Non è chiaro se Giorgia Meloni sia realmente convinta che l'Italia sia un Paese paragonabile a quello di Cuccagna. Di certo è che, tramite la sua propaganda e quella dei media che appoggiano il suo governo (la quasi totalità) lo vuol far credere.
Il guaio, più che per lei per gli italiani, è che la realtà è ben altra.
Ieri, la Federazione autonoma bancari italiani ha ricordato il grave disagio di molte famiglie italiane, quasi un milione, i cui crediti deteriorati, a marzo scorso, sono arrivati a quota 14,9 miliardi: si tratta di 6,8 miliardi di mutui non pagati, di 3,7 miliardi di credito al consumo non rimborsato e di 4,3 miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali. Di tali importi, 5,7 miliardi sono sofferenze, cioè credito che la clientela non rimborserà più, altri 7,1 sono inadempienze probabili, vale a dire denaro che realisticamente le banche non recupereranno, mentre solo circa 2 miliardi sono le posizioni debitorie meno a rischio.
A questo, possiamo poi aggiungere le problematiche sottolineate dall'Istat nel Rapporto annuale 2023, tra cui quella in cui l'istituto ci informa che il numero dei giovani che non studiano e non lavorano è in costante aumento.
E chi lavora, invece, guadagna circa 3.700 euro l'anno in meno della media dei lavoratori europei. E se questo dovesse esser poco, possiamo aggiungervi che nei primi 5 mesi del 2023 il divario fra la crescita dell'inflazione e quella dei salari è stato di circa il 7%.
Questo è il Paese di Cuccagna che descrive la propaganda (post) fascista di Giorgia Meloni.
E tanta è l'arroganza nel volerlo far credere che la premier ha quasi smantellato il Reddito di Cittadinanza, si oppone strenuamente al salario minimo, vara un disegno di legge sul precariato per aumentarlo anche con un ritorno quasi incondizionato all'utilizzo dei voucher, affossa il superbonus e gli investimenti che avevano fatto schizzare il Pil a livelli mai visti in Italia da decenni e fa finire nel pantano il percorso degli obiettivi del Pnrr e, con esso, i finanziamenti dell'Europa, con oltre 30 miliardi che ancora non sono arrivati e che, ormai, non si sa quando potranno arrivare. Di questi fanno parte anche i 4,6 miliardi relativi all'avvio delle procedure per sbloccare le opere per 260mila posti in più negli asili nido. Poi si potrebbe aggiungere l'assenza di politiche e investimenti per la transizione ecologica... ma sarebbe come sparare sulla croce rossa.
Per contrastare, a livello di propaganda, le pagliacciate di Giorgia Meloni, l'altra gamba del (post) fascismo, quella leghista, si è inventata il ponte sullo Stretto - che Salvini dall'alto della sua infinita preparazione era riuscito a spostare addirittura sul Canale di Sicilia - e l'autonomia differenziata. Per il primo non c'è neppure un euro per finanziarlo, mentre la seconda è una sorta di "furbata" con cui la Lega vuole realizzare il secessionismo tanto caro a Bossi.
Se poi guardiamo alla qualità dei figuri che la Meloni ha scelto per occupare i vari ministeri, selezionati accuratamente perché capacità intellettuali e spirito d'iniziativa non potessero crearle problemi di visibilità, come dimostrano le gaffe a ripetizione di cui gli attuali ministri sono stati autori, è facile capire il progressivo procedere dell'Italia verso un inevitabile baratro.