dimostrano come non si conosca il contenuto effettivo della proposta di legge C. 1275. Non comprende poi come sia possibile approvare una legge sull'equo compenso per i professionisti ed essere invece contrari sul salario minimo, che, peraltro, non riguarderebbe soltanto i lavoratori dipendenti, ma anche gli autonomi e gli atipici.

Nel dimostrare le falsità di alcune affermazioni rese contro la proposta di legge C. 1275, fa notare che l'articolo 2 di tale proposta prevede, da un lato, un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore nel settore stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative, dunque stabilendo l'efficacia erga omnes di tali contratti collettivi, non precludendo la stipulazione di contratti più favorevoli, dall'altro, fissa una soglia di 9 euro, riferita al minimo tabellare, sotto alla quale non è possibile andare.

Richiamando alcune analisi svolte dai consulenti del lavoro, fa notare che il contenuto di tale proposta non incentiverà alcuna fuga dalla contrattazione collettiva, preoccupandosi di rafforzarla, pur pretendendo il rispetto di taluni parametri minimi. Ritiene pertanto che molto del dibattito si sia incentrato su una errata interpretazione del contenuto della proposta di legge C. 1275, ignorandosi che tale proposta da un alto fa riferimento al trattamento complessivo, rimesso alla contrattazione collettiva, dall'altro fissa per legge una soglia riferita al trattamento minimo, per tutelare la dignità dei lavoratori.

Ritiene siano strumentali anche le critiche rivolte ad una presunta mancanza di copertura della proposta di legge, atteso che l'articolo 7 si limita a rinviare alla legge di bilancio per il 2024 la definizione di un beneficio in favore dei datori di lavoro, per un periodo di tempo definito e in misura progressivamente decrescente, proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all'importo di 9 euro. Osservato, in ogni caso, che tale aspetto potrà essere al momento accantonato per essere poi definito con più certezza in altre sedi, invita i gruppi di maggioranza a rimanere sul merito delle questioni, rilevando peraltro che la proposta prevede anche una disciplina transitoria proprio al fine di dare tempo alle imprese di adeguarsi.

A chi della maggioranza fa riferimento a forzature da parte delle opposizioni, fa notare che i provvedimenti in titolo sono stati incardinati da mesi e che è stato svolto un lungo lavoro istruttorio al termine del quale le opposizioni, dopo un importante approfondimento di merito, hanno individuato la sintesi nel testo della proposta di legge C. 1275. Rileva, dunque, che il confronto è stato molto ampio e rispettoso delle diverse posizioni, a differenza di quanto avviene durante l'esame dei decreti-legge in relazione ai quali laddove davvero vengono compresse le prerogative dei parlamentari.

Evidenziato, in conclusione, che il provvedimento in esame interverrebbe a favore delle donne, i cui salari sono spesso inadeguati e al di sotto della soglia di povertà, si augura che la maggioranza e il Governo possano rivalutare le proprie posizioni al riguardo.


Giuseppe CONTE (M5S) dichiara di non essere ottimista circa le sorti di tale provvedimento, a fronte di una certa mancanza di sensibilità sul tema da parte della Presidente del Consiglio e degli esponenti del Governo, come dimostrato da certe dichiarazioni rese agli organi di stampa.

Ritiene che l'intervento proposto nella sua proposta di legge sia urgente, in quanto volto a restituire dignità al lavoro, in attuazione dell'articolo 36 della Costituzione, soprattutto a favore di donne e giovani. Fa notare che l'intervento del Governo sul cuneo fiscale – peraltro non strutturale – non appare sufficiente a tutelare i lavoratori, facendo notare, in ogni caso, che rispetto ad un intervento strutturale in tal senso – peraltro sinora solo sbandierato dal Esecutivo – sul quale il suo gruppo sarebbe favorevole, l'intervento sul salario minimo riveste comunque una valenza complementare.

Fa notare che il Governo, oltre ad aver eliminato una forma di sostegno importante, come il reddito di cittadinanza, ha previsto un intervento per i bisognosi una tantum dal contenuto irrisorio, come se fosse una concessione prevista per ingraziarsi il favore di alcune fasce dell'elettorato. Stigmatizza alcune dichiarazioni rese da esponenti di Governo, tra cui quelle del Ministro Tajani, che ritiene dimostrino una mancanza di conoscenza sul tema del salario minimo, rilevando che lo stesso Ministro Salvini, che in passato ha manifestato aperture sul tema, oggi esprime il suo favore su altri temi, come quello del condono fiscale.

A chi richiama i casi dei Paesi in cui non è previsto il salario minimo, per confutare tale forma di intervento, fa notare che appare impossibile svolgere paragoni con sistemi economici completamente diversi, vantando livelli salariali ben più alti. Osserva inoltre che tale provvedimento non deprimerebbe la contrattazione collettiva ma la rafforzerebbe, ricordando come in Paesi come Germania e Francia la previsione di un salario minimo ha svolto un ruolo propulsivo, facendo presente che la medesima contrattazione non sempre appare in grado di fornire tutele, come dimostrano i tanti mancati rinnovi in certi settori e il proliferare dei contratti pirata.

Ritiene che la previsione di un salario minimo possa aiutare la domanda interna e i consumi, in tal modo contribuendo a garantire la stessa sostenibilità del sistema previdenziale. Richiamando le analisi dell'economista David Card, evidenzia come il salario minimo sia in grado di generare occupazione producendo effetti benefici per il sistema economico. Ritiene poi che non sussista alcuna problematica di mancanza di copertura, atteso che l'articolo 7 della proposta di legge C. 1275 rinvia alla legge di bilancio la definizione di benefici per i datori di lavoro. Rivolgendosi quindi al presidente Rizzetto, dichiara di non aver condiviso alcuni sue esternazioni sui social, che giudica non consone al suo ruolo di presidente della Commissione, ricordando peraltro che lo stesso presidente Rizzetto in passato espresse posizioni opposte sul tema del salario minimo. Invita i gruppi di maggioranza a entrare nel merito e a confrontarsi sulle vere riforme di cui ha bisogno il Paese, come quella sulla RAI da rendere autonoma rispetto alle interferenze della politica e in relazione all'attuazione del PNRR.

Com'è andata a finire? Che se ne riparlerà la prossima settimana, con il seguito dell'esame rinviato ad altra seduta.