Politica

REFERENDUM COSTITUZIONALE: Riflessioni di uno studente di Scienze Politiche in merito al referendum e l’attuale situazione politica in Italia.

Il livello di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica determina la qualità della democrazia stessa, ricordiamoci inoltre che uno dei princìpi fondamentali della democrazia è fare in modo che la maggior parte dei cittadini esprima la propria preferenza.

La democrazia in Italia è alienata da tanto tempo, analizziamo brevemente la situazione attuale senza partire da troppo lontano: contiamo tre partiti (PD, M5S, Forza Italia) che si dividono la maggioranza, composta da circa l’ 80%-75% degli aventi diritto al voto, quindi  non esiste più un sistema maggioritario che permetta a chi vince le elezioni politiche, di raggiungere i numeri adeguati per governare con stabilità.

Malgrado tutto il denaro speso per le campagne, quella del referendum costituzionale inclusa, Renzi vede in questo la possibilità di riscattarsi e zittire tutti quelli che dicono, ed è vero, che non è stato eletto dal popolo, (infatti il Presidente del Consiglio dei Ministri non viene eletto dal popolo, ma come dice l’art. 92 della Costituzione viene nominato dal Presidente della Repubblica e deve essere una figura con i giusti ideali per poter governare, in base alle preferenze espresse dai cittadini tramite i partiti, esempio: non si può nominare come premier un signore con idee totalmente contrastanti da gran parte della camera e senato) se parliamo invece di legittimazione popolare è un altro conto. D’altro canto, i partiti dell’opposizione vedono la possibilità di screditare il premier proprio con questo referendum, per poter acquisire potere. Si prospetta di spendere circa 300 milioni per questo referendum costituzionale, sommati ai 300 di aprile (referendum abrogativo) stiamo parlando di montagne di denaro speso senza alcun senso, ma quando capitano disgrazie come gli eventi sismici del centro Italia di quest’anno, sembra che sia più facile trovare i soldi per i referendum piuttosto che per le emergenze causa forza maggiore. Se avessimo fatto dei lavori di prevenzione avremmo speso solo un terzo e addirittura alcuni analisti sostengono un quarto, di quanto abbiamo pagato per ricostruire, per non parlare di tutte le morti che potevamo evitare. Il fondo per le emergenze Nazionali questo agosto ammontava a 234 milioni per le esigenze immediate.

E’ chiaro che 600 milioni in confronto a un debito pubblico di 2.212 miliardi (settembre 2016) non sono niente, ma se non iniziamo a cambiare tendenza dove andremo a finire? La via più facile dinnanzi alle complicazioni e le situazioni scomode, è convincersi che le cose non possano andare in modo diverso “alzare le spalle” ed accettare il destino, riducendo tutto in un gemellaggio di svantaggi e vantaggi che nel tempo si verificano, ma sposare l’idea di scegliere il “meno peggio” non è la mentalità giusta per migliorare.

L’attuale Premier nella campagna del 2012 per le primarie del Partito Democratico raccolse un ampio bacino di giovani sostenitori, in quanto parlava sempre di rottamazione e casualmente in quei mesi fu annunciato che per le primarie gli anni necessari per esprimere la preferenza non erano più 16 ma 18. “Adesso!” era il suo slogan, poi però al ballottaggio vinse Bersani. Dopo le elezioni politiche del 2013, Giorgio Napolitano non potè lasciare il governo in mano a Pierluigi Bersani poiché anche se era il segretario vincente del Partito Democratico, non aveva raggiunto la maggioranza al senato. Successivamente venne nominato Enrico Letta come Premier per un governo di “larghe intese”, governo che durò 300 giorni perché non appena Renzi vinse le primarie del PD (dicembre 2013) Letta nel giro di pochi mesi, diede le dimissioni in seguito anche alla crisi del suo governo, per far posto appunto al governo Renzi, posto giusto al momento giusto legittimazione popolare o no.

Il neo Presidente del Consiglio si è trovato a dover affrontare le conseguenze di complicazioni derivanti da ben due governi tecnici che l’avevano preceduto, conseguenze di una democrazia alienata imperante nelle nostre istituzioni e nella nostra società.  

La funzione dello Stato non si deve limitare nel fornire solo un quadro istituzionale di riferimento, ma attraverso esso viene esercitato il potere e sono anche distribuiti e regolamentati i cambiamenti , in questo contesto creare “empowerment” da parte delle istituzioni a favore dei cittadini, è di vitale importanza, termine che non va inteso nel senso di attribuire potere ma bensì come capacitazione,  quindi il concreto tentativo da parte dello Stato di aumentare le capacità di ogni singolo individuo nell’elaborazione delle scelte e la possibilità di influenzare le stesse. In questo bombardamento mediatico la maggior parte dei

cittadini (il 51% degli italiani si ritiene informato per “grandi linee” , il 31% ha solo “sentito parlare” del referendum, il 12% sono quelli che invece sono abbastanza informati, mentre il 6% non ne ha mai sentito nemmeno parlare ) voterà solo in base a quel poco che riesce a captare dai TG, amici, parenti, social media e dai personaggi di rilievo che si sono esposti, in molti casi solo clonando gli ideali di qualcun altro.

Silvio Berlusconi sostiene il no, potrebbe essere uno strumento per convogliare tutti quelli che da anni gli vanno contro a votare sì? Oppure perché nel caso di vittoria del no può sedersi accanto a un Matteo Renzi inevitabilmente screditato e magari acquisire potere? Ultimamente ha dichiarato di considerare Renzi come l’unico leader politico valido al momento in Italia e fino a poco prima sosteneva Matteo Salvini.

Non è ragguardevole che si dichiari: “Renzi, Boschi come padri costituenti è un incubo” senza dover fare paragoni scomodi, per esempio i contemporanei di Alcide De Gasperi non potevano di certo immaginare che incarcerato nel 1923 per essersi opposto al fascismo, diventasse poi l’uomo che riuscì abilmente a confinare tutte le inevitabili sanzioni che dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Italia era stata costretta ad affrontare, un’Italia completamente devastata dal fascismo e dalla guerra, per la quale lavorò sodo anche per poter ristabilire lo storico divario economico tra Nord e Sud, per poi traghettare il Regno D’Italia verso l’attuale Repubblica. I tempi sono chiaramente cambiati ma è possibile che ci sia qualcuno con capacità similari a quelle che fecero di De Gasperi una figura da cui prendere esempio, ma che purtroppo allo stato attuale non riesce ad esprimere il suo pieno potenziale:  le responsabilità possono essere attribuite alle banche, alle istituzioni che non aiutano, ai lobbisti, ai rapporti con l’Unione Europea, ai finanziatori e agli interessi di corridoio di cui noi cittadini rimarremo sempre all’oscuro. E’ poco saggio pensare che basti essere il Presidente del Consiglio per poter fare il bello e cattivo tempo, se il premier vuole cambiare la Costituzione forse è perché ha le mani legate e desidera più mobilità.

Se in tutto questo c’è qualcosa di certo è che i cittadini italiani sono stanchi di farsi prendere in giro da questa classe politica, che non si adatta ai tempi e rifiuta la possibilità di godere del beneficio del tempo e imparare dai loro stessi errori. Non riusciamo da molto tempo a mettere le mani nella Costituzione, ha sempre vinto il no negli ultimi 30 anni, rigidità e inflessibilità in questo valzer di interessi politici non fa altro che abbassare la qualità del nostro governo e di conseguenza la vita di tutti noi cittadini italiani. Stiamo rovinando la reputazione di un’Italia che da anni rischia di toccare il fondo, spolveriamo i libri di storia e ricordiamoci come eravamo rispettati un tempo.

Adesso l’Europa ci prende in giro per il nostro debito pubblico, il PIL, la disoccupazione e perfino sui nostri stili di vita. Lo sapevate che in Norvegia già da anni girano spot pubblicitari dove si fanno beffe di noi perché il 67% degli italiani tra 18 e 34 anni vive ancora a casa con i genitori?

 

Cosa troveremo il 4 Dicembre nella scheda elettorale:

 

“Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”

SI’ – NO

 

La risposta è ridotta a due semplici monosillabi, ma quanto ne possiamo parlare? Ci sono tanti stimati professori sparsi per l’Italia che studiano la Costituzione da una vita, se ne avete la possibilità fatevi spiegare nel dettaglio tecnico cosa si va a cambiare, e soprattutto, quante sfaccettature troviamo all’interno di questa riforma. Potremmo stare ore a parlarne. Esisteranno sempre pro e contro anche in una riforma futura, come esisteranno sempre i giornalisti e partiti in opposizione che facendo il loro lavoro continueranno a creare controversie. La democrazia non è facile da gestire, i grandi pensatori greci sono stati i padri fondatori della democrazia, proprio per questo governavano i filosofi ai tempi, però la loro società non aveva TV, giornali, social media e l’infinità di variabili che si vengono a creare in un mondo sempre più all’avanguardia. Ma come si fa a crescere economicamente senza nemmeno dare fiducia al nostro stesso governo? Perché dal momento in cui è salito al potere l’attuale premier è bastato pochissimo per iniziare a screditarlo?  Ci accontentiamo di una mediocre stabilità, regalando il potere a chissà chi, pensando che le cose potrebbero andare peggio? Non possiamo passivamente aspettare che la situazione migliori, pensare troppo spesso ai problemi non fa altro che ritardare o addirittura impedire la salita in superficie della soluzione stessa. Se non risolviamo la nostra “guerra civile politica” come lo si trova un punto d’unione?

Il Nazionalismo è un movimento politico e ideologico avente quale programma l’esaltazione e la difesa della nazione, (tratto da Treccani) però purtroppo tra noi cittadini si riscontra solo quando gioca l’Italia calcio; non possiamo di certo permetterci di fare figuracce a livello mondiale dato che abbiamo quattro titoli e giustamente li dobbiamo rispettare. Perché tutta quella grinta di urlare GOAL non la riversiamo nei giusti condotti invece che disperderla solo negli stadi ?

La nostra Italia è assuefatta con il sangue di una classe politica passiva e poltronista, emerge la necessità di correre ai ripari poichè questo fattore sommato al decadimento qualitativo della democrazia , non rende affatto il Belpaese governabile (da nessuno) e di conseguenza porta solo malcontento nei confronti del governo corrente. E’ davvero facile prendersela con chi queste cose le vive ogni giorno e si deve far carico delle responsabilità di un’intera nazione. In quest’ottica per Matteo Renzi è veramente difficile cambiare gli ordinamenti costituzionali  dei suoi predecessori, non avendo mai fatto una vera e propria campagna elettorale con un programma per vincere le elezioni, in questi anni non è riuscito a raccogliere consensi, ma critiche per la mancata legittimazione popolare, critiche continue da parte dei giornali e partiti di coalizione opposta; Forza Italia, Lega e M5S che si sono uniti nella corsa al potere per poi giocarsi il derby in futuro. Il premier attuale ha minore necessità di offendere, quindi è possibile che nella lotta per il potere si sono spente le motivazioni che spingono verso un cambiamento? E’ innegabile che un cambiamento è agganciato all’istaurazione di un altro cambiamento, positivo o negativo che sia, perché è proprio dagli eventuali errori che si impara, ma il beneficio sta nel fatto che si può cercare di rimediare a quegli errori e quanto peso diamo ad essi nella misura in cui ci servono da lezione è di fondamentale importanza. Proprio perché non esiste un unico pensiero che metta d’accordo tutti, dobbiamo trovare un punto in comune che nasca dagli effetti di un cambiamento inevitabile, il “Panta Rei” platoniano in contrapposizione a un “Essere” parmenideo, che non tiene conto dello scorrere del fiume in un inesorabile e lento movimento che è possibile fermare soltanto costruendo una diga (il “no”). Chi si butta nel fiume due volte sappia che non si lancerà sempre nella stessa acqua, perché il fiume scorre tanto quanto scorre il tempo, quindi non prendiamoci in giro pensando che se perdiamo ancora tempo nelle riforme non cambierà niente. Questo messaggio è rivolto a chi pensa che la vittoria del sì o del no non farà cambiare niente, di certo l’esito non modificherà la vita di tutti i giorni, ma nella mente di ognuno di noi ci sarà già il germoglio del cambiamento e del movimento di quello scorrere del fiume.

Per queste ragioni io voterò sì.

Autore Marco
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