L'Iran deve affrontare con decisione le proteste che hanno travolto il Paese a seguito della morte della 22enne curda Mahsa Amini mentre era sotto la custodia della polizia morale dopo averla arrestata per non aver indossato correttamente l'hijab, ha affermato sabato il presidente Ebrahim Raisi.

Proteste che finora hanno causato la morte di  35 persone, secondo la televisione di stato iraniana, e che hanno interessato la maggior parte delle 31 province del Paese. Solo nella sola provincia di Guilan, nell'ultima settimana la polizia ha arrestato 739 "rivoltosi", tra cui 60 donne.

Per questo il presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi ha dichiarato che le manifestazioni e i disordini dovranno essere affrontati "con durezza", visto che neppure le contromanifestazioni organizzate dallo Stato non sono riuscite nell'intento di bloccarle.

L'uccisione di Mahsa Aminiha ha risvegliato la rabbia che cova dove alle rivendicazioni per le restrizioni relative alle libertà personali, soprattutto per le donne, si aggiungono anche quelle economiche causate dalle sanzioni occidentali.

E le donne hanno avuto un ruolo di primo piano nelle proteste dei giorni scorsi, sventolando e bruciando i veli e persino tagliandosi i capelli per strada mentre i manifestanti chiedevano le dimissioni del leader supremo, l'ayatollah Ali Khamenei.

A Oshnavieh, una delle numerose città nel nord-ovest dell'Iran dove vive la maggior parte dei 10 milioni di curdi residenti nel paese, venerdì i manifestanti hanno avuto il sopravvento sulle forze di polizia e, in teoria, la città è nelle loro mani, liberata dal regime di Teheran.

I curdi, dopo aver sconfitto l'Isis, riusciranno ad innescare il processo di liberazione dell'Iran dal regime teocratico imposto da ayatollah e pasdaran?



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