Sul caso di Emanuela Orlandi, oltre ai molti gruppi Facebook in cerca della verità, si legge solo delle audizioni tenute in Commissione Bicamerale d'Inchiesta; c'è poi qualche sparuto giornalista che ogni tanto lancia una frecciatina al Vaticano per poi ripiegare sulla pista familiare: insomma, le solite cose.

Un gruppo Facebook in particolare, rigorosamente privato, mi ha ospitato per 2 settimane; poco è valso proporre le giuste idee per indirizzare nuovi ragionamenti: alla fine mi hanno buttato fuori!

Probabilmente la mia voce stonava con quella della "creatrice", ovvero colei che pensa di sapere tutto ma in realtà raccatta documenti dal web e poi costruisce nuove teorie, illuminazioni e ragionamenti disarmanti e senza senso. Devo esserle grata per aver capito il qualunquismo nel modo corretto: non c'è mai fine al peggio.

Se volete capire il caso Orlandi, prima di ogni cosa, lavorate sui punti fermi.
Sulle cose che si possono provare e non sulle congetture. 

Se vi capita di incontrare il gruppo Facebook chiamato "Emanuela Orlandi, semplicemente", evitatelo come la peste: perderete tempo senza risultati.