I libri di storia riferiscono che agli albori degli anni '20 il nostro Paese fu attraversato da squadracce di camicie nere che, al canto di "All’armi siam fascisti… terror dei sovversivi…" e con copiose doti di olio di ricino e manganellate, diedero la caccia agli avversari, per marciare infine su Roma il 30 ottobre 1922 ed intimare al pusillanime Re Vittorio Emanuele III di affidare a Benito Mussolini l'incarico di formare il governo.

Seguirono 20 anni di amari e dolorosi avvenimenti, di guerre e di morti, di distruzioni e di devastazioni, che resero l’Italia sconfitta ed in ginocchio.

Furono necessarie una guerra civile e l’invasione delle truppe anglo-americane per porre fine al ventennio fascista.

Un ventennio i cui danni, purtroppo, sembrano oggi ignorati da troppi nipoti di coloro che, forse anche in buona fede, in quegli anni avevano inneggiato ad ogni parola ed apparizione del Duce come pecoroni invasati.

Evidentemente non sono bastati questi 70 anni di democrazia, pur se imperfetta e malaticcia, a seppellire per sempre il fascismo se, oggi, ci ritroviamo in presenza di rigurgiti che fanno intravedere nuove striscianti forme e modi di totalitarismo.

Ora, il caso vuole che fu a Milano in Piazza San Sepolcro che nel 1919 il fascismo emise i suoi primi vagiti, e che sempre a Milano si sia svolto, oggi, l’incontro tra Matteo Salvini e Viktor Obán, paladini del nuovo nazionalismo sovranista.

Corsi e ricorsi storici ?

Mi si dirà: però oggi le camicie non sono più nere ma predomina il colore verde.

Vero, ma siccome non è l’abito che fa il monaco non mi preoccuperei tanto del colore delle camicie quanto piuttosto del vuoto assoluto che trabocca dalle teste di coloro che le indossano!

Come se non bastasse da mesi ormai il governo del Paese è in uno stato tale di confusione ed incertezza da far temere che possano aprirsi varchi per possibili colpi di testa favoriti dal reiterato trasgredire dei principi costituzionali, dalla frequenza con cui le Istituzioni sono motteggiate ed osteggiate, oltre che dalla palese inosservanza delle leggi nazionali ed internazionali.

Non so spiegarmi, ad esempio, perché il premier Giuseppe Conte, con il suo assordante silenzio, dimostri una inspiegabile tolleranza nei confronti dei comportamenti a dir poco  anarchici dei suoi ministri.

Mi domando: esistono ma soprattutto sono chiare a tutti i membri dell’esecutivo le linee guida del governo in materia, per esempio, di politica estera, rapporti con la UE, rispetto degli impegni internazionali, contenimento del debito pubblico, etc.? 

È mai possibile che il premier debba attendere la tiratina di orecchie da parte del Capo dello Stato prima di intervenire a risolvere una grana del governo come è avvenuto, qualche settimana fa, nel primo caso del pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera italiana ?

È ammissibile che il ministro dell'Interno, che con la politica estera c'entra come i cavoli a merenda, abbia lui un incontro istituzionale (o che per la pubblica opinione finisca per essere recepito come tale), in assenza sia del ministro degli Esteri che del premier, con il capo del governo ungherese per dettare quali dovrebbero essere le future politiche dell’Italia nella UE?

Ho la sensazione, ormai da mesi, che il nostro Paese sia nelle mani del "governo dell’anarchia" più che in quelle del tanto magnificato "governo del cambiamento".

Purtroppo la storia insegna che dove e quando l'anarchia l'ha fatta da padrona le conseguenze siano sempre state catastrofiche.

Per questo vorrei sperare di non ritrovarmi, un giorno, svegliato dal canto delle camicie verdi "All’armi siam leghisti… eredi dei fascisti…".