Sopoćko giunse a Vilnius l’8 dicembre 1924. Impegnandosi nella pastorale militare decise, insieme alla conferenza dei cappellani militari, che a parte il ministero sacramentale, almeno una volta ogni quindici giorni, in ogni reparto, si sarebbe tenuto un corso su temi religiosi e morali. La Regione Pastorale di Vilnius comprendeva dodici unità autonome con più di diecimila soldati complessivamente. A causa della mancanza di una chiesa di guarnigione, i soldati frequentavano le funzioni religiose nelle chiese parrocchiali. Era urgente ottenere una chiesa per i bisogni dell’esercito. Il sacerdote, perciò, chiese di convocare un’assemblea delle autorità militari, ecclesiastiche, statali e cittadine, durante la quale presentò le difficoltà della pastorale militare e sottomise all’assemblea il progetto di costruzione di una chiesa di guarnigione[1]. Fu deciso che a questo scopo sarebbe stata ricostruita l’ex chiesa di sant’Ignazio, mutata dalle autorità zariste in un casinò militare, e allora in rovina[2]. Il cappellano iniziò a predicare sulla passione di Cristo, chiedendo contemporaneamente un’offerta per la costruzione della chiesa. L’inizio dei lavori fu abbastanza promettente, ma l’ottimismo iniziale della costruzione della chiesa, in seguito, si cambiò in una fatica lunga e difficoltosa. Nello stesso tempo, insieme ai lavori di ricostruzione, Sopoćko organizzò, in uno dei locali annessi nella chiesa, una cappella dedicata a Cristo Re, nella quale celebrava le funzioni religiose per le famiglie degli ufficiali e a cui partecipavano anche i fedeli di tutta la città. In più, adattò alle funzioni religiose la cappella della Mater Dolorosa, situata nel cimitero militare. Dopo essersi inserito nella pastorale militare nella nuova realtà di Vilnius, s’impegnò a svolgere l’altro compito assegnatogli dal vescovo, organizzare cioè la pastorale giovanile per coloro che non frequentavano le scuole. Invitò alla collaborazione gli insegnanti. Con il loro aiuto, riuscì a formare alcune associazioni di gioventù polacca, secondo il modello delle associazioni di Poznań, che aveva conosciuto prima di andare a Vilnius. In breve fu registrata ufficialmente l’Unione delle Associazioni della Gioventù Polacca[3]. Tutto questo fu realizzato, appena sei mesi dopo l’arrivo di Sopoćko  o a Vilnius. Il suo impegno, pieno di dedizione, e il grande sforzo messo nei lavori intrapresi con energia, nell’esercito e con i giovani, ebbero seria ripercussione sulla sua salute[4].

A primavera del 1925 i medici gli ordinarono di partire per una cura a Zakopane che si protrasse per tre mesi. Le opere che aveva iniziato rimasero in uno stato di stagnazione. Una volta rientrato a Vilnius, il sacerdote si trovò di fronte a un compito difficile per sanare la situazione pregressa[5]. Continuava a raccogliere fondi, predicando nelle parrocchie, e con l’aiuto delle donne appartenenti al Circolo di Aiuto ai Soldati nonché della Conferenza di San Vincenzo de Paoli, organizzò collette e lotterie. Purtroppo, tutto questo portava un guadagno molto modesto, in confronto all’impegno profuso nella preparazione delle varie iniziative. Chiese, quindi, un appoggio al Ministero degli Affari Militari, cercò di acquistare materiali a buon prezzo e organizzò, con l’appoggio dei dirigenti dell’esercito, brigate di lavoro composte da soldati, abbassando in tal modo i costi della manodopera. Approfittò due volte anche dell’arrivo del maresciallo Piłsudski a Vilnius. Gli chiese personalmente di appoggiare la costruzione della chiesa e due volte ricevette alcune migliaia di złoty. Altre occupazioni di Sopoćko, dopo l’arrivo da Varsavia a Vilnius, furono la ricerca scientifica e il lavoro didattico. Continuava gli studi teologici per corrispondenza, preparando la tesi di dottorato in teologia morale intitolata “L’etica della famiglia nella legislazione polacca”. Passati due anni, nonostante i limiti di tempo causati da tutti i suoi doveri, il 1 marzo 1926 la presentò alla Facoltà di Teologia dell’Università di Varsavia.  La ricerca scientifica implicava la conoscenza delle lingue straniere, perciò approfondì la conoscenza della lingua tedesca e nello stesso tempo studiava privatamente l’inglese e il francese. Dopo il conseguimento del dottorato, intendeva preparare un’altra tesi, questa volta l’abilitazione per la libera docenza[6].

L’essere pronto ad un servizio plurimo per la Chiesa e le persone, fu espresso anche nell’impegno posto nell’attività didattica fra gli insegnanti. Il Provveditorato agli Studi del Distretto Scolastico di Vilnius, a partire dal 1926, per molti anni gli affidò l’incarico di tenere le lezioni per i docenti di psicologia, pedagogia e di metodologia, e soprattutto per gli insegnanti di religione. Partecipò quindi al settore, particolarmente indispensabile per quei tempi, dell’attività educativa. La sua opera scientifica e pubblicista, in fase nascente, riguardava proprio queste materie. Nel 1926 discusse la tesi di laurea presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Varsavia e poco dopo la pubblicò in un’altra edizione intitolata; “La Famiglia nella legislazione sui territori polacchi”. Distribuì le sue copie ai parlamentari responsabili della preparazione del codice di diritto civile, con la proposta che venisse preso in considerazione il frutto delle sue ricerche. Infatti, egli si era reso conto del fatto che la mancanza della regolamentazione del diritto familiare complicasse le cose allo Stato e alla vita delle famiglie polacche dalle quali, in primo luogo, dipendeva l’educazione delle giovani generazioni. Le preoccupazioni per il bene delle famiglie, in fondo, rappresentavano gli stessi obiettivi da raggiungere per il bene della stessa patria[7].

Nel 1926, il sacerdote fu testimone oculare della guarigione miracolosa di suo nipote, Piotr Grzybowski, gravemente malato. Alla notizia della malattia che secondo i medici, lo avrebbe presto portato alla morte, Sopoćko celebrò una Santa Messa per suo nipote, invocando l’intercessione di santa Teresina del Gesù Bambino a cui egli era molto devoto. Il Nostro era convinto che quella messa avrebbe salvato la vita di suo nipote Pietro, guarendolo dalla malattia. I medici, in seguito, confermarono la straordinarietà della guarigione del paziente. La notizia immediatamente si diffuse per tutta la regione e oltre. Anche i giornali scrissero diversi articoli su quell’evento straordinario[8].

Nel 1927 e 1928 il sacerdote, pur continuando la funzione di direttore della pastorale nel Distretto Militare di Vilnius, ricevette altre mansioni di responsabilità: divenne padre spirituale nel seminario diocesano e direttore della cattedra di teologia pastorale all’Università di Stefan Bathory[9]. Questi nuovi compiti lo costrinsero a rinunciare alla pastorale nell’esercito. Tuttavia, il vescovo militare ci teneva al suo cappellano così impegnato, che svolgeva perfettamente il suo ministero. Per questo motivo tardava con decisione a dimetterlo. In più era ancora in corso la ristrutturazione della chiesa di sant’Ignazio, un compito gestito principalmente da Sopoćko[10]. 

Il sacerdote fu quindi costretto, per alcuni anni ancora, a conciliare tante funzioni importanti che svolgeva contemporaneamente[11].

sac. don Gregorio - ks. dr Grzegorz Stanislaw Łydek


 
[1] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 132-133.
[2] Ibidem, p. 135.
[3] Ibidem, p. 143.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem, p. 144.
[6] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), p. 146.
[7] H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, pp. 38-39: cf. M.  SOPOĆKO, Rodzina  w prawodawstwie na Ziemiach Polskich [La famiglia nella legge polacca], in “Wiadomości Archidiecezjalne Wileńskie” 1(1926), pp. 44-48.
[8] Dz., q. I, pp. 55-56.
[9] «L’università di Vilnius fu fondata dal re della Polonia Stefan Batory nel 1579. L’università presto divenne uno dei maggiori centri scientifici e culturali della regione baltica, il più importante nel Granducato di Lituania»: Encyklopedia popularna, Aa.Vv., vol. XI, p. 432.
[10] H. Ciereszko, Ksiądz Michał Sopoćko profesor, p. 24.
[11] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), p. 148.