È stato presentato a Roma, il primo marzo 2023, il volume di Corrado Ocone -studioso delle  tematiche del neoidealismo italiano e del pensiero liberale.- dal titolo: “Il non detto della libertà” pubblicato per i tipi di Rubbettino. Alla presentazione del volume hanno preso parte i filosofi Giacomo Marramao e Teresa Serra. “Il non detto della libertà” è un libro asciutto e pieno di sollecitazioni e consente un approccio innovativo ai concetti cari al liberalismo occidentale. È il negativo la linea di frattura che percorre il concetto di libertà come si è sviluppato in Occidente e, come sostiene l’autore in copertina: “Della libertà può farsi solo esperienza, non la si può dire o fissare. La libertà appartiene a sé stessa, non ci appartiene”.

Nel pregevole volumetto Corrado Ocone si trova ad analizzare  un “non ancora detto” il cui punto fondamentale è  costituito dal rapporto tra la libertà ed il non detto della libertà. Ciò che rimane fuori da ognuna delle modalità di concepire la libertà: il politico, l’economico, il metafisico, il giuridico ecc. Senza tale conflitto la libertà non sarebbe. C’è bisogno di qualcosa su cui confrontarsi. La relazionalità è una delle parole chiave per definire tale confronto. L’autore chiarisce bene il fatto che non sempre si è messo l’accento sul conflitto. Norberto Bobbio e Isaiah Berlin, per esempio, avevano messo in relazione la libertà e la tecnica, pur vivendo in un periodo in cui la tecnica era di carattere strumentale e non era ancora ciò che abbiamo di fronte in questo momento storico. Oggi una tecnologia avanzatissima e raffinatissima, detta Intelligenza Artificiale, oltre ad essere strumentale per l’uomo, è in grado sempre più di carpirgli la libertà. Il volume ha la capacità di andare oltre il “non detto” e cioè anche ad assumere che libertà e potere scaturiscono dalla medesima fonte.

Spaziando da Kant e dall’entusiasmo per la Rivoluzione Francese - entusiasmo che faceva presagire un passaggio storico cruciale - a Tocqueville che confrontò la Rivoluzione francese e quella americana - sostenendo che una volta che l’eguaglianza ha fatto il suo ingresso nella storia non ne uscirà mai più-  l'autore giunge fino ai pensatori più contemporanei.

La libertà dal punto di vista etico era per Kant  che ogni individuo doveva maturare un’idea etica: io divento libero se penso singolarmente ma in maniera universale. La libertà era la condizione stessa dell’azione morale. Kant era pervenuto a tale conclusione partendo dal dovere. Secondo il filosofo di Koenigsberg la coscienza del dovere morale era qualcosa di originario, di indeducibile, era «un fatto della ragione» (ein Factum der Vernunft).  Un qualcosa che si imponeva di per sé stesso. Non si poteva dimostrare, ma mostrare attraverso un esempio.

L’autore accompagna il lettore  su due percorsi apparentemente inconciliabili: uno più teoretico, o speculativo, che interroga pensatori come Kant, Schelling, Heidegger e Pareyson; un altro più filosofico-politico, al cui centro sono le riflessioni sulle “due libertà” di Constant, Berlin, Bobbio e Skinner, o i contributi dei grandi classici del pensiero liberale, in particolare Locke, Mill, Hayek e Aron. Si viene così a scoprire che la libertà è un evento ( una cosa che fa irruzione) e non un principio:  è un “evento che irrompe” in quei luoghi dove meno ci si aspetta che accada.