Nessun uomo, solo mondi, mondi soli ~ Parte Terza
TACCUINO #19 ~ Parte Terza
Versiamo qui contenuti che indaghiamo, ma auguro a me stesso di non volere, o non dovere, far uso di anima, animo, spirito, sul nascere di nuovi taccuini, se non debitamente ponderando e il più possibile se e quando la nebbia dovesse diradare sino a scomparir alla vista, per svelare il cercato, a regalar prima certezza. L'ottundimento scaturito dall'ammorbidimento ricercato e percepito attraverso astrazioni e ragionamenti che levian frustrazioni è pratica di illusioni che, in quanto veleni, turbano e curano, giacché possono ledere e dar sollievo. Rimaniamo su terreno meno minaccioso favorito da esperienza, la quale non debba scomodar troppo incarnato religio.
Tuttavia siamo saldi sul nutrir dubbio d'interpretazione. Sembra sia pur sempre l'uomo, e non altro, ad attribuire attribuzione. Per taluni il nome è importante, per talaltri la parola è pesante, mentre vi sono quelli che assegnano rilievo alla scrittura. Ma che cosa è? Quale cosa? Lo è davvero? Cosa vale? Quanto e come possiamo conoscere l'essere? Quanto e come sappiamo l'essere?
Battiamo terreno scomodo e infero ove il divieni ciò che sai ci porterà nuova vita oltre il divieni ciò che sei.
Manifestiamo tenace curiosità e sentiamo ogni via, nello sprofondare caduti da un mandorlo che non spiega se Betel sia il luz che non partecipa di marcescenza.
La forma è esistentiva cosa dell'animale mortale che manca di esistenza, giacché vive l'esistenza perduta del tal Mounier, l'inautentico del tal Heidegger? Ma, se questo è, dunque è dell'animato, dell'essere, dell'essenza, della sostanza che discutiamo e che gioca in causa, e che il linguaggio par di cogliere ma non cattura. Si narra il proprio che andiamo indagando. Sulla forma, argomentiamo di accidente frutto di conseguenze. Riportiamoci ad aria e sangue, respiro e stirpe, non foss'altro per non rovinare su deriva spiritual spiritualista e inciampare su terminologie e pensier religioso di talune imponenti minacce.
Di qual allolaia partecipa l'uomo che assume illusioni come moto, speranza, ragion di vita, certezza, appiglio, dedizione, esubero di sangue respiro e corpo? Cosa può esser dunque la spinta capillare che avvelena il collettivo con un sol simbolo di morte?
Sarebbe possibile avere riscontro dalla differenza tra uomo e animali di diversa specie? Costitutivamente immaturo, neotenico, precario, bisognoso di cure e (forse) domesticamento, su forzato apprendimento modellato da istruzione, diseducato, disevoluto per aspetti istintuali (robustezza nel panorama altro), è un disadattato cronico il prematuro partorito?
In passato abbiamo abbordato temi che temiamo abbiamo assunto il gusto del tempo sprecato, per positivistico concetto troppo influenzato da una corsa al definire per certezza, a motivo di illazioni. Congetturavamo sulle scie di ebefrenia e di disturbo esplosivo intermittente, di isteria e degenerativi fenomeni nervosi, ma come abbiamo pensato l'aspetto mentale non inerisce a disturbo, a malattia, ma a stortura naturale del respiro corrotto. Discutendo di vuoto chimico, sull'ipotesi del ricordo ancestrale calato nei neuroni cardiaci, ci vogliamo avvicinare così all'essere, sul percorso iniziato che ci condusse nell'esperito abisso del cosiddetto narcisista.
Si pone una riflessione. Sì, ancora una. L'ultima, prima di (ancora) altre. L'ente è gettato in un mondo che costruirà, all'interno di un mondo che apre una debole frattura temporale. Si direbbe l'ingiustizia prima, considerando rapporti non equi tra chi sceglie di concepire e chi vien concepito. Considerando alcuna domanda utile a tutte le parti, alcuna risposta se si ponesse. Il tal Benatar analizza con maturata esposizione astrazioni di dolore e pena, condizione umana, bene e male, danni. Si fa spazio attraversando un mare di critiche, solcando sulla medesima barca che tutti contiene. E mentre si combatte col pensiero, si agisce inviando nuova linfa a morir di vecchie guerre. E si chiede, e si chiederà ancora, e ancora, di combattere e procreare, per l'invio di masse indicate come i vigorosi, a gestir sterminio sulla natural follia che, se ben vissuta, non praticherebbe l'esatta distruzione per precisa costruzione di piramidi di potere.
Sulla Terra l'uomo è morto, non vive più qui. Non vive più il pianeta.
L'essere che sopravvive il rapimento dal nulla, questo prendere, questa presa, non è più uomo. Il nucleo dell'ambiente è il magma che osserva catastrofi nuclearizzate a insanabile danno.
Il piccolo egolatra mortal parlante è calcolo.
«Non si è spaventati? Non si è inquietati?»
Problemi enormi che ci invitano sempre più a sradicarci dalla fintezza di strutturate illusioni metafisiche che dimostrano esperienza e ricadono sull'ente, intrappolandolo all'interno di un terribile e spaventoso sociale, mosso dall'impatto di una scricchiolante società che tutto è fuorché naturale tempo. Veniam mossi al positivismo, al duale, alla miseria. Se concepiamo l'assenza per mancanza di un equivalente per ciò che dal cosiddetto perverso, il narcisista partecipante di efferatezza e morte, è dato, è stato dato, quale sarebbe il peso congruo?
Proprio adesso occorre un forte respiro in questa lunga attesa, così fermi e così lanciati nella nebbia.
Ordinaria è la volontà di dominio e ordinario è l'inesausto moltiplicarsi del desiderio di possedere nuova materialità. La spasmodica ricerca di soddisfazione edonistica muove l'uomo liquido a non preoccuparsi dei valori fondamentali dell'esistenza nella quale è gettato, giacché oggi sopravvive a tutte le morti di tutti i costruiti e smantellati valori sulle morti dei disvalori.
______________________
3 Settembre 2024
Vige ancora tutto ciò che è pusillanime. Del mondo voi che non siete e voi che parte non fate, siate altrove benvenuti. Qui il dramma è l'infero dei non autentici che a produrre attraverso gli organi della menzogna giacciono nel letamaio di laidi grumi di sangue e acqua.
La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace, e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi. Honoré de Balzac