Quanti contagi in più per un punto di PIL?
Ascoltando un conduttore TV commentare i dati della Protezione Civile sul Covid-19 sono raggelato: “il dato positivo è che oggi i decessi sono solo 433, 49 meno di ieri!”
Parole disgustose, figlie di un cinismo che tratta le vittime del Coronavirus così come farebbe un allenatore di calcio che dopo aver incassati 6 goal si dice pago perché ne ha beccati 2 in meno del match precedente.
Eppure quel conduttore sapeva di parlare di esseri umani, di persone la cui scomparsa ha lasciati nel lutto genitori, compagna/o, figli, amici, gli affetti più cari.
Mi domando se all’origine di tanto cinismo ci sia solo un egoismo così smisurato da rendere indifferenti verso il nostro prossimo e le sue disgrazie, oppure se, senza rendercene conto, siamo precipitati in una società soggiogata al dogma “mors tua vita mea” ?
Vorrei poter essere ottimista ed escludere queste come altre ipotesi, purtroppo però ogni giorno mi tocca ascoltare parole che non lasciano spazio all’ottimismo.
Ad oggi, per esempio, a causa del Covid-19 in Italia ci sono già 200.000 persone contagiate ed oltre 25.000 decessi.
Questo secondo i dati ufficiali nonostante la maggior parte degli italiani si sia attenuta responsabilmente all’invito “#iostoacasa”.
Ebbene, senza curarsi del fatto che ogni giorno la Protezione Civile aggiunge nuovi contagi e nuovi morti, a conferma che con il Coronavirus dovremo convivere a lungo, Confindustria, con il codazzo di alcuni politicanti ed amministratori locali, da settimane fa pressione sul Governo affinché decreti il “liberi tutti” per le imprese.
In gioco ci sono: su un piatto della bilancia la salute degli italiani, tutelata dall’art. 32 della nostra Carta come diritto fondamentale di ogni individuo ed interesse primario della collettività, sull’altro la inesorabile idolatria del “profitto”.
Una contrapposizione che trova conferma nelle prime dichiarazioni del neo-presidente confindustriale, Carlo Bonomi, che non ha perso tempo per dare addosso al Governo che, secondo lui, sarebbe “molto smarrito in questo momento” e non “avrebbe idea della strada che deve percorrere il nostro Paese”.
Quello che Bonomi definisce “smarrimento” sono invece, a mio avviso, legittime prudenza ed attenzione con cui il Governo valuta modi e tempi per garantire la massima sicurezza dei lavoratori al loro rientro nei posti di lavoro,
Già, perché mentre FCA, e non è la sola, da settimane è già impegnata ad adeguare i suoi stabilimenti ai protocolli di sicurezza, in vista della ripresa delle attività, Bonomi si lamenta considerando “una ingiuria l’accusa che le imprese siano indifferenti alla vita dei loro collaboratori”.
Non dice però una sola parola sul dovere delle imprese confindustriali ad applicare i protocolli di sicurezza prima di pretendere la riapertura dei siti produttivi.
Infatti, se in questo momento drammatico la strada prioritaria, per Bonomi, sarebbe la corsa frenetica al PIL, mi piacerebbe potergli domandare quanti contagi e morti in più siano giustificabili da un punto di incremento del PIL.
Ma al neo-presidente non piace neppure il Decreto Liquidità perché “la strada giusta non è quella di far indebitare le aziende”.
Anche le pietre sanno che valersi del prestito garantito dallo Stato sia in ogni caso una libera scelta delle imprese e perciò il decreto offre loro solo una opportunità.
Tutto sommato, però, da cittadino penso che meno imprese accederanno al prestito minore sarà il rischio di lasciare in eredità a figli e nipoti, il peso di dover indennizzare in futuro le banche per quei prestiti, garantiti dallo Stato (cioè da tutti noi), che imprese inadempienti non avranno rimborsati.
Le sofferenze del sistema bancario per la caterva di crediti deteriorati dovrebbero averci insegnato qualcosa.
L’impressione, però, è che ai prestiti, garantiti dallo Stato, Bonomi avrebbe preferito la erogazione di finanziamenti a fondo perduto grazie ai quali gli imprenditori avrebbero potuto fare più profitti con il denaro di noi tutti.
A meno che (e qui manifesto tutta la mia ingenuità!) le parole del neo-presidente di Confindustria non fossero rivolte ai suoi colleghi affinché, invece di indebitarsi, facessero rientrare in Italia quei capitali miliardari che da anni hanno imboscati nei paradisi fiscali.
Mah… !!!