Negli ultimi mesi si è tornati a parlare con insistenza della nuda proprietà, una particolare forma di compravendita immobiliare che consente al venditore di cedere l’immobile mantenendo però l’usufrutto, cioè il diritto di abitarlo o affittarlo, per tutta la vita. Secondo una recente ricerca di Confabitare, nel 2024 le operazioni di questo tipo sarebbero aumentate del 20%, coinvolgendo circa 97 mila pensionati. Un dato che ha fatto parlare di un vero e proprio "boom", legato soprattutto alle difficoltà economiche crescenti della popolazione anziana.

Tuttavia, i numeri ufficiali raccontano una realtà diversa e più sfumata. Nel 2023, le vendite in nuda proprietà sono state poco più di 28 mila, ovvero circa il 3,9% del totale delle compravendite immobiliari in Italia. E, come sottolineano molti osservatori, solo una minoranza di queste operazioni si può davvero definire una vendita sul mercato.

“Nella maggior parte dei casi – spiega Fabrizio Stella, esperto immobiliare – si tratta di trasferimenti intra-familiari, operazioni pianificate per sistemare il passaggio del patrimonio immobiliare da genitori a figli, evitando complicazioni dopo il decesso. Con una semplice voltura catastale, il nudo proprietario diventa pieno proprietario, senza bisogno di ulteriori passaggi”.

Ma allora perché la vendita vera e propria della nuda proprietà stenta a decollare? “Il problema principale – osserva Stella – è la complessità nella valutazione del bene. Non è facile stabilire un prezzo equo per un immobile che non si potrà utilizzare subito, e che sarà pienamente disponibile solo in un futuro incerto”.

A ciò si aggiungono diversi rischi per l’acquirente. L’usufruttuario, ad esempio, potrebbe non pagare le spese condominiali o decidere di affittare l’appartamento, complicando la vita al nudo proprietario. Inoltre, se il prezzo di vendita è giudicato troppo basso, gli eredi del venditore potrebbero impugnare l’atto, sostenendo che si tratti di una circonvenzione di incapace, specie se l’anziano venditore è in condizioni di fragilità.

Non a caso, qualche anno fa si era tentato di promuovere una formula alternativa: il prestito vitalizio ipotecario. “Si trattava di un prodotto mutuato dal modello anglosassone – spiega Stella – in cui una banca erogava una somma garantita da ipoteca sulla casa. Alla morte del proprietario, gli eredi potevano decidere se saldare il debito per riottenere l’immobile, oppure lasciarlo alla banca. Purtroppo è stato un flop: tassi troppo elevati, spesso vicini alla soglia di usura, e scarsa trasparenza hanno frenato del tutto la diffusione”.

Più che un segnale di innovazione nel settore immobiliare, la crescita apparente della nuda proprietà sembra indicare un’altra realtà: il ricorso crescente a strategie di sopravvivenza economica da parte degli anziani. “Serve un quadro normativo più chiaro e strumenti più sicuri per tutte le parti coinvolte – conclude Stella – altrimenti continueremo a vedere questo strumento usato solo in modo marginale, e con molti rischi per chi compra”.