EVITA  PERON.  Eva, poi detta Evita, nacque nel maggio 1919 in un paese della provincia argentina, ultima di cinque figli. La madre, una povera contadina, li ebbe dal “padrone”, ricco proprietario terriero, già sposato con prole, che tuttavia diede il nome alla figliolanza “irregolare”. L’origine della famiglia Duarte è basca francese.

La bambina maturò una particolare insofferenza per quella falsa partenza, che la emarginava. I ragazzi vivevano nella nera miseria e giravano a piedi scalzi.

Col tempo fu chiaro che la ragazzina prometteva bene; alta e slanciata, si faceva notare. Perciò credette di fare il grande salto e si trasferì a Buenos Ayres.

Qui le fonti riferiscono di una vita intensa. Fu attrice radiofonica e poi cinematografica. Divenne abbastanza famosa, dopo aver incassato le umiliazioni inflittele da dive già celebri: una volta al potere, se ne vendicò.

Tutti dicevano che si trattava di una carriera fabbricata per vie di letto, tra impresari, registi, cantanti e tutta la fauna del caso.

La circostanza non dovette impressionare Juan Domingo Peròn, impegnato nella scalata al possesso dell’Argentina.

Peròn era un uomo a dir poco controverso. Secondo alcuni era affascinante: più alto della media, un sorriso smagliante, atletico. Altri ne evidenziano la figura massiccia,  sgraziata per via delle braccia corte da pinguino, insomma non attraente. Era ambizioso e  soprattutto, quando lei lo incontrò, vedovo: un partito allettante.

Di questo personaggio, ammiratore di Mussolini, è stato detto l’impossibile, perfino che fosse di origine sarda,  della zona di Carloforte. L' ipotesi è portata avanti da alcuni studiosi e ritenuta attendibile. Biografie “non allineate” parlano di lui come di una figura discutibile, ma ancora da approfondire. Non lo si riabilita, ma lo si inquadra nell’ambiente socio politico. Sì, era un classico despota latino americano, con il golpe nel sangue, ma avrebbe rappresentato il male minore, circondato com’era da concorrenti anche più feroci ( il "collega" cileno Pinochet, ad esempio, viene ritenuto di gran lunga peggiore).

Si tratta di interpretazioni “alternative”, che non condividono  l’impostazione moralista di molti storici e politici.

Infatti, pur giudicando severamente le vicende sudamericane, viene fatto notare che la situazione ambientale ereditata da quei popoli non consente un esercizio della democrazia simile a quello delle “illuminate” potenze occidentali. Le plutocrazie imperialiste "sassoni" sono spesso indiziate di voler imporre dettami morali, avendo però a carico una coscienza nient'affatto limpida.

All’inizio Juan Domingo era molto vicino alla classe operaia e ai lavoratori in genere, almeno a parole. Quando, a seguito dei soliti rovesci di fortuna, fu arrestato, le folle si rivoltarono a suo favore: qualcuno ci vide lo zampino della futura moglie, già al suo fianco, ma non è certo.

Dopo la presa di potere nel 1946 il suo populismo si allentò e venne instaurata la dittatura di fatto. Fu chiuso un giornale che si permetteva critiche al regime, i sindacalisti se la videro brutta, ci furono arresti e la sua immagine cambiò sensibilmente, rischiando di appannarsi.   

Juan Domingo visse sempre sotto costante sorveglianza e pare avesse molti sosia.

Non ebbe figli, pertanto si è ipotizzata una sua sterilità. La prima moglie era una donna timida e devota, ben poco appariscente. Evita fu la seconda.
La terza sarà Isabelita, un'ex spogliarellista.  La donna riuscì nell’impresa, fallita da Eva perché i tempi non erano maturi, di fare il vice presidente del marito, che nel frattempo era stato rieletto dopo un esilio. Addirittura, Isabelita aveva impostato la campagna elettorale per la rielezione su immagini che li ritraevano in tre: lei stessa, Peròn ed Evita. Morto lui, la nuova leader cercò di governare e di emulare senza successo la precedente first lady, ma dovette passare la mano ai militari e agli orrori: Evita si era occupata dei "descamisados", Isabelita inaugurò in pratica l'era dei "desaparecidos".


Eva, agganciata la ghiotta preda, riuscì a sposare il suo amante illustre, che di lì a poco si insediò alla presidenza. La ragazza si mise al lavoro con un'alacrità di cui nessuno, fino a quel momento, l’aveva creduta capace.  Raddrizzò la fama traballante di un Peròn vicino ai poveri. Insistette per il diritto di voto alle donne e trovò un posto al ministero del lavoro. Forse le tornò utile l’esperienza di attrice, perché certamente sapeva porsi al popolo con maestria.  Magra al limite dell’anoressia, elegantissima nelle sue “toilettes” firmate da grandi sarti, ricoperta di gioielli, le chiome acconciate in pettinature elaboratissime, piaceva proprio per questo anche a chi (ed erano i più) non metteva insieme il pranzo con la cena.

L’Argentina ama i populismi. Nazione a forte componente italiana e inglese, oltre che spagnola, era un sito appetibile per molti emigranti, da quelli in cerca di fortuna a quelli “di lusso”. La pampa, i gauchos, la Terra del Fuoco, le Ande: nulla mancava a questo vastissimo territorio, patria del tango, compresa una capitale cosmopolita e mondana, prima della sua decadenza.

In questo variegato contesto Evita cascò a fagiolo. Si incaricò di difendere gli oppressi, i “descamisados” (senza camicia), le donne, i poveri, i senzatetto, favorendo un metodo basato sull’elargizione, piuttosto che sulla formazione di una coscienza sociale. Lavorava molto e girava instancabilmente, sostenuta dal compiaciuto coniuge. Si prendeva la rivincita sugli stentati inizi, sugli insulti dei paesani alla sua famiglia “bastarda”, sui pettegolezzi che l’avevano bersagliata. Chi ne fu beneficato ancora la venera. Era giovanissima, ma autorevole;  ambiva a un riconoscimento internazionale, che arrivò solo in parte.

Se infatti le furono riservati molti onori  in Spagna, dal “Caudillo” Franco e dalla austera consorte, il Vaticano la ricevette con fredda formalità e l’Inghilterra la ignorò. In Francia, poco elegantemente, fu messa in risalto la sua origine "plebea". Passò per l'Italia, soggiornando sulla riviera ligure.

Un po’ delusa, ma indomita, tornò in Argentina per tuffarsi nuovamente in un turbine di attività, non trascurando di appoggiare la posizione di Juan Domingo. Ne fu l'instancabile manager, ne curò le pubbliche relazioni, probabilmente lo oscurò un poco. Secondo alcuni, lo tradì con il noto playboy ( e faccendiere internazionale) Porfirio Rubirosa.

Nel bel mezzo della sua marcia trionfale, la salute la abbandonò. Eva si ridusse repentinamente a una larva, per un tumore all’utero di cui aveva trascurato i sintomi. Pare che rifiutasse psicologicamente l'idea di potersi ammalare.

Grande fu lo sconcerto dinanzi al comportamento del marito. Forse era geloso del successo di lei, istigato da notabili della cricca presidenziale, avversi a questa donna così amata e ormai troppo potente.

Vero o no, sta di fatto che Peròn non andava a trovarla quasi mai, durante l’agonia, lamentando anche i cattivi odori provenienti dal suo corpo che si stava consumando.

La morte arrivò il 26 luglio1952. Evita aveva 33 anni.

Le scene di dolore ai suoi funerali furono riprese dalle telecamere di tutto il mondo e sono rimaste memorabili. Nella circostanza Juan Domingo ritrovò una dignità vedovile e recitò la parte del marito affranto.

Subito dopo, a opera di esperti provenienti dalla Spagna, iniziarono le procedure per l’ imbalsamazione della salma, che durarono un tempo infinito  e ridussero il corpo di Evita alle dimensioni di quello di una bambina. Poi, il cadavere sparì, (per evitare interminabili pellegrinaggi idolatri, si disse), con imbarazzanti e inspiegabili andirivieni da un posto all’altro. Fu ritrovato in un cimitero di Milano nel 1971 ( le modalità di questi andirivieni sono a dir poco incredibili, cfr "le due vite di Evita, Carlo Cappi, frontedelblog.it). La salma era intatta e Peròn, secondo testimonianze, si commosse, dichiarando che con lei aveva conosciuto una grande felicità.

Il corpo di Eva fu riportato in patria e sepolto nel 1976 nel cimitero della “Recoleta”, destinato in genere all’alta società: un ambiente che non l’aveva mai accettata in vita, ma dovette accoglierla da morta.

Gli americani le hanno dedicato un musical che miete successi da quarant’anni e punta sul fascino della donna, rappresentata come una sorta di Margherita Gauthier. Evita non sarà mai molto apprezzata nel mondo, per l’ambiguità del regime in cui svolse il suo lavoro e il carattere plebiscitario e fascista del suo approccio. Di lei donna non si è mai saputo nulla. Non rilasciò interviste in merito, né lasciò trapelare confidenze e d'altronde non ebbe tempo per farlo, dunque rimane fissa e iconica: quasi mistica, votata alla missione che si era data,  avvolta nel mistero, ora come allora.

L'Argentina è severa, maestosa e orgogliosa, ma invasa da problemi incredibili, che mai si sospetterebbero in una terra piena di risorse, naturali ed umane, come tanti paesi latino americani sconta una reputazione golpista e reazionaria. Ha avuto un presidente come Menem, un oriundo libanese convertito  cattolico, che scalò il potere mentre litigava con la moglie in pubblico, che non riuscì a domarla. Forse si continua a rimpiangere una donna forte e per questo a un certo punto venne eletta presidente la ex first lady Cristina Fernández de Kirchner che, però, appariva come una prestanome del coniuge che l'aveva preceduta e che continuava a manovrare dietro le quinte. Dunque, si aspetta ancora la nuova Evita.