In Uruguay si è delineata una situazione decisamente particolare. Se da un lato la produzione di carne e di latte sta andando molto bene, vi sono seri problemi di approvvigionamento idrico. Il governo di Montevideo ha infatti ripreso le esportazioni di carne verso il Messico, un’ottima notizia specialmente per il settore ovino, che era in flessione.

Juan Ignacio Buffa, vice ministro dell’Allevamento, dell’Agricoltura e della Pesca, ha commentato come ottima la notizia della riapertura del mercato messicano alla carne uruguayana, che era rimasto fermo da ben tre anni. Soltanto dopo la visita del Servizio nazionale di salute e sicurezza agroalimentare del Messico (SENASICA) in Uruguay, la procedura si è sbloccata.

Diversa ma ugualmente positiva è la situazione riguardante il latte. Da sempre l’Uruguay è uno dei maggiori produttori dell’intera America latina, arrivando addirittura a dei surplus nella produzione. Surplus che venivano smaltiti con la vendita sul mercato brasiliano, il quale tuttavia oggi può vantare una produzione interna sufficiente al suo fabbisogno. A tal riguardo Montevideo sta seriamente pensando di buttarsi sul mercato internazionale, magari con una riduzione dei prezzi. Poco allegra è invece la situazione dell’acqua.

Nella capitale uruguayana circa metà della popolazione è costretta a bere acqua con un’eccessiva salinità. Le autorità hanno considerato necessario innalzare il limite di salinità per far apparire l’acqua sicura ai cittadini. Pare che ciò sia dovuto ai tre anni di siccità consecutivi patiti, che ha costretto gli impianti idrici a pescare sul fondo, maggiormente salino, del fiume Santa Lucia.

Curioso però che colossi dell’industria agroalimentare, causa leggi troppo permissive, riescano ad accaparrarsi l’uso dell’acqua pubblica di fatto privatizzandola e usandola per irrigazione e allevamenti. I critici gridano lo slogan “No es sequía, es saqueo” (Non è siccità, è saccheggio), ma la gente intanto è costretta a comprare acqua in bottiglia.