L'Arcivescovo di Taranto fa un bilancio dell'incontro dei Vescovi sull'Amazzonia.

«L’immagine che mi porto a casa da questo Sinodo? È quella di noi Vescovi e laici uniti attorno al Papa. Come al primo Concilio di Gerusalemme: gli apostoli con san Pietro che invocavano lo Spirito Santo per percorrere cammini nuovi». Così, monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, sintetizza le tre settimane passate al Sinodo dedicato all’Amazzonia, al quale è stato invitato in virtù dei suoi 27 anni da fidei donum in Brasile, dove è stato ausiliare di Rio de Janeiro e vescovo di Petrópolis.

Ma il Movimento Internazionale di sacerdoti sposati critica il vescovo Santoro per le sue posizioni tradizionaliste.

Così il Vescovo di Taranto: "In ogni caso, si tratta di un’eccezione a fronte di una grave necessità, non di una nuova norma. Non si è andati a toccare il celibato dei sacerdoti. Su questo la stampa non ha fatto un buon servizio. E il Papa è sembrato seccato dal fatto che si stesse dando troppa rilevanza ad aspetti di politica intra-ecclesiastica, che lui ritiene marginali rispetto al grande problema del grido che sale dall’Amazzonia. Il tema principale è: la distruzione di questa regione e, cosa ancora più grave, dei popoli che ci vivono.

Per i preti sposati italiani non è giusto attaccare la stampa.

I 181 sinodali presenti al voto del documento finale hanno accolto a schiacciante maggioranza le proposte e le analisi per una conversione pastorale, culturale ed ecologica; i voti contrari sono rimasti costantemente a una sola cifra. Più controversa è stata invece la quarta area, la conversione sinodale che riguardava anche uno dei «punti caldi» sopra ricordati.

La Chiesa ha bisogno di nuove esperienze sinodali, di un nuovo cammino fatto insieme, di una cultura del dialogo e dell’ascolto per rispondere alle sfide pastorali. In particolare, il documento sottolinea a questo riguardo la corresponsabilità dei laici. Per la Chiesa amazzonica è importante affidare i ministeri «allo stesso modo a uomini e donne». In assenza di un sacerdote, per esempio, un vescovo potrebbe affidare a tempo determinato, secondo un principio di rotazione, l’esercizio della pastorale della comunità a dei membri privi della consacrazione sacerdotale. Questa proposta ha avuto complessivamente 14 voti contrari. Solo 11 sinodali – contro 159 – hanno detto «no» alla proposta «di introdurre un ministero direttivo femminile della comunità».

Un rifiuto maggiore, vale a dire 41 voti negativi, hanno ottenuto le riflessioni riguardanti un’ordinazione sacerdotale di diaconi sposati. Il documento è molto esplicito a questo riguardo, ma si premura chiaramente di assicurarlo.

La nozione di “viri probati” – risuonata in aula quasi in un intervento su tre – è stata sorprendentemente evitata. E la proposta è cautamente limitata alle situazioni eccezionali di grave carenza di sacerdoti nelle regioni più remote dell’Amazzonia dove può passare un sacerdote solo una sola volta all’anno e anche più raramente.

E anche in queste situazioni di bisogno per tenere viva la vita delle comunità cristiane con la predicazione e la celebrazione dei sacramenti, «proponiamo di stabilire dei criteri e delle direttive da parte dell’autorità competente… per ordinare sacerdoti degli uomini della comunità idonei e riconosciuti». Riguarda uomini che operano già efficacemente come diaconi permanenti e che ricevono un’ulteriore adeguata formazione – e che sono in grado di mantenere la loro famiglia in maniera sicura e stabile.

Nel medesimo paragrafo 111 è detto: «Apprezziamo il celibato come un dono di Dio». Nel sinodo non si è trattato affatto di un’abolizione del celibato, è stato ripetutamente detto nei circoli minori. Tuttavia «alcuni sinodali si sarebbero pronunciati» per un’ordinazione sacerdotale eccezionale del genere «anche sul piano mondiale».

(Fonte: settimananews)