L'inizio dei colloqui per tentare di porre fine alla guerra in Siria, inizialmente previsto a Ginevra per la giornata di ieri, lunedì, è slittato a venerdì prossimo.
Lo ha comunicato l'inviato dell'Onu, Staffan de Mistura, che ha attribuito il rinvio a contrasti sulla composizione delle delegazioni che prenderanno parte agli incontri. Gli inviti saranno spediti oggi, ma non sono stati comunicati i nomi dei destinatari.
Gli Stati Uniti ed i loro alleati dell'area mediorientale (Arabia Saudita, Qatar e Turchia) pretendono che la delegazione siriana sia limitata solo al cosiddetto Alto Comitato per i Negoziati (Hnc, High Negotiations Committee), composto, in prevalenza, da milizie islamiste e formatosi sotto l'egida del regno saudita.
La Russia rifiuta la presenza dei Salafisti, legati ad al-Qaida e ritenuti dei moderati da parte degli americani, e sostiene la partecipazione dei Curdi, che stanno dando un importante contributo nella lotta allo Stato Islamico. Nel caso di questa eventualità, la Turchia si è già detta pronta a boicottare i colloqui.
Trovare un accordo sarà complicato, considerando le divergenze di interessi fra Stati Uniti e Russia.
Il Cremlino ha nel presidente siriano, Bashir al-Assad, il suo principale alleato in medioriente. Lo sta aiutando con bombardamenti aerei, che hanno già prodotto i primi effetti, consentendo all'esercito siriano di riguadagnare posizioni sulle forze islamiste di opposizione, cui il governo Obama fornisce armi e finanziamenti nella speranza di rovesciare il governo di Assad.
La posizione della Turchia è alquanto ambigua. In una recente visita ad Ankara, il vice presidente Usa, Biden, ha dichiarato che i due paesi sono accomunati nella lotta allo Stato Islamico. In realtà, Erdogan è impegnato soprattutto nella battaglia contro i Curdi, gli stessi che hanno riportato i maggiori successi contro l'Isis e che gli Usa hanno utilizzato come appoggio a terra per i loro interventi aerei.
Qualora i colloqui di Ginevra non portassero a nulla, Biden non ha escluso il ricorso a soluzioni militari. A Davos, durante l'Economic Forum, il ministro della Difesa americano, Carter, ha ipotizzato anche l'impiego di forze terrestri, nonostante che in passato Obama si sia detto contrario.
Sembra di assistere ad un crescendo verso un più diretto intervento militare americano nello scacchiere mediorientale. Appena venerdì scorso, il capo di stato maggiore, generale Dunford, aveva affermato di essere stato autorizzato dal presidente ad usare la forza anche in Libia, qualora la crescente espansione dell'Isis nel paese lo rendesse necessario.