Un ex funzionario del Dipartimento di Stato ha descritto il fallimento della politica estera USA a Gaza
Mike Casey, veterano dell'esercito statunitense e diplomatico di carriera, è stato testimone diretto di quella che lui definisce "una catastrofe umanitaria e un fallimento sistematico" della politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Striscia di Gaza.
Dopo aver lavorato per quattro anni come vice consigliere politico per Gaza presso il Dipartimento di Stato, Casey si è dimesso lo scorso luglio, deluso dall'inefficacia delle strategie americane e dalla subordinazione di Blinken rispetto alle decisioni israeliane.
Casey arrivò a Gerusalemme nel 2020 con la speranza di contribuire a una politica che riconoscesse le ragioni di ebrei e palestinesi, sostenuto da un entusiasmo che gli consentì di far carriera, tanto da diventare vice consigliere politico del Dipartimento di Stato per Gaza.
Dopo il 7 ottobre, tale incarico ha finito per trasformarlo in un riluttante cronista di tragedie, costringendolo a documentare le conseguenze umanitarie e politiche del conflitto, aggiornare rapporti quotidiani ignorati e proporre strategie sistematicamente respinte:
"Ero stanco di scrivere di bambini morti", ha confessato al Guardian, ricordando l'inutilità di scrivere relazioni dettagliate destinate ad essere cestinate a Washington.
Casey e i suoi colleghi hanno persino elaborato piani per la ricostruzione di Gaza, sia dal punto di vista materiale che politico. Tuttavia, ogni proposta ha sempre incontrato un ostacolo: "Ogni piano veniva respinto con la stessa risposta: gli israeliani hanno un'altra idea".
E le idee degli israeliani venivano accettate senza condizioni, minando ogni sforzo diplomatico.
Il contesto a Gaza è devastante: oltre 45mila palestinesi uccisi, il 90% della popolazione sfollata e condizioni di vita che indicano che vi sia ormai una carestia in atto. Gli aiuti umanitari statunitensi per Gaza, seppur significativi, sono nulla rispetto ai 17,9 miliardi di dollari di assistenza militare spesi per Israele negli ultimi mesi.
Rispetto ad altri scenari internazionali, dove gli Stati Uniti hanno imposto le loro condizioni, nei confronti di Israele la strategia americana (se di strategia si può parlare) è quella di una completa resa diplomatica: "Gli israeliani devono solo tirarla per le lunghe, e alla fine accettiamo tutto", sostiene Casey.
Dopo la sua uscita dal Dipartimento di Stato, Casey lavora in una banca locale nel Michigan, osservando da lontano l'evolversi del conflitto. Per lui, l'assenza di una politica bipartisan danneggia non solo i palestinesi adesso, ma danneggerà anche gli israeliani in futuro.
Il racconto di Casey evidenzia il profondo fallimento nella capacità dell'amministrazione Biden (non per nulla l'attuale presidente è stato soprannominato Genocide Joe) di agire come mediatore per porre fine ad un bagno di sangue senza precedenti in questo secolo. La sua testimonianza denuncia un sistema bloccato da interessi politici, incapace di rispondere efficacemente alla crisi umanitaria e al conflitto in corso.
Ed è grazie alla complicità degli Stati Uniti (e dell'Europa) che il genocidario Stato ebraico non solo continua nella sua opera di sterminio nei confronti del popolo palestinese, ma la sta pure intensificando con bombardamenti 24 ore su 24 persino sugli ospedali, impedendendo anche l'accesso degli aiuti umanitari necessari alla sopravvivenza della popolazione.
All'Angelus odierno, per la seconda volta in due giorni, il Papa ha denunciato così i crimini dello Stato ebraico a Gaza:
"E con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà; ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà!"
Fonte: The Guardian