La violenza di genere è un fenomeno complesso, radicato in discriminazioni storiche, sociali e culturali, e spesso alimentato da religione, politica e ideologie. La criminologia rivela che questa violenza affligge donne di ogni età e continente, prevalentemente in contesti relazionali.

Le donne affrontano diverse vulnerabilità nella lotta contro questa piaga, tra cui la paura di lasciare relazioni violente, aggravata dalla scarsità di servizi di supporto. In Italia, ad esempio, ci sono solo 716 strutture specializzate, con una capacità complessiva di 2502 posti letto, insufficiente rispetto alla popolazione femminile di oltre 14 anni. Questa discrepanza nelle strutture di rifugio e protezione è evidente anche tra diverse regioni.

Le recenti leggi, sia a livello internazionale che italiano, cercano di prevenire la violenza tramite misure come l'allontanamento precoce degli autori, ma ostacoli come l'affido condiviso dei figli restano problematici. Altri problemi includono la mancanza di protezione per le donne con disabilità, che varia notevolmente tra le regioni italiane.

L'Italia è considerata agli inizi nel riconoscimento e nella comprensione di questo fenomeno. Il linguaggio sessista e le asimmetrie di genere indicano una regressione rispetto alla parità formale.

Criminologicamente, molte vittime sono donne istruite, e la violenza può culminare in femminicidio, spesso preceduto da stalking. Gli autori di queste violenze sono descritti come uomini istruiti con una mentalità patriarcale e maschilista, e con disturbi psichiatrici come il disturbo borderline e paranoide.

Il femminicidio, un fenomeno storico spesso ignorato o sottovalutato, è ora intollerabile e oggetto di denuncia sociale. L'istruzione al rispetto reciproco è urgente, con un impegno forte delle istituzioni scolastiche sin dalla prima infanzia. È fondamentale istituzionalizzare un percorso strutturato di educazione sentimentale e sessuale per porre fine a femminicidi e violenze sessuali.

Fonte: rossodisera.org