Ieri ho commentato una notizia di Open rilanciata nel profilo di Enrico Mentana, dove si parlava di cosa farà Giorgia Meloni rispetto alla presunta nuova ondata della pandemia. Il virgolettato del titolo affermava: «Mai più Green pass e vaccini solo agli anziani». E più o meno ricalca il contenuto dell'articolo che potete leggere qui: https://www.open.online/2022/09/30/covid-19-nuovo-governo-meloni-cosa-fara/

Questa, dunque, la direzione politica che traccerebbe l'imminente nuovo governo per la gestione della pandemia.

Mi sono chiesto che senso avesse. Come può una valutazione politica influenzare l'azione deleteria di un virus senza affidarsi totalmente, e ribadisco: TOTALMENTE, alle valutazioni della comunità scientifica. E dunque nemmeno al singolo luminare o un manipolo di essi con alte referenze, ma al parere di un consenso ben più ampio e autorevole nel condividere una letteratura prevalente.

Se si ha anche contezza del fatto che il tema è assolutamente delicato e prioritario, perché si parla di salute, non si dovrebbe minimamente mettere in discussione la valutazione “tecnica” del problema, adombrando qualunque altra esigenza politica. Questa contezza esiste; ma esiste anche un altro problema di cui tener conto, determinato dal modello economico che tiene in piedi la nostra società. Ne parlai più astrattamente in un precedente articolo “Il Covid e la nostra meravigliosa società”.

Capisco allora la Meloni. Come compresi Conte, che per primo si trovò tra i piedi questo famigerato virus: se l'attività umana rallenta si preserva la salute ma si minaccia l'economia che ci sfama (altra salute?). Effetti già visti. E oggi abbiamo pure l'emergenza energetica. Una bella gatta da pelare, insomma.

Certo, da qui ad affermare anche «…e vaccini solo agli anziani», si esagera. Il vaccino non minaccia l'economia, e sarebbe dunque un'ipotesi meramente propagandista o - se lo diventasse - una decisione squisitamente ideologica. Salvo che, come detto prima, non lo dica la comunità scientifica. Non la politica della Meloni o la sua coalizione.

Ma torniamo su questa esigenza di contemperare la morte che talvolta provoca il virus con la recessione economica dovuta ad altre eventuali “limitazioni di libertà” (Green Pass, lock down, DaD, distanziamento), escludendo mascherine e vaccini che non influenzano l'economia.
E' una riflessione che vale per questa ormai famigerata pandemia come per qualunque altra emergenza sanitaria che minacci la salute delle persone.

Il mio commento alla notizia di cui parlavo all'inizio è stato del seguente tenore:

«Che ci sia Meloni o chiunque altro, il "cosa si deve fare" in tema di salute compete alla medicina, non alla politica.
Dal momento in cui decide la politica, si ha prova indiscutibile di vivere in una società cinica, dove la salute si contempera con altre esigenze minori, come quella di dover rimanere produttivi e svolgere, anche, mansioni inutili o sospendibili.
L'uomo deve porsi queste domande».

Le reazioni positive sono state tante e confortanti, e fa piacere notare questa consapevolezza. Ma qualche lettore contrariato mi faceva anche osservare che: «È sufficiente avere una minima istruzione di educazione civica per capire che i medici non decidono cosa fare, ma offrono solo una consulenza tecnica di loro competenza, a decidere deve essere sempre il politico poiché è sua responsabilità in quanto eletto».

Forse mancava la premessa che ho appena fatto. E forse, nell'avvertire l'usuale urgenza di dover commentare subito, non si sono affidati un po' meglio alla propria capacità di leggere attentamente e comprendere l'esatto obiettivo della critica, che non sarebbe quello di mettere in discussione il potere politico e legislativo. Senza considerare che la stessa contrarietà, per come esposta, è disordinata e si esporne alla critica inversa: si potrebbe infatti rispondere con la stessa leggerezza che quando si sta male si seguono i consigli del proprio medico, che non è il consulente del proprio sindaco dal quale si va a chiedere poi conferma!

Oltre a non aver intercettato l'obiettivo, il fraintendimento di fondo di queste persone è quello di aver scambiato le decisioni politiche sulla salute, e cioè quelle inerenti i livelli essenziali di assistenza pubblica, il finanziamento, la partecipazione alla spesa, la gestione, l'organizzazione strutturale e territoriale, etc., con le decisioni in materia di malattie e minacce epidemiologiche. In quest'ultimo caso la politica dovrebbe fare esclusivamente da “front-end” alle ESCLUSIVE competenze e valutazioni della comunità scientifica, perché non ha appunto competenze tecniche per stabilire diversamente come curare e proteggere i cittadini dal rischio epidemico. Quando ciò non avviene, ecco l'anomalia! Ecco la necessità di dover riflettere sul perché non avviene (l'obiettivo della critica).

Sarebbe elementare capirlo. Ma evidentemente non lo è; ed è per questo che ho deciso di approfondire un po' meglio la questione. 

Sulla competenza c'è poco altro da dire. Va solo sottolineato che la Comunità Scientifica (vedi qui esattamente cos'è: https://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_scientifica) non è il ministro della salute, né un tecnico di valore e premio Nobel, o il “comitato tecnico-scientifico” che organizza il governo di turno. Sono entità indubbiamente titolate e molto valide, ma se il loro parere dovesse divergere in maniera significativa da quello main stream (parliamo di scienza, non di giornalismo!), plasmato sulla più recente letteratura scientifica e quindi su più ampi, numerosi, precisi, studi e sperimentazioni, allora non è un parere valido. Perché così funziona la scienza, il metodo scientifico, il rasoio di Occam, e finora ci ha portato qui. Quindi su questo spero non ci possano essere contestazioni, se non puramente filosofiche (queste ultime sempre accettabili).

Ciò che diverge dal parere della Comunità Scientifica è la cosiddetta “scienza di confine” o “pseudoscienza”. Ad esempio i diversi specialisti e scienziati che durante la pandemia non hanno accettato il parere comune, criticandolo senza opporre adeguata letteratura scientifica (eg: studi e ricerche) ma con teorie astratte e spesso decontestualizzate, violando apertamente il principio del metodo scientifico e della cd. “peer review” (revisione paritaria). Il mantra è stato quello del principio di autorità alla marchese Del Grillo: «Io so io, e voi non siete un c…zo!».

Oggi la pseudoscienza è la politica che “ascolta” solo i pareri che confortano le proprie decisioni, e non allarga lo sguardo al parere più unanime della scienza main stream. Lo fa perché naturalmente ha quel problema: mantenere l'economia attiva sempre e comunque. La questione è dunque ridotta all'essenzialità dei numeri: se si preserva l'economia ne muoiono certamente 100 di Covid; se si da retta alla comunità scientifica, come sarebbe giusto fare, ne muoiono potenzialmente 200 di fame. Allora scommetto sul Covid e i 100 certi!

Come vedete il “potenziale” è addirittura più temuto del “certo”. Il modello economico moderno è talmente fragile e instabile che anche ipotizzarne un lieve turbamento fa temere gli scenari più catastrofici.

Ora che è chiaro l'obiettivo della critica, quale può essere il conforto?
La riflessione. La promessa che dovremmo farci vicendevolmente, spronando i rappresentanti che mandiamo al governo, che è quella di lavorare nella precisa direzione di affrancare la società da un modello economico assolutamente inadatto, barbaro, tirannico, che obbliga i cittadini a comportarsi come formiche, produttivi fino alla morte e nonostante qualunque avversità.

Una risposta potrebbe essere il reddito incondizionato,  RBU (Reddito di Base Universale). Ne ho già fatto cenno qualche volta, ma essendo un tema molto ampio sicuramente avrò alte occasioni di parlarne meglio.

Se invece si pensa che l'attuale modello sia l'unico possibile, nessuna riflessione avverrà mai. Non ci faremo mai alcuna promessa di affrontare il problema e sollecitare i politici a risolverlo.



base foto: Jackson David a Pixabay